BRUCE GROBBELAAR…YOU’LL NEVER WALK ALONE

“Va ragazzo, vai in porta e divertirti come piace a te”, con queste parole di Joe Fagan grande allenatore del Liverpool che successe a Bob Paisley, ebbe inizio uno dei momenti più iconici di tutte le finali di Coppa dei Campioni, facendo salire alla ribalta uno dei calciatori più controversi, ma allo stesso tempo affascinanti, del calcio inglese ed europeo di sempre…Bruce Grobbelaar.

Portiere per tredici anni di una delle squadre piu’ forti del mondo, il Liverpool.

In quella serata nel lontano maggio 1984, nel pieno della meravigliosa primavera come solo nella capitale romana sa esserlo, Liverpool e Roma si giocano la coppa dei campioni. I tempi regolamentari e supplementari sono finiti 1-1 al termine di una partita equilibrata, l’epilogo lo conosciamo tutti, i giocatori della Roma atterriti dal peso di uno stadio e di una intera città che li aspetta al Circo Massimo con Antonello Venditti per cantare “Grazie Roma” a squarciagola, sbagliano con Conti e Graziani i rigori e vedono l’urlo di gioia ricacciato in gola, l’artefice di tutto questo aveva un nome e cognome: Bruce Grobbelaar, colui che ipnotizzò i due campioni del mondo con la sua famosa “spaghetti dance”. Nella sua  biografia, che vi consiglio di leggere, “Life in the Jungle” racconterà così quel momento: “Mi sentivo le gambe come due spaghetti flosci, anche la rete sembrava uno spaghetto e così la mangiai. I fotografi erano impazziti, io strizzavo l’occhio e scuotevo la testa. Così Bruno Conti sbagliò”. 

La storia di Grobbelaar è come un film. Nato a Durban in Sud Africa nel 1957, dopo un infanzia felice tra cricket e football, la sua vita prese una svolta significativa quando venne chiamato alle armi per un periodo che doveva essere inizialmente di 11 mesi ma che poi diventerà di ben due anni.

Bruce è un “Afrikaner” ovvero figlio di genitori di pelle bianca ed il suo sogno è giocare a calcio. Lo fa militando prima in una squadra in cui è l’unico bianco, lo Jomo Cosmos di Johannesburg e, dopo, in Rhodesia, dove si era trasferito con la famiglia. Non sa pero’ che il suo destino sarà tinto di tragedia.

A 18 anni e’ costretto, dalle pressioni della madre, rimasta sola dopo la separazione dal marito, ad arruolarsi nell’esercito dove viene immediatamente inviato a sedare il Bush War, una rivolta contro il governo bianco nella colonia britannica della Rhodesia, il paese che sarebbe poi diventato lo Zimbabwe.

La dichiarazione unilaterale di indipendenza dalla Gran Bretagna portò il paese ad un conflitto e ad un regime di apartheid nei confronti della popolazione di pelle nera, Grobbelaar con il suo battaglione fu piazzato in prima linea a controllare il confine con il Mozambico. I sogni del giovane Bruce rischiarono di svanire nel nulla, alla fine del 1975, quando la situazione degenerò con lo scoppio della guerra civile in Rhodesia.

Bruce racconterà in maniera cruda di avere visto l’inferno ed aver ucciso più di una volta: “A diciotto anni ho dovuto uccidere il mio primo nemico. Quando ero in guerra dicevo ai miei compagni che tutto sarebbe finito ed un giorno avrei giocato in Europa e loro mi rispondevano: “Sì, sogna pure, magari stasera una granata ti staccherà la testa”. Come puoi dimenticare di aver visto buona parte dei tuoi migliori amici morire o rimanere mutilati? Come puoi perdonare te stesso per aver ucciso un altro essere umano? Ho ancora incubi notturni per questo fatto”. Ma Bruce non si rassegno’ mai. Dopo la guerra nel 1979 trasferitosi in Canada si unì alla squadra dei Vancouver Whitecaps, corononando quel dolce pensiero per il calcio che lo tenne in vita durante il suo tragico e obbligatorio servizio militare. Dopo pochi mesi fu prestato al Crewe Alexandra dove venne notato dal Liverpool che lo fece firmare come riserva del grandissimo Ray Clemence, era il 1980.

Clemence mal sopportava il carattere guascone di Bruce che sfrontato gli disse in faccia “Amico prenderò io il tuo posto”. Quando Ray chiese il trasferimento al Tottenham Hotspur, Grobbelaar diventò il portiere titolare dei Reds. Conosciuto e amato per il suo stile eccentrico, stravagante, per il suo comportamento imprevedibile, i punti di forza di Grobbelaar furono la sua agilità acrobatica e la sua imperturbabile sicurezza. La sua forza mentale temprata dalla guerra nella giungla lo resero impermeabile a tutto, agli insulti e persino agli sputi dei tifosi avversari.

Raccontarlo non e’ semplice bisogna entrare nel cuore di questo uomo per capirlo completamente e non fermarsi alla sua esuberante sfacciataggine o al sentito dire.

Ho cercato di capire bene l’uomo ed ho parlato con diversi calciatori inglesi che lo hanno conosciuto. Me lo hanno descritto come un uomo amabile e buono, di grande compagnia, un uomo che ti guarda in faccia, dritto negli occhi. Mi hanno raccontato come Bruce non si arrese mai all’aumento della violenza sugli spalti, soprattutto dopo gli eventi di Bruxelles, all’Heysel, nel 1985 che lo portarono quasi a voler smettere di giocare. Ma la cosa non era da lui, perchè avrebbe voluto dire arrendersi alla violenza insensata degli hooligans.

ALCUNI COMMENTI DEI COLLEGHI SU GROBBELAAR, RACCOLTI DALL’AUTORE

Ad Hillsborough nel 1989 fu il primo giocatore ad essere consapevole della carneficina di Leppings Lane (la tribuna delle stadio di Sheffield) dove morirono 96 tifosi Reds, fu il primo a correre saltando le staccionate per offrire assistenza ai corpi privi di vita di quella povera gente, i suoi tifosi.

Tutto in Bruce è fuori dall’ordinario ed è una delle figure più istrioniche ed incredibili del calcio inglese. Certo ha avuto i suoi momenti, le prove difficili della vita e le tribolazioni, come il lungo caso giudiziario su presunte combine dove fu in seguito dichiarato non colpevole. Molti dei suoi amici nel football gli sono rimasti sempre vicino perchè la cifra dell’uomo meritava questo. Durante i momenti duri, gli attacchi alla sua famiglia, alla sua credibilità, alla sua devozione al gioco che tanto amava, lo resero, se possibile, ancora più forte. Bruce sa benissimo di essere stato solo un buon portiere e’ troppo intelligente per negarlo, ma a chi dovesse dirgli che era solo un clown, lui risponderebbe, ne sono certo, così, con il suo sorriso sotto i baffi da simpatica canaglia, porgendo loro un biglietto da visita con su scritto: 6 Campionati inglesi, 3 FA Cup, 4 Coppe di Lega 1 Coppa dei Campioni-primo africano a vincerla.

Well Done Bruce YNWA

BIO: Stefano Salerno nato a Livorno classe 1963, vivo a Firenze dal 1997  lavoro nel campo delle Telecomunicazioni, sono milanista dalla nascita appassionato di calcio inglese dai primissimi anni 70  e sostenitore della squadra dei 3 Leoni .   

2 risposte

  1. Complimenti, bell’articolo, Bruce Grobbelaar non l’ho dimentico mai, gran atleta, gran portiere, personaggio iconico incredibile!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *