Il nuovo formato della Champions League, contemplate ormai sei delle otto gare caratterizzanti la prima fase (che determinerà la promozione diretta agli ottavi di finale delle migliori otto compagini e l’intermedio turno di playoff fra le società che si classificheranno fra il nono ed il ventiquattresimo posto), può, sviluppata la sua narrazione e dunque nel pieno della sua novità diegetica, essere oggetto di attenta e dettagliata valutazione.
Ideata per contrastare concretamente le velleità della Superlega e degustare nuovi sussulti, preliminarmente potenzialmente impronosticabili, la nuova formula dell’ei fu Coppa dei Campioni ha sin qui regalato sensazioni ed emozioni contrapposte: la graduatoria unica all’interno della quale far confluire, senza distinzioni di sorta, i risultati delle diciotto gare costituenti ogni singolo turno rappresenta, verosimilmente, l’innovazione più intrigante, foriera, di volta in volta, di mutamenti, continuamente cangiante nei suoi equilibri e nelle sue sentenze, severa rappresentazione grafica e concettuale di attestati di forza o debolezza.
A differenza della formula innescata oltre trent’anni fa (allorquando, correva la stagione 1991-92, fu decretata la prima novità strutturale dalla costituzione, nel 1955, della principale manifestazione continentale), con le otto formazioni che avrebbero dovuto dar vita alla classica eliminazione diretta dei quarti di finale differentemente suddivise in due gruppi le cui vincenti avrebbero disputato l’atto conclusivo (in quel frangente, momentaneamente, solo una specifica fase all’interno della competizione con le otto stelle dell’allora neonato coniato logo che indicavano, per l’appunto, le parimenti squadre caratterizzanti i due gruppi conclusivi e che, scardinata la tradizione, determinerà la nascita dalla stagione successiva della Champions League nella sua formulazione storicamente intesa), l’attuale congegno messo in atto dall’UEFA, accantonando la suddivisione in raggruppamenti iniziali, ha determinato, va da sè, diseguaglianze tangibili e che non possono non essere considerate al fin di decretare la presunta natura democratica del nuovo torneo.
Se fino allo scorso anno le imprecazioni riconducibili a sorteggi sfortunati erano infatti da circoscrivere alle potenziali difficoltà di ogni singolo raggruppamento ( che però garantiva che tutte le componenti si affrontassero in gare di andata e ritorno al fin di stilare la classifica finale), l’attuale pianificazione, partendo da una suddivisione in quattro stratificazioni e determinando che ciascuna squadra sia doverosamente costretta ad affrontare due avversarie per ogni fascia, ha sì consentito che anche le teste di serie debbano fra di loro incontrarsi, garantendo da subito diverse gare di altissimo livello, ma ha altresì innescato un meccanismo di cui si è tenuto evidentemente poco conto.
All’interno di una classifica unica non può non essere tenuto in considerazione il cammino individuale: un sorteggio complicato rispetto ad uno più favorevole complica di parecchio le velleità di qualificazione. In una graduatoria che raccoglie complessivamente quanto seminato nel percorso dalle trentasei partecipanti, l’attenzione non può non focalizzarsi sui singoli calendari: la manifestazione annovera almeno una decina di compagini largamente al di sotto della media , affrontando le quali i tre punti sono sinora parsi pressochè garantiti.
Il dislivello sorge nel momento in cui diversi di questi club, inseriti nella medesima fascia di società più importanti e strutturalmente forti solo per acquisiti meriti di ranking in competizioni inferiori e per una presenza conseguentemente più assidua nell’ambito delle manifestazioni continentali ( e dunque, per cotal motivo, addirittura superiori a squadre, come l’Aston Villa, che hanno più limitate possibilità di raggranellare punteggio poichè appartenenti a campionati nazionali nei quali è più difficile anche solo qualificarsi ogni anno alle competizioni internazionali), divengono, con un pizzico di buona sorte in sede di sorteggio, avversari di taluni e non di altri.
Mi spiego meglio: considerando la formula ( e ciò che sto per delineare e definire è stato ampiamente confermato dalle sottigliezze di una graduatoria che allo stato attuale arriva a contemplare una quindicina di formazioni in soli tre punti) è infinitamente più conveniente, soffermandoci su di un esempio caratterizzante il nostro movimento, un percorso come quello toccato al Milan rispetto a quello affrontato e da affrontare per la Juventus.
Il motivo è lapalissiano, immediato, incontrovertibile: con distanze così esigue fra le diverse partecipanti, avere garantiti (è vero, nel calcio nulla è garantito, tutto è da conquistare sul campo e nessun incontro è da considerarsi vinto prima di essere disputato, ma l’indicazione che segue è tutt’altro che statisticamente velleitaria) una dozzina-quindicina di punti potenzialmente derivanti da gare abbordabili è sostanzialmente decisivo; anche in serate non di grazia, come quelle della compagine di Fonseca contro Brugge, Slovan Bratislava e Stella Rossa, il livello delle dirimpettaie ha consentito di portare a casa il bottino pieno, annullando così le sconfitte patite contro Liverpool e Bayer Leverkusen.
Girona e Dinamo Zagabria dovrebbero largamente permettere al Milan, in virtù dell’exploit in quel di Madrid, di qualificarsi direttamente per gli ottavi senza passare dall’imprevedibile turno intermedio che, oltre all’incertezza derivante dal valore dell’avversario da affrontare, costituisce un fastidio ulteriore in un calendario già saturo di infiniti impegni.
Dal canto suo la Juventus, a parte il Brugge prossimo avversario ( che comunque ha raccolto la bellezza di dieci punti nelle prime sei gare), ha nel suo cammino meno big da affrontare rispetto ai rossoneri ( il solo Manchester City a fronte di Leverkusen, Liverpool e Real Madrid) ma nessuna delle squadre “materasso” della competizione ( oltre a quelle già citate precedentemente, quali avversarie di Leao e compagni, Young Boys, Sturm Graz, Sparta Praga, Salisburgo e altresì lo Shakhtar Donetsk, ridimensionato dai motivi bellici e costretto a disputare le gare casalinghe in terra di Germania).
I bianconeri non hanno così potuto far preliminarmente affidamento su un gruzzoletto potenzialmente facilmente raggiungibile e hanno affrontato formazioni sì inferiori quanto a valore assoluto ma contro cui la vittoria è tutto fuorchè garantita. Or dunque, meno big e più squadre di livello medio-alto: Psv, Lipsia, Lille, Aston Villa, Stoccarda e Benfica, oltre al City, non consentono di sottendere la conquista di base di un certo numero di punti, decisivi per candidarsi al passaggio diretto del turno.
Le defezioni che hanno falcidiato la rosa di Thiago Motta sono risultate determinanti nei mancati successi contro Stoccarda, Lille ed Aston Villa: probabilmente, se nelle stesse precarie condizioni fossero state affrontate un paio delle sopracitate società, la Juve avrebbe potuto verosimilmente annoverare comunque un paio di vittorie che avrebbero consentito alla Vecchia Signora di navigare sui quindici punti in attesa di affrontare le ultime due giornate e dunque ottenere facilmente uno degli otto posti privilegiati.
Diverse delle squadre che precedono in classifica Vlahovic e compagni hanno raccolto la metà dei punti conquistati contro avversarie di livello basso ( la stessa Inter, che vanta un punto in più del Milan e due della Juve, ha, nei suoi 13 punti, i sei raccolti contro Young Boys e Stella Rossa), un fattore discriminante troppo influente per poter decretare che una graduatoria unica composta da ben trentasei rappresentanti possa sancire giustizia sportiva nella sua declinazione.
L’incertezza, però, derivante dai fattori appena elencati, rende avvincente la competizione consentendo a talune sfavorite di rendersi protagoniste di percorsi inaspettati e ad alcune fra le favoritissime della vigilia di doversi barcamenare nei bassifondi rischiando addirittura di poter essere eliminate, come nel caso di Real Madrid, Manchester City e Paris-Saint Germain.
BIO ANDREA FIORE
Teoreta, assertore della speculazione del pensiero quale sublimazione qualitativa e approdo eminentemente più aulico della rivelazione dell’essenza di sé e dello scibile, oltre qualsivoglia conoscenza, competenza ed erudizione quali esclusive basi preliminari della più pura attuazione di riflessione ed indagine. Calciofilo, per trasposizione critico analitico di ogni sfaccettatura dell’universo calcistico, dall’ambito tecnico-tattico all’apparato storico, dalla valutazione individuale e collettiva ai sapori geografici e culturali di una passione unica. La bellezza suprema del calcio è anche il suo aspetto più controverso: è per antonomasia di tutti e tutti pensano di poterne disquisire.