“Possiamo vivere nel mondo una vita meravigliosa se sappiamo lavorare e amare, lavorare per coloro che amiamo e amare ciò per cui lavoriamo”.
Amore e lavoro, una connessione ideale secondo Lev Tolstoj, due punti che si incontrano e tracciano una linea, chiara e inequivocabile, rotta di partenza e via da percorrere.
Quella rotta Raffaele Palladino l’ha intrapresa il 18 settembre 2022, al suo esordio in Serie A sulla panchina del Monza, da un’intuizione illuminante di Galliani, resa concreta da Silvio Berlusconi: vittoria per 1-0, la prima in massima serie dei brianzoli, contro la Juventus, club che da giovanissimo lo ha lanciato nel calcio dei grandi.
Una rotta che in due anni è diventata una dolce navigazione tra le acque agitate del campionato, con due salvezze raggiunte in largo anticipo, senza mai ventilare la burrasca della zona rossa.
Rotta che a giugno 2024 cambia e sposta l’indicatore da Monza a Firenze, una nuova destinazione ma con le stesse ambizioni, stimoli diversi e determinazione per scrivere un altro capitolo della storia, la sua storia e quella della Fiorentina.
Idee, coraggio, fame, convinzioni: Palladino allestisce la tavola e inserisce le portate che compongono il suo credo calcistico, filosofia gasperiniana e modus operandi col gruppo alla Deschamps. In breve tempo, i piatti diventano sempre più gustosi e abbondanti, l’alta classifica non è più un miraggio ma una pietanza per palati fini, il gioco una prerogativa per raggiungere i risultati.
Allenare la testa per allenare le gambe: il diktat di Johan Cruijff aleggia nel Viola Park e a promuovere il messaggio è il suo allenatore, professore-amico-maestro che dà il cuore e chiede ai giocatori di giocare con il cuore, sempre e comunque. Passione e anima, spirito combattivo e resistente, coraggio e voglia di determinare, con quella garra rioplatense che a Napoli si chiama cazzimma (ingrediente segreto svelato da Pino Daniele nel suo brano A me me piace ‘o Blues), spregiudicatezza e piglio risolutivo che condisce le prestazioni.
Questione di feeling, di equilibrio e capacità di trasmettere i principi, convincendo i giocatori a sposare un pensiero e condividerlo.
Finito il rodaggio, inizia la corsa: la Fiorentina viaggia a ritmo spedito, rastrella punti contro grandi e piccole, con mentalità, umiltà e carattere, giocando senza paura ma con personalità e sguardo identitario. L’8 dicembre 2024 i Gigliati battono il Cagliari 1-0 ed eguagliano un primato che resisteva da 64 anni: 8 vittorie consecutive e una striscia da record, ottenuta una sola volta in passato nella stagione 1959/60 con Luis Carniglia in panchina.
Dal trionfo 2-1 sul Milan, l’armata Viola di Palladino diventa incontenibile, grazie a un rendimento di prim’ordine e a un’efficacia inarrestabile.
Calcio mercuriale e applicato, di verticalità e occupazione chirurgica degli spazi (perché gli spazi si costruiscono muovendo pallone e pedine nel modo corretto), modulo flessibile che non guarda ai numeri ma vive sui principi, scalate e sovrapposizioni a preservare bilanciamento e struttura, un blocco monolitico che si sposta all’unisono, con automatismi e ragioni, abilità nel riconoscere le situazioni e gestirle, letture e transizioni rapide a rinsaldare il gioco. Unità e solidità certificano la validità di una proposta elevata, moderna e meticolosa, in cui tutti gli effettivi sanno esattamente cosa fare e come farlo, insieme, con intelligenza e senso pratico, con lo stile ad addensare il contenuto, la forma ad abbracciare la sostanza, la cosmesi ad abbellire la materia, l’estetica a incalzare la bellezza e i risultati ad accendere l’entusiasmo.
Raffaele Palladino da Mugnano di Napoli, con l’amore e il lavoro, ha scritto il codice sorgente del suo calcio e lo ha consegnato ai giocatori, prima in Brianza e poi in Toscana, come Andrea Palladio in architettura, pronto per essere riprodotto in campo con passione e sentimento.
L’indirizzo è quello giusto, la corrente evoca l’ismo e il matrimonio semantico, l’aggettivo racchiude una dottrina (come disse in passato Federico Fellini): il “palladinismo” è una masterclass preziosa e formativa, un abito sartoriale cucito su misura e al dettaglio, formula vincente e convincente, una strada da imboccare per raggiungere il successo.
BIO: Andrea Rurali
Brianzolo Doc, classe 1988. Nato lo stesso giorno di Bobby Charlton, cresciuto con il mito di Johan Cruijff e le magie di Alessandro Del Piero. Da sempre appassionato di cinema, tv, calcio, sport e viaggi.
- Lavoro a Mediaset dal 2008 e attualmente mi occupo del palinsesto editoriale di Cine34.
- Sono autore del programma di approfondimento cinematografico “Vi racconto” con Enrico Vanzina e co-regista dei documentari “Noi siamo Cinema”; “Vanzina: una famiglia per il cinema”; “Noi che…le vacanze di Natale” e “Cult in campo: L’allenatore nel pallone…40 anni dopo”.
- Dal 2014 dirigo la rivista web CineAvatar.it (http://cineavatar.it/)
- Nell’autunno 2022 ho fondato la community Pagine Mondiali e nell’estate 2023 la piattaforma sportiva Monza Cuore Biancorosso.
- Da agosto 2023 collaboro con la testata giornalistica Monza-News, scrivendo le analisi delle partite dei biancorossi e partecipando alla trasmissione Binario Sport.
- Dal 2019 collaboro con la casa editrice Bietti, in particolare per la realizzazione di saggi sul cinema inseriti nelle monografie di William Lustig, Manetti Bros, Dario Argento e Mike Flanagan.
- Tra le mie pubblicazioni, il saggio “Il mio nome è western italiano” nel volume Quando cantavano le Colt. Enciclopedia cine-musicale del western all’italiana (F. Biella-M. Privitera, Casa Musicale Eco, 2017) e il saggio “Nel segno del doppio” nel libro “Mediaset e il cinema italiano. Film, personaggi, avventure” di Gianni Canova e Rocco Moccagatta.
Una risposta
Bel pezzo su Palladino ma, a mio modo di vedere, un po’ buonista.
La squadra non si muove come blocco unico, anzi; nel giocare la palla lunga si nota spesso l’effetto fionda e attacca con pochi uomini.
Cerca, questo si, giocate a due o a tre dall’elevato coefficiente di difficoltà il che comporta che nella maggior parte dei casi non riescano ma, quando vanno a buon fine, mandino l’uomo in porta.
È una squadra bassa la Fiorentina, troppo bassa che lascia in modo eccessivo l’iniziativa all’avversario, vedasi interventi di De Gea.
Si esalta invece quando scherma le linee di passaggio, circostanza in cui eccelle per proporre immediatamente le proprie transizioni, oltre che quando i difensori “fanno gli attaccanti degli attaccanti avversari” (cit Carmelo Bene).
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