CALCIATORI EGOISTI

Egoismo come necessità di confermare la propria identità e di attrarre giudizi positivi, quindi come manifestazione dell’insicurezza. Dove cercare allora la sicurezza e la fiducia?

L’edizione della Copa America del 1999 non la ricorderà forse nessuno, se non per un episodio assai curioso e difficilmente ripetibile (per fortuna). Nella seconda giornata del gruppo C si sfidarono Argentina e Colombia e in quella partita il centravanti dell’Albiceleste Martin Palermo riuscì nell’impresa di sbagliare tre rigori nella stessa partita: i primi due sparati alti, il terzo parato dal portiere colombiano Miguel Calero. Intervistato alla fine del match, Palermo sostenne nell’incredulità generale che se ce ne fosse stato un quarto avrebbe tirato anche quello, perchè non si può giudicare un giocatore solo per tre errori dal dischetto; in più, disse che si sentiva fiducioso di giocare la partita successiva perchè nel match aveva seguito bene le consegne dell’allenatore (e in effetti partì titolare). Egoista o illuminato?

L’egoismo nel calcio è un fattore che tende ad emergere a tutti i livelli, dal settore giovanile al professionismo. Il grido “passala!” oppure “dalla!” indirizzato al calciatore che si attarda in giocate solitarie è onnipresente sulle tribune o sui divani di tutto il mondo. Si sente anche dire spesso che l’attaccante deve essere egoista, che è nella sua natura caricarsi della responsabilità di cercare il gol escludendo altre possibilità che possono funzionare da distrazione.

Ovviamente a tutto c’è un limite e il calcio, come sport di squadra, necessita di trovare un delicato equilibrio in campo tra le azioni individuali e le manovre di squadra. Per trovare questo equilibrio è fondamentale capire il fenomeno e il profilo del calciatore egoista, andando più a fondo del semplice anteporre il proprio interesse a quello dei compagni e della squadra.

Ci sono un fattore esterno e uno interno a motivare il comportamento egoistico.

Nel primo caso, si accentra l’azione su di sé per attrarre l’interesse degli altri, per farsi osservare, notare o anche solo vedere. L’attenzione del calciatore rimane così almeno in parte distratta dalla rincorsa del giudizio altrui.

Nel secondo caso, si accentra l’interesse su di sé per dimostrare a se stessi di saper fare, di valere, di essere in grado di produrre un certo tipo di giocata o di prestazione. L’attenzione del calciatore in questo caso  è distratta dalle aspettative sul risultato finale del gesto, sul riuscire o non riuscire.

Entrambi i fattori descritti sono fisiologici, quando non sono preponderanti rispetto agli altri fattori della prestazione. Quando invece dominano i pensieri del calciatore, dimostrano anche la sua insicurezza e rischiano di accendere pericolosi circoli viziosi: per dimostrare a me o agli altri cosa so fare esagero con la foga, mi estraneo dalla squadra, prendo rischi inutili e per recuperare devo continuamente alzare la posta. Cercare la sicurezza e la fiducia solo nel giudizio degli altri o esclusivamente nel risultato finale delle proprie azioni espone il calciatore a uno stress ben più alto di quello fisiologico, a distrazioni continue, a pensare troppo e male.

Se la fiducia viene invece dalla capacità di mettere le proprie energie sulle proprie azioni, allora il comportamento diventa efficiente a tutto tondo e la capacità decisionale sarà più equilibrata,  lasciando spazio anche agli altri, magari già a partire dal primo rigore sbagliato.

Stefano Nicoletti – PlayTheNow

Instagram: @playthenow_coaching

 
BIO: Stefano Nicoletti
è un appassionato formatore, cresciuto in grandi aziende del settore finanziario in cui ha maturato e coltivato competenze trasversali su performance, collaborazione, negoziazione, mindfulness e gestione dell’attenzione. È un esperto di allenamento visivo e segue professionisti e giovani talenti dello sport di tutto il mondo. La sua frase preferita è del pugile George Foreman: “Nell’incontro con Ali non sentivo alcuna paura. Ho pensato: è facile. È quello che aspettavo. Nessun nervosismo. Nessuna paura. E ho perso”.

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