MILAN FUTURO: QUALCUNO SCRIVA UNA LETTERA

L’1-5 con la Torres non è solo una sconfitta calcistica: per il modo in cui è avvenuta, sembra la prova che il senso, l’importanza, il prestigio di giocare nel Milan – ancorché in una categoria non minore ma preparatoria – non siano stati compresi. Serve qualcuno capace di ricordarlo. Ma chi?

Avevo cominciato l’anno con un post, uscito su questo blog il 3 gennaio, dedicato a fare il punto su Primavera e Milan Futuro. E anche se le posizioni di classifica delle due squadre erano e sono molto diverse (Primavera aggrappata al gruppo delle prime, Under 23 terzultima) avevo cercato di fare un discorso unico e sostanzialmente ottimista: il senso mi pareva quello di un’unica “fabbrica” di talenti capace di scambiarsi giocatori in un processo virtuoso di osmosi che riguardava non solo le due squadre citate, ma anche la prima squadra.

Certo, c’è qualcosa da aggiustare, ma la macchina sembrava funzionare, perché i giocatori si muovono lungo le scale mobili, salendo e anche scendendo, non per demerito, ma per necessità, e qualcosa affiora anche in Serie A: Jimenez, Camarda, Liberali, ora persino il semisconosciuto (solo io e il mio amico Fabio lo seguiamo da quando nel 2021 arrivò in Primavera) Bob Murphy Omoregbe che, pescato da Conceicao nella disperazione, mette in area – finalmente – un cross teso dal fondo dopo i cinquanta cross molli e lunghi di “croce e delizia” Leao. Bene, quindi.

Insomma. La sconfitta del Milan Futuro con la Torres per 1-5 e il modo in cui è maturata, con lo 0-4 scritto sul tabellino già al 32’ del primo tempo e prospettive di punteggio finale verso la doppia cifra, ci obbliga a qualche riflessione aggiuntiva. L’andata in casa della Torres, per capirci, era finita 0-0 e forse se da allora c’era una squadra che doveva crescere, prendere le misure alla categoria e quindi migliorare, quella squadra era il Milan Futuro.

Nello stesso weekend, per completezza, la Primavera ha pareggiato (1-1) in trasferta contro l’Atalanta, giocando complessivamente non bene e non spostando né la classifica né il giudizio sulla squadra, cui continua a mancare una punta (se ne sono accorti anche i commentatori di Sportitalia).

Ma torniamo al Milan Futuro, un progetto serio, ambizioso, inquadrato in un campionato professionistico, con un budget di 12 milioni e una sorta di direttore sportivo dedicato (Jovan Kirovski, sport development director): una squadra che – in qualsiasi campionato militi – perde 0-4 dopo 32 minuti quasi senza opporre resistenza, ha qualche problema. Ma quale? Vediamo qualche ipotesi.

Ipotesi 1 – I vasi comunicano male

La prima ipotesi, che è anche quella del fondatore di questo blog e quindi la più accreditata, non per piaggeria ma per ovvie ragioni di esperienza (lo ammetto, anche se collide con i miei auspici), è che la teoria ottimistica dei “vasi comunicanti” non tenga conto a sufficienza di almeno due effetti collaterali:

  1. con le formazioni che continuano a cambiare a causa dei “prestiti” fra le tre categorie principali, finisce che la coesione e l’intesa delle due squadre inferiori (U20 e U23) non cresce quanto potrebbe, con l’U23 che paga il prezzo maggiore a causa del contesto più sfidante (su cui torneremo);
  2. spesso i giocatori che dall’U23 salgono, vanno sostanzialmente a non giocare: contro il Cagliari, per capirci, c’erano in panchina Bartesaghi, Jimenez (che ormai potremmo considerare un giocatore della prima squadra), Zeroli, Camarda, Omoregbe. Tutte convocazioni corrette, s’intende, non certo capricci dell’allenatore: ma in totale hanno messo a referto i cinque minuti circa di Omoregbe. È un bene o un male? Sono minuti di gioco persi o giorni di esperienza guadagnati? Difficile esprimere un giudizio definitivo: il “Milan B” serve a questo, a dare linfa al “Milan A” e un po’ di sofferenza fa parte del gioco, ce lo insegna la Juventus che grazie alla Next Gen (quintultima nel girone C) si è rigenerata tecnicamente ed economicamente.

Ipotesi 2 – La voglia che non c’è

Rileggiamo il commento di Daniele Bonera subito dopo il match: «Però ripeto, l’aspetto tattico oggi va forse in secondo piano. Abbiamo avuto poca intensità, poca voglia di vincere i duelli. Poca… non dico voglia, però quella forza di andare a contrastare il rivale». Tra alcuni comprensibili “forse” e “però”, dice in pratica Bonera, questi giocatori hanno voglia di fare quello che stanno facendo? Io non ne sono certo. Forse neanche lui.

La serie C è un campionato duro, fatto da giocatori maturi (secondo l’app Forza Football, l’età media era di 27,3 anni per la Torres contro i 20,3 del Milan), che – soprattutto – lottano ogni domenica per restare in una categoria che regala un po’ di stabilità economica (secondo Tuttomercatoweb il minimo retributivo per un calciatore over 24 è di circa 28.545,00 euro lordi e la media effettiva dei ricavi si situa fra i 20mila e i 50mila euro lordi, ovviamente con punte individuali verso l’alto) e di visibilità. Prima di dare l’addio al professionismo, immaginiamo che ci sia gente disposta a “mettere la gamba” o, come ha detto Bonera “ad aver voglia di vincere i duelli”.

E i nostri ragazzi? Sono altrettanto disposti a farlo? E, soprattutto, ne hanno davvero bisogno? Anche se non sono tutti dei predestinati, e anche se le categorie inferiori sono piene di ex-predestinati, oggi un giocatore del Milan Futuro gode evidentemente di possibili percorsi del tutto diversi: il loro scopo – non dichiarato – non è difendere la categoria (non ora, almeno) ma, al contrario, andarsene il prima possibile. Mettiamoci tutto il sistema di attenzioni mediatiche, procuratori, giovanile presunzione e proviamo a immaginarceli mentre dicono “Da qui non passa nessuno, a costo di spaccarmi una gamba”. Vi hanno convinti?

La seconda ipotesi, quindi, è che ci sia un deficit collettivo, “sistemico” di motivazione, specie se confrontata con quella di avversari che, giovani o veterani, hanno un solo modo per mettersi in mostra: fare bene per sperare di salire le gerarchie. Tra i nostri Under 23, senza criminalizzare nessuno, molte gerarchie sono già saltate, le attenzioni sono già quelle del calcio maggiore, gli obiettivi sono già diversi.

Siccome di Franco Baresi, inteso come uno che tace, sgobba e si guadagna i gradi sul campo, mi pare che non ce ne siano più moltissimi, forse servirebbe un intervento strutturato che ricordasse ai nostri giovani talenti qual è il progetto, qual è il loro ruolo nel progetto, qual è l’obiettivo individuale e collettivo: non vincere la Serie C, magari, ma non farsi mortificare ogni domenica. Servirebbe un Galliani (non che lo consideri infallibile, ma credo che sia capace di fare una faccia freddamente, educatamente minacciosa quando serve) che al Milan attualmente non esiste, o se esiste non si è ancora rivelato. Uno che, lucidamente, ricordi che ognuno fa parte di un sistema più grande e che “se […] pensa sia impossibile e non intende mettere cuore, testa e anima nell’impresa, è pregato di farmi chiamare dal proprio procuratore onde verificare se esistono le condizioni ragionevoli per una partenza immediata”, come il vecchio ma indomito Adriano ha scritto pochi giorni fa ai giocatori del Monza. Mi immagino una cosa così. Siamo capaci di farla?

Ipotesi 3 – Il condottiero che manca

Tutti ormai sanno – lo hanno scritto numerose testate – che questa squadra era stata costruita da e per Ignazio Abate, che ne aveva allevato e allenato il nucleo prima nell’Under 18 e poi in Primavera. Sappiamo anche che Abate ha lasciato il Milan all’improvviso, dopo l’ultima partita di campionato, si dice per uno scontro con Ibrahimovic, si dice in merito all’impiego del figlio Maximilian (che non ha colpa e sta facendo bene, precisiamolo). Sarebbe stata diversa questa squadra con Abate (che nel frattempo guida la Ternana seconda in classifica)? Avrebbe avuto un diverso legame emotivo con il mister? Avrebbe riconosciuto un plus di riconoscenza a chi l’aveva condotta lì, oltre che in finale di Youth League? Ovviamente non si sa e non esiste la controprova: diciamo che sarebbe stato bello provare a vedere “l’effetto che fa”.

Infierire su un allenatore in difficoltà è una delle cose più sgradevoli del mondo del calcio, e infatti io non infierirò su Daniele Bonera, della cui carriera di coach sappiamo poco perché è oggettivamente assai breve e del cui impegno non dubitiamo. Semplicemente, se è vera almeno in parte l’ipotesi 2 e il problema o una sua parte risiede nella poca motivazione, nella “poca voglia”, qualche domanda sul Bonera motivatore a questo punto della stagione è giusto farsela, esattamente come ce la siamo fatta su Fonseca. Lascio la valutazione a chi di dovere, sperando che a prendere la decisione non sia quello che ha mandato via Abate per una ripicca personale; o che, se sarà lui, abbia riflettuto a lungo.

Una prima, parziale conclusione

Quale ipotesi, quindi? La prima, legata al troppo turn-over (o troppa osmosi, come mi piace dire), o le altre due, che hanno in comune un deficit manageriale?

Come spesso capita (il calcio è complesso e qui lo è particolarmente, amici), la causa non è mai una sola e la cosa più probabile è che tutte le cause elencate (più altre, magari) concorrano a determinare una situazione che inizia a essere vistosa e un po’ imbarazzante. La società si è mossa sul mercato prendendo Andrea Magrassi, una punta di mestiere subito titolare, che ha segnato lo sparuto “uno” dell’1-5 di domenica. Serve altro: il mercato della Serie A, completando la rosa, potrebbe dare più stabilità al Milan Futuro, premesso che Jimenez e Camarda vanno considerati ormai assurti ai cieli della Serie A. Ma, a mio avviso, occorre soprattutto ribadire il patto fondativo grazie al quale è possibile l’immenso privilegio di indossare la maglia a strisce verticali rosse e nere: un patto che ogni tanto qualcuno dà un po’ per scontato. E qui non è un giocatore o un altro: è la società che, con la credibilità ancor prima che con le parole, deve far sentire tutto il peso di quel patto. Con forza.

BIO: Luca Villani è nato a Milano il 31 gennaio 1965. Giornalista professionista, oggi si occupa di comunicazione aziendale e insegna all’Università del Piemonte Orientale. Tifoso milanista da sempre, ha sviluppato negli anni una inspiegabile passione per il calcio giovanile e in particolare per la Primavera rossonera. Una volta Kakà lo ha citato in un suo post su Instagram e da quel momento non è più lo stesso.

3 risposte

  1. Sono d’accordo con lei in linea di massima, la squadra ha bisogno di stabilità e finché la prima squadra porta via 3/4 giocatori a domenica la vedo dura , tutto deve partire dall’alto completare la prima squadra x rendere più stabile il Milan futuro, se poi invece di giocare a Busto giocasse a Milano qualche tifoso in più non guasterebbe x incitare i ragazzi .

  2. Di quelle elencate l’ipotesi 1 mi sembra di gran lunga la piu’ importante, anche perche’ e’ quella che denota il pressappochismo e forse anche la scarsa competenza di chi ha dapprima deciso e poi messo in pratica questa iniziativa. C’e’ pero’ a mio parere un’ipotesi mancante, alla quale il sottoscritto ha gia’ fatto riferimento in un commento a un precedente articolo sullo stesso argomento e dello stasso autore (col quale mi complimento e leggo sempre volentieri): la qualita’ media dei calciatori di Milan Futuro. Al netto degli elementi citati nell’ipotesi 1, io credo che sia possibile che in pratica nessuno abbia un futuro in serie A e forse nemmeno da professionista. Se e’ cosi’, ovvero se la squadra e’ troppo debole, ecco che si torna al pressappochismo e alla superficialita’ di chi ha messo in atto questa iniziativa…

  3. Hai praticamente scattato una foto tridimensionale del nostro Milan Futuro Luca! Chapeau!
    E come tutte le vere ma ormai obsolete istantanee la negativa va portata in stampa con i classici passaggi chimici di sviluppo, arresto e fissaggio che sarebbero in questo caso la metafora delle tue tre ipotesi a motivare la scarsezza della ns 2da squadra. A mio avviso la panacea per lenire questa colite spastica calcistica è un solenne mix di saggezza, sacrificio, autostima e trainers che sappiano appieno comprendere e motivare questi ragazzotti al momento troppo mediocri.
    La citazione di Franco Baresi dovrebbe apporre un esempio indelebile a questa fotografia visivamente brutta e sfuocata.
    Un caro abbraccio.

    Massimo 48

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