MILAN: SI GUARDA IL DITO E NON LA LUNA



Qualche giorno fa mi ero cimentato nel tratteggiare un profilo di Sérgio Conceição, tecnico del Milan. Non il ritratto patinato da conferenza stampa, ma un dipinto intimo, visto con gli occhi del Portogallo. Lì, Conceição è molto più di un allenatore: è l’incarnazione del detto popolare portoghese Pão, Pão, Queijo, Queijo [letteralmente Pane, Pane, Formaggio, Formaggio], un inno alla schiettezza e alla sincerità. E dopo le prime uscite in campionato, fedele alla sua essenza, il mister non si è trattenuto: ha parlato alla squadra con la stessa schiettezza che lo definisce.

Dopo l’1-1 casalingo contro il Cagliari, Conceição non ha usato mezzi termini: troppo lenti, scelte sbagliate negli ultimi metri, e, come a voler scavare nelle radici del problema, “questioni mentali e fisiche” da risolvere. Problemi acuiti nella gara di Torino: contro la Juve, il tecnico portoghese è tornato sull’assenza di grinta e fame, ingredienti che – dice lui – erano il marchio di fabbrica della sua prima squadra. Ma è qui che il neo allenatore del Milan ha scelto un registro diverso: pur lanciando un monito alla squadra sull’atteggiamento, non ha acceso il fuoco delle polemiche. Anzi, ha fatto da pompiere, difendendo i senatori e assumendosi la responsabilità per la caduta. Come dire: critico sì, ma senza rinunciare a un briciolo di protezione paterna.

Chi ha seguito i miei scritti sa bene quanto abbia sempre stimato l’uomo e il tattico Fonseca. Nella sua breve avventura al timone del Milan, non sono mancati momenti di gioia e lampi di grande calcio. Tuttavia, quella scintilla che trasforma il bel gioco in solidità duratura non si è mai accesa, complice una gestione del gruppo spesso problematica. Conceição, il successore, non ha trovato un terreno fertile: i problemi non si sono dissolti con il cambio in panchina.

A mio modestissimo avviso, il Milan avrebbe dovuto puntare su Antonio Conte già in estate. Un martello pneumatico, un sergente di ferro, l’unico profilo capace di rimettere ordine e disciplina in uno spogliatoio frammentato. Le scelte di Fonseca, come le esclusioni punitive di Leão e Hernandez, sono state il segnale di tensioni irrisolte, fratture mai davvero sanate. E qui, permettetemi un parallelo: Conte, al Napoli, ha preso in mano un gruppo logoro, stanco, emotivamente a pezzi dopo il trionfo dello scudetto. Ha ricostruito, tassello dopo tassello, restituendo forza e linfa a quei protagonisti che molti avevano ormai considerato al capolinea. Una sfida che sembrava impossibile e che invece, con lui, ha trovato compimento.

Ho letto commenti che definire ingenerosi è poco, commenti troppo facili da parte di chi pontifica senza avere il coraggio di guardare oltre il visibile. Conceição, come il suo predecessore Fonseca, viene bollato come “scarso”, ma così si guarda solo il dito, non la luna. La dirigenza del Milan, con troppi galli nel pollaio, non riesce a trovare una vera sintonia. Ibrahimovic, che non ha né l’esperienza né la stoffa del dirigente, sembra più un gigante in un mondo di ombre. Il mercato dello scorso anno, poi, è stato progettato per costruire qualcosa di più duraturo, non per una vittoria immediata. Pulisic è stato un colpo azzeccato, insieme a Reijnders, mentre Loftus-Cheek ha dato il suo contributo, ma ha palesato fragilità fisiche. La partenza di Tonali, che sta facendo la differenza in Premier, ha reso ancora più urgente un intervento mirato sul centrocampo, già indebolito dagli infortuni di Bennacer. Contro la Juve, il tecnico portoghese ha puntato su Fofana, Musah, Reijnders e l’algerino. Ma il francese e soprattutto l’americano hanno avuto difficoltà a liberarsi della fama di mestieranti.

La decisione di mettere sul mercato Emerson Royal, Okafor, Chukwueze e Loftus-Cheek riaccende la protesta dei tifosi rossoneri, che la vedono come un’ulteriore conferma degli errori di Moncada. Questi calciatori, finiti ai margini del progetto del nuovo allenatore, non hanno certo brillato sotto la gestione di Fonseca. Morata e Abraham, sette gol in due in campionato, sembrano ancora lontani anni luce da un Giroud ormai avviato verso la pensione. Eppure, nel cuore della stagione, erano Leão e Theo Hernandez a bruciare come patate bollenti, e Fonseca non ha esitato a punirli. Ma la domanda che aleggia è un’altra: dov’è stata la dirigenza nella gestione di questi casi? Quando ci sono dei malumori, non sarebbe forse stato più sensato cercare di risolvere la situazione durante l’estate, invece di correre al mercato? Una domanda che, purtroppo, non riguarda solo il Milan, ma è un leitmotiv che accompagna molte squadre. E poi c’è il nodo del centravanti: dove è finito il bomber tanto agognato? È vero, il contesto non aiuta, e le difficoltà tecnico-tattiche avrebbero impedito a chiunque di esprimersi al meglio. Eppure, Retegui, che di certo non è un fuoriclasse, sta segnando a raffica con l’Atalanta, dove riceve palloni giocabili a ogni partita.

Ecco, il Milan si trova di fronte a una realtà che non può più essere ignorata. La gestione Moncada, che ha visto cedere giocatori come De Ketealere, Saelemakers e Kalulu, i quali si sono valorizzati altrove, è uno dei nodi gordiani di questa stagione travagliata. Non si può non notare come queste cessioni siano avvenute in un contesto in cui la struttura stessa della squadra, più che le scelte degli allenatori, stia dimostrando tutte le sue debolezze. Eppure, la critica a Fonseca, esonerato dopo aver provato a raddrizzare la rotta, e a Conceição, che definirei aprioristica e prevenuta, risulta ora semplicemente fuori luogo. Il vero problema, come sempre, risiede altrove, in quelle difficoltà strutturali che vanno ben oltre le individualità. E mentre il mercato si muove alla velocità della luce, con i giocatori che fuggono e si risollevano, il Milan sembra rimanere impantanato nei suoi stessi limiti, incapace di andare oltre il proprio riflesso.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

4 risposte

  1. Condivido in pieno l’articolo Vincenzo, Chapeau!!
    Il Milan si sta comportando come un giocatore maldestro di briscola che spesso non muovendo bene le giocate si incarta da solo!
    Buona giornata.

    Massimo 48

  2. La gestione Fonseca ha avuto solo due lampi: il derby d’andata e la sera di Madrid. Ma i “lampi di grande calcio” non si sono mai visti. E la gestione di Leao e Theo è quanto di più masochista si sia mai visto su un campo di calcio. Ma stiamo parlando di uno che si è presentato ad una conferenza stampa vestito da Zorro, e che ha perso una partita a tavolino per aver fatto una sostituzione in più del consentito… se si vuole difendere l’indifendibile va bene, ma il Milan è un’altra cosa, per piacere.

  3. Condivido tutto ma da frequentatore dello stadio dico che non mi piace molto che la curva sud sia in protesta perenne contro la società, pur apprezzando la civiltà con cui viene perpetrata.
    Si perde l’atmosfera all’interno dello stadio e ai giocatori manca la spinta tipica di chi gioca in casa.

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