Tutte le mattine verso le ore 11 ero solito andare a piedi in piazza dell’Ateneo Salesiano, distante una manciata di minuti dal mio condominio per comprare una pagnotta calda di pane casareccio appena uscita dall’antico forno del Sig. Giulio.
Un rituale che purtroppo si è interrotto una settimana fa, quando lo storico panettiere è venuto a mancare, il suo cuore da tempo sofferente non avrebbe resistito ad un ennesimo attacco, aveva dapprima preso un banale raffreddore e poi, da quanto si vociferava nel quartiere, sembrerebbe che il Covid lo avesse chiamato per sempre a sé.
Era una persona affabile, gentile, molto simpatica; il suo esercizio rimasto chiuso in segno di lutto per alcuni giorni mi ha costretto a cambiare l’usuale rifornimento di pane in un’altra forneria distante 300 mt. più avanti e dove per arrivarci bisogna attraversare un parco delimitato da un filare di pini con al centro un rondò di panche in legno ed un’area giochi per bambini. In una di queste panchine proprio sotto la folta chioma di un leccio con a lato un nasone (questo il soprannome delle fontanelle romane) perennemente zampillante, noto e questo in vero già da diverse settimane, la presenza di un clochard, un uomo attorno ai 60 anni, barba e capelli lunghi, cappello di lana in testa, ma nel complesso dI un aspetto abbastanza curato quasi a lasciar presagire un recente passato del tutto normale anche se contraddetto dalla presenza a latere del suo giaciglio di un paio di carrelli da supermercato stracolmi di sacchi, sacchetti e buste annodate.
Lui sempre seduto ed assorto nei suoi indecifrabili pensieri, occhiali calati sul naso alla “mastro Geppetto” ed immerso nell’attenta lettura di un libro costantemente aperto tra le mani guantate di una lana color amaranto mentre poggiato sulle ginocchia c’è uno zainetto nero con al centro uno stemma a forma di scudo dove campeggia una lettera “R” maiuscola tra i colori amaranto ed oro con la scritta “SS Romulea 1922”.

UNA RECENTE MAGLIA DELLA STORICA SOCIETÀ DI ROMA – SS ROMULEA 1922
Ma quella mattina nel percorrere il solito cammino noto la sua panchina attorniata da una troupe televisiva di una emittente locale con tanto di telecamera, operatori, speaker e persino il regista pronti ad intervistare quell’uomo dalla inusuale parvenza di un classico barbone…ed ecco il servizio stava proprio per iniziare in quel momento… la curiosità aveva già calamitato un nutrito gruppo di persone… tutte ansiose nello scoprire la storia di questo misterioso clochard!
“Dalle stelle alle stalle” questo è il titolo che il 58nne Gioacchino B. avrebbe palesato al regista della troupe nel caso in cui dalla sua storia se ne volesse trarre una clip o addirittura una fiction da mandare in onda.
“…Non mi interessano i soldi…ne ho avuti fin troppi!….M’interessa soprattutto che tanti giovani apprendano da questo racconto i segreti per non ricommettere gli stessi errori…!!…ha capito …regista?”
“…Sì..sì…Sig. Gioacchino…inizi pure…non faremo nessuna fiction ma un semplice servizio d’informazione sulla vita del quartiere tra cui la sua e poi le manderò un sms per avvisarla quando e dove vedere questa intervista…”
“…ma io, per scelta, non ho nessun telefono…regista!”
“…ehh…vabbè…allora vorrà dire che tornerò con un thermos di caffè e glielo dirò a voce…va bene!?”
“…Ok!!!”
“…Allora …vado…Gioacchino !!!…..Ciack: “Gioacchino dalle stalle alle stelle” 1ma..Vai!…Azione!! Ascoltiamo la sua storia narrata con una voce calibrata, consapevole, rassegnata, quasi a voler parlare non di sé stesso ma di un’altra persona, e tutto ciò nella realtà del momento riflettente una storia tanto incredula quanto dannatamente concreta e tristemente permeata dalla malefica aria pandemica che stiamo cupamente vivendo da un paio di anni e poi….e poi è come aver letto una bella fiaba ed essere vissuti immersi nel suo mondo magico…e subito dopo trovarsi catapultato (e senza paracadute) nella più putrida malora… perdendo tutto quanto per un semplice e banale impulso di generosità… e capacitarsi di essere finito distrutto per la strada con soli due stracci indosso…e senza il bel resto di un anemico niente!
“Possedevo una bella casa sul colle dell’Aventino – esordisce il nostro Gioacchino – professionalmente avevo iniziato la mia vita post maturità bruciando tutte le tappe. Mi laureai in Economia e Commercio con 110 e lode a soli 24 anni, subito dopo vinsi un concorso per un posto in banca, fui assunto e dopo un solo anno di lavoro in una piccola agenzia di un paese nell’entroterra pugliese venni trasferito alla sede principale di Foggia in qualità di funzionario, di qui dopo un altro anno di lavoro mi venne assegnata la carica di Direttore in una importante agenzia nel centro di Roma. Al trasferimento nella capitale, meta sognata da tanti giovani laureati del sud, fece seguito l’incontro, autentico “coup de foudre” con una splendida ragazza, Aurora, disegnatrice di abiti di alta moda femminile, conosciuta in un raffinato atelier nei pressi della scalinata di Trinità dei Monti nell’occasione di una serata con sfilata sponsorizzata dall’istituto bancario ove operavo.
Dopo un anno di fidanzamento questa bella fiaba venne coronata dalle nozze celebrate nella storica Chiesa di Sant’Onofrio al Gianicolo a soli pochi passi dalla pluricentenaria quercia meta delle frequentazioni di Torquato Tasso dove soleva, propriziato dai piacevoli refoli di un tiepido ponentino, trarre ispirazione nella stesura del suo immortale capolavoro. Ebbene in questa pittoresca location Aurora e Gioacchino giurarono il loro fatidico sì!
Il cerimoniale fu piuttosto intimo, tra gli invitati oltre ai parenti più stretti, un paio di colleghi di lavoro della banca per parte di Gioacchino ed una coppia di colleghe sarte dell’atelier per quella di Aurora, infine una mezza dozzina degli amici più vicini tra i quali Roberto, l’inseparabile amico fin dall’infanzia e compaesano di Gioacchino, che assieme alla sua fidanzata Francesca anch’essa pugliese aveva recentemente inaugurato in un paese del Gargano l’apertura di un’agenzia di viaggi.
Roberto! l’amico, il confidente di sempre come fosse stato praticamente un vero fratello !…e chi avrebbe mai potuto pensare che soltanto nove anni dopo sarebbe stato lui e soltanto lui la vera causa del mio attuale stato?
Nell’ Aprile del 1946, un gruppo di appassionati di sport, tra i quali numerosi dirigenti comunali, professionisti ed imprenditori della Capitale diede vita alla Società Sportiva Romulea, con i colori sociali del Comune di Roma, Amaranto – Oro. La Romulea prese in carico la gestione, facendone la propria sede nell’impianto sportivo comunale “Campo ROMA” ex campo “Carlo Grella”, allora situato in Via Marruvio (ora Via Farsalo), alle spalle della Basilica di San Giovanni in Laterano di Roma nell’omonimo quartiere.
“Ma perché mai – così prosegue il racconto il nostro clochard di fronte alla telecamera – si chiederà il lettore ho voluto riportare alcune news dal web di questa storica società calcistica fondata nel 1922 che dopo la forzata sosta causata dal conflitto bellico aveva ripreso le attività sportive e che attualmente milita nel campionato calcistico di Eccellenza (girone A, quarta in classifica con 12 punti dietro alla capolista Sorianese seguita da Aranova e Aurelia Antica).
La Romulea fu la prima squadra capitolina ad essere stata fondata nel grigio periodo littoriano e calcò a quei tempi i campi di calcio di mezza Italia seguita cinque anni dopo dalla fondazione della ben più importante A.S. Roma e queste due compagini capitoline riuscirono proprio all’inizio del ventennio fascista, in un clima particolarmente difficile, grazie ad impegno, abnegazione e talento ad apportare una buona ventata di prestigio sportivo in quel rigido regime dittatorialmente imposto.
In poco più di un secolo di vita la Romulea Calcio vantera’ nel suo palmares oltre trenta trofei nazionali conquistati nelle categorie Juniores, Giovanissimi e Ragazzi, inoltre risulterà un’ottima fucina di futuri campioncini del calcio, uno su tutti il centrocampista Alberto Aquilani oggi quarantenne (al Milan stagione 2011/12 con 23 presenze ed 1 goal) che durante la sua militanza nella Roma è stato soprannominato Il Principino in virtù della somiglianza con Giuseppe Giannini, storico giallorosso degli anni 80 e 90 e soprannominato il Principe.
E quindi ragazzi miei, chi tra di voi si fosse chiesto il motivo della presenza di questo zainetto ove campeggia tra i colori amaranto e oro lo stemma della Romulea, trova la mia risposta nel ripercorrere i tempi della seconda elementare periodo nel quale nacque il mio amore viscerale per il pallone iniziando a dare i primi calci presso l’oratorio parrocchiale dove conobbi l’inseparabile amico Roberto con il quale per molti anni ho giocato insieme, lui nel ruolo di centravanti con il vizietto di un goal ogni 2/3 partite ed il sottoscritto in quello di mediano (che ogni tanto riusciva anche a centrare la porta con mirati tiri su calcio di punizione vagamente simili a quelli calciati dal grande Andrea Pirlo). Formavamo una coppia molto affiatata e tecnicamente interessante tant’è che fummo chiamati nelle giovanili del Corato Calcio (attualmente militante in Eccellenza Puglia girone A ed ottavo in classifica ove il sorprendente Barletta conduce ancora imbattuto dopo 21 gare disputate). Giocammo fino alla nostra maturità ottenendo anche dei buoni risultati, poi le nostre strade si separarono, per il sottoscritto come già detto verso un percorso bancario mentre Roberto preferì mettersi in proprio, o meglio assieme a Francesca, avviando un esercizio commerciale”
Nel proseguo dell’intervista interviene il giornalista che microfono alla mano rivolge una domanda al nostro clochard: “Gioacchino sappiamo che lei è uomo del Sud e si è trasferito nella Capitale per lavoro…e allora vorremmo capire…come sono andate le cose?…come mai da una vita agiata è finito per la strada?”
“…Ehhh…!! per prima cosa ha influito la logorante e travagliata malattia di mia moglie Aurora…e poi purtroppo, nonostante le lunghe cure ed una disperata operazione in una clinica svizzera, la sua immatura scomparsa a soli 46 anni…e questo luttuoso evento ha dato inizio allo sconquasso della mia vita, ciò nonostante mi sono riversato a capo fitto sul lavoro e per guadagnare di più accettai di buon grado di lavorare in trasferta, persino in agenzie all’estero, mandando ai miei figli, ormai adolescenti, i soldi necessari affinchè vivessero al meglio con l’affetto dei nonni nella nostra casa sul colle dell’Aventino ma, purtroppo, privi dell’impareggiabile calore di mamma Aurora.
Nonostante quel pesantissimo periodo le cose riusciranno ugualmente a marciare con normalità ma fino ad un giorno quando il mio caro amico Roberto mi comunico’ l’Intenzione di volersi trasferire a Roma chiudendo l’attività al paese, poco redditizia, per trasferirla nella capitale dove un suo zio prossimo alla pensione e commerciante anch’esso che, essendo proprietario di un negozio di tessuti in pieno centro gli avrebbe concesso il passaggio della licenza per proseguire l’esercizio dietro espresso desiderio della coppia, trasformando quell’ex negozio di tessuti in una seconda e più fortunata agenzia di viaggi.
Un paio di mesi dopo la coppia prese possesso del locale dello zio dove venne chiamata una ditta specializzata del settore allestimenti che nel giro di sole tre settimane riuscì a ristrutturare l’intero negozio dove Roberto seguiva scrupolosamente i lavori mentre Francesca scelse come dimora un bilocale in affitto alla periferia NordEst della città. Dopo alcuni mesi, visti già i buoni ricavi, Roberto mi confidò di avere in animo l’acquisto di un appartamento più volte visto, ammirato e desiderato assieme alla compagna e sito in un elegante condominio sul lungo Tevere con bella vista su Castel Sant’Angelo e San Pietro. Praticamente doveva soltanto ottenere la concessione di un mutuo del quale, non essendo ancora in possesso di alcun immobile veniva sistematicamente negato da tutti gli istituti bancari da lui contattati tranne ovviamente il mio dove grazie alla carica e al fatto che mi esposi in qualità di garante in solido riuscì ad ottenerlo.
E così un pomeriggio, presso uno studio notarile in zona Prati, deposi la mia firma sul contratto di mutuo, mentre l’amico Roberto diventava proprietario di quell’elegante appartamento sul Lungotevere della Vittoria in una delle zone più belle della capitale.
Ma a distanza di un solo anno da quella firma ricevetti la telefonata di un mio collega dalla direzione centrale della banca che mi avvertiva di non aver ricevuto il bonifico relativo a ben 7 rate di mutuo del signor Roberto M. e che avrei dovuto provvedere, in qualità di garante, al relativo saldo entro 90 giorni.
Non vedevo Roberto da alcuni mesi essendo probabilmente preso da un eccesso di stress dovuto al nuovo lavoro e allora decisi di andarlo a trovare presso il suo locale sito nei pressi della centralissima Piazza San Silvestro ma rimasi di sasso quando in pieno orario di apertura trovai la saracinesca abbassata e a latere la cassetta della posta stracolma di corrispondenza.
Chiesi informazioni all’edicolante a pochi passi e ad un bar poco più avanti dove Roberto e Francesca solevano sempre fare colazione ma le risposte furono disarmanti, la coppia era stata vista per l’ultima volta circa un mese prima. Tornai a casa sconsolato e con mille inspiegabili congetture per la testa. Ma una cosa era certa e non ci avevo fatto molto caso prima, da qualche settimana nei lunedì e giovedì sera Roberto non veniva più al campo di calcio di Via Farsalo per gli allenamenti con la Romulea e così per non cadere in errore consultai le chiamate sul mio cellulare e mi accorsi solo in quel momento che erano esattamente 20 giorni che non ci sentivamo più ed in quell’ultima conversazione mi disse di essersi procurato una contrattura alla coscia e che avrebbe disertato qualche allenamento. Inutilmente provai ripetutamente a chiamarlo ma la risposta era sempre di una mortale monotonia, o spento o non raggiungibile!
Quella notte non chiusi occhio per pensare quali passi fare per ritrovare l’amico Roberto e così di buon mattino mi recai presso la sua abitazione già con il sinistro presagio di non trovarvi nessuno tant’è che al citofono non ottenni alcuna risposta e così domandai al portiere del civico a fianco semmai avesse informazioni sul mio amico Roberto dato che la sua auto, una berlina verde scuro e al momento tutta ricoperta di polvere e smog si trovava parcheggiata a pettine sull’attiguo marciapiede proprio lì davanti. Mi rispose che una sera di tre o quattro settimane prima vide arrivare un taxi e la coppia salirvi a bordo con borse e valigie ed avrebbe inteso la voce ferma di Roberto indicare all’autista la direzione: “Aeroporto di Fiumicino!”
Lo ringraziai per la preziosa informazione e gli lasciai un mio bigliettino da visita con preghiera di contattarmi in caso di novità.
Dunque, pensai in quell’istante, Roberto e Francesca non erano spariti ma erano frettolosamente partiti per una destinazione al momento ignota… ma avevo un importante indizio e mi balenò in mente un mio cliente in banca, un caposquadra addetto alla sorveglianza dell’aeroporto di Fiumicino ed il mattino seguente lo contattai con preghiera di rintracciare nella lista imbarchi nell’ultima settimana del mese scorso se risultasse i nominativi nelle liste imbarco di Roberto M. e Francesca T. Ci sarebbe voluto un po’ di tempo, mi rispose, data l’ingente mole di viaggiatori che quotidianamente partono da Fiumicino, ma dopo qualche giorno riuscì a darmi una risposta che però avrebbe amleticamente generato un’altra domanda… la coppia si era regolarmente registrata ed imbarcata su di un volo della Iberia alla volta di Barcellona ma all’aeroporto Josep Tarradellas di Barcellona non risultavano mai scesi! (o per meglio dire gli estremi dei loro documenti non risultavano mai registrati in Spagna).
Un gelido brivido percorse d’improvviso tutto il mio corpo per poi spegnersi silenziosamente nella corteccia cerebrale che praticamente andò in tilt alla vaga ricerca di una sola plausibile spiegazione….”Roberto e Francesca sarebbero sbarcati in Catalogna dove vivrebbero sotto falsa identità”…. questa fu la spiegazione fornitami dal Commissariato di Polizia Prati dove esposi denuncia per l’accaduto occorso.
Mi dissero di aspettare le notizie che mi avrebbero girato dalla competente Polizia spagnola ma nel frattempo non mi sarei potuto sottrarre dalle pendenze economiche in essere.
Uscii dal Commissariato con il cuore a pezzi e mi sdraiai desolato sui legni di una panchina di fronte al Tevere ignaro che quella panca avrebbe segnatamente marcato alcuni desolanti anni della mia vita.
CONTINUA…

BIO: MASSIMO BALDONI
Massimo 48 nasce a Roma nei primi anni del dopoguerra da mamma umbra e papà francese. Negli anni dell’adolescenza ama spesso frequentare l’agenzia di stampa ove il padre opera in qualità di telescriventista rimanendo particolarmente attratto dalla stesura degli articoli nella redazione sportiva.
Si diploma Perito Tecnico in Telecomunicazioni e dedica tutta la sua vita lavorativa al settore radio elettronico in varie aziende. Poi, dopo i primi anni di grigia pensione, inizierà quasi per gioco a scrivere in qualità di blogger nella sezione Vivoperlei di Calciomercato.com dove oltre che di calcio si può scrivere di qualsiasi altro accadimento ad esso correlato.
Viene insignito dal Direttore Stefano Agresti nella sede di CM a Milano con una targa risultando il miglior blogger dell’anno 2021 in quella specifica sezione.
Ora è alla ricerca di nuovi siti di scrittura, ed aver trovato l’incontro con “La complessità del calcio” con la regia di Filippo Galli è un’assoluta ed autentica vera chicca!
Buon Milan a tutti!