DA VAR A WAR È UN ATTIMO

FOTO DI COPERTINA DA DAZN

E siamo ancora qua, eh già… Pochi refrain come questo della canzone di Vasco Rossi, calzano alla perfezione per il calcio. Potete titolarci qualsiasi argomento, e siamo ancora qua. Gli arbitri, il VAR. Le ultime settimane sono state un disastro sotto tutti i punti di vista: regolamento, interpretazioni protocollo…Furibondi Gasperini, Conte, Inzaghi, Palladino, Ibra in nome e per conto, Di Francesco, Fabregas, Vanoli. Un cocktail di proteste, un festival dai toni alti, accesi.

Tutto contribuisce ad avvelenare e appesantire l’atmosfera, niente invece aiuta ad affrontare i problemi e risolverli a freddo, con calma, con cura, con senno. Vorrei dire per amore, amando il calcio. Qualche tempo fa avevo scritto qui che gli errori dei direttori di gara (compresi assistenti ormai ridotti al palo, varisti e quarti uomini) sono da sempre un comodo alibi dei perdenti. Non cambio opinione: si lamenta solo chi subisce danni, nessuno riconosce i meriti degli avversari e le virtù proprie di fronte a un caso arbitrale. Una settimana per l’altra, lo stesso allenatore passa dal non voler parlare degli arbitri a scagliarvisi contro. 

Non sono un esterofilo a tutti i costi, né un barzellettiere italiano conclamato. Guardo tanto calcio straniero però: inglese, tedesco, spagnolo. Si verifica qualche caso, ma non più di uno o due a settimana, venendo risolto senza le fiamme che squassano l’anima dei tesserati come da noi. Va detto che le trasmissioni sportive in quei Paesi hanno misurazioni e prospettive assai differenti dalle nostre. Va detto che in Spagna, in Germania e in Francia vincono sempre quelle squadre lì, l’interesse è appiattito, ma gli animi sono comunque meno surriscaldati (in generale, ovviamente, salvo le dovute eccezioni) nonostante – per esempio – la sudditanza nei confronti di Real, Barcellona, Bayern e – un po’ meno – del PSG è acclarata. Sfacciata. 

La tecnologia, in particolare le telecamere, ci hanno aiutato per la sicurezza della nostra vita quotidiana: pensate alle autostrade, le banche e i supermercati, le portinerie e le case private, le vie cittadine…Non solo costituiscono un deterrente, ma un elemento di indagine fondamentale. Il calcio se ne frega di essere ripreso in diretta o in differita: simula, inganna, nega l’evidenza, sostiene l’irreale. In molti casi rifiuta il concetto di uno sport più regolare e corretto grazie al VAR. Perché? Perché al VAR ci sono uomini, più o meno preparati, i quali non si limitano a prendere atto, ma dissertano, interpretano, discutono. Dicono molti allenatori che sia inutile, dannoso, non serva: io dico invece che andrebbe utilizzato anche per i casi plateali come quello di Inter- Fiorentina, su tutti i palloni che finiscono sul fondo (non per le rimesse laterali). 

Non mi piacciono più le metafore come battaglia, guerra, conflitto perché evocano questi anni di sangue che sta vivendo il pianeta. Nel nostro calcio però da VAR a WAR è un attimo e una cosa come lo spettacolo dello sport che dovrebbe unire, distendere, appassionare, coinvolgere, non può essere contaminata dal sospetto, dalla malafede, dalla pochezza culturale di molti arbitri, qualche giocatore e quasi tutti gli allenatori. 

Non ho dubbi sui due cardini di miglioramento della situazione. Il primo è che il regolamento venga semplificato e torni ad essere inequivocabile su certi aspetti: tanto per cominciare, il mani è mani è basta, senza volontarietà o altro. Se nel volley schiacci sul piede dell’avversario, è fallo dell’avversario: lo stesso nel basket. Punto. Il fuorigioco deve punire la luce, non l’alluce. Se è chiaro ed evidente, va sbandierato. L’intensità della spinta, della strattonata, del pestone, la valuta l’arbitro e basta. Il braccio o la mano per proteggersi dall’avversario non può essere sistematicamente considerato un fallo. I giocatori che cadono urlanti per un contatto di gioco devono stare fuori dal campo 3′. I simulatori devono essere puniti. Gli allenatori devono disporre di 2 chiamate per tempo (la primissima innovazione dovrebbe essere quella del tempo effettivo, calcolato da cronometristi e non dall’arbitro, così pure il recupero). La partita durerebbe 2 ore? Sì, ma con quello che si spende per andare allo stadio… nessuno se ne lamenterebbe. Il secondo è l’istituzione di un protocollo internazionale uniforme. 

Per arrivare a studiare, modulare e ratificare, è necessario che capitani, allenatori, dirigenti, arbitri partecipino alla commissione. Esprimano pareri, giudizi, proposte e che si arrivi a un metro comune. Di sicuro, così com’è adesso non si può andare avanti.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

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