FOTO DI COPERTINA DA SPAZIOMILAN
L’antropologo avignonese René Girard, nel suo saggio del 1972, intitolato “La violenza e il sacro”, analizzava la tendenza umana a dirimere le crisi sociali e le tensioni interindividuali – Girard ravvisava un innesco in quello che lui definiva desiderio mimetico, ovvero nella volontà di possedere ciò che gli altri posseggono – attraverso il sacrificio di una vittima designata, il cosiddetto capro espiatorio, identificato come motivo primigenio del disordine da ravvedere. Il concetto di capro espiatorio va così a legarsi a una messa in scena simbolica della violenza, che consente di “neutralizzare” le tensioni sociali attraverso la purificazione di un singolo reputato colpevole. In altre parole, il capro espiatorio, individuo limbico che sta dentro e fuori dalla comunità, consente di scaricare un surplus di violenza senza però imporre un’analisi circa la natura profonda del conflitto (per Girard sarà il sacrificio di Cristo a squarciare il velo di Maya).
Una squadra è, senza dover forzare troppo il paragone, una piccola comunità, e i meccanismi di cui parla Girard sono tanto comuni quanto distruttivi proprio perché gravano le spalle di uno – il colpevole – di responsabilità che invece vanno inquadrate in un contesto più ampio e condiviso. Sempre che si voglia instaurare un processo di crescita reale e non si preferisca invece curarsi con palliativi che si limitano ad attutire il dolore, senza mai centrare il nucleo causale del problema/dei problemi.
Difendere Theo – il giocatore che è dentro e fuori, per talento e irrequietezza – non mi porterà nulla di buono, ma scelgo di difenderlo lo stesso. Del resto, se mi fosse piaciuto accodarmi al sentire comune, non avrei sprecato tempo a farmi un’idea sulle cose e avrei abbracciato quelle, di volta in volta, più di moda. Al tempo dei social, dove le battaglie, quelle importanti e quelle superflue, sono di solito hashtaggate e brandizzate, è facilissimo intuire quale possa essere la parte “giusta” (che in un sistema iper-capitalistico corrisponde purtroppo, spesso, a quella più vendibile).
Lo difendo – che poi, vabbè, è giusto un esercizio retorico, mica c’è un processo in corso – intanto per una questione filosofica, non pratica. Perché Theo non “sbaglia” obnubilato dall’ambizione come Macbeth (che però poi lucidamente riflette su quanto vana sia stata) o perché, come il principe Myškin di Dostoevskij, è troppo puro per poter imparare a navigare la meschinità del mondo. Non lo fa al pari di Don Chisciotte che forgia l’illusione come un atto di resistenza poetica, senza la quale non può che perire.
È più simile al joyciano Leopold Bloom: non un eroe tragico e neppure un visionario. Gli “errori” che compie sono piccoli, buffi, intrisi di una dolce malinconia. Più che sbagliare, infatti, Bloom scivola: la metafora calcistica ha senso. Vive ai margini della sua stessa vita, sempre un po’ fuori sincrono, immerso in un flusso di pensieri che lo trascina altrove mentre il mondo scorre intorno a lui. Non ha la determinazione per cambiare il corso degli eventi, non reagisce mai davvero: anche di fronte al tradimento della moglie, Molly, si rifugia nell’immaginazione anziché affrontarne la portata. È un’altra faccia dell’eroe antieroico, un ossimoro: è un resistente, appunto.
Chiariamo: sono scampoli di esempi letterari che svettano rispetto alle miserie delle persone di ciccia, più umane, imprevedibili, e meno paradigmatiche di quanto possa essere qualcosa che esce dalla penna dei giganti. Ma se Theo Hernández, come un [ognuno metta il suo simulatore preferito] qualunque, avesse voluto barare, avrebbe agito in modo più sottile: la gamba dell’avversario era lì, bella distesa, pronta ad arpionarlo, motivo per il quale, comunque, il giallo è stato (per me) assai discutibile. Nulla di tutto ciò: il nostro terzino sinistro ha solo commesso un errore. Un errore d’impulso, di ingenuità, di scarsa lettura del momento; per certi versi, un errore per eccesso di generosità: un errore alla Bloom, non un atto deliberato, a mio modo di vedere. Ciò non emenda il fatto – un grave sbaglio resta tale e il primo cartellino giallo è stato davvero sciocco – ma forse attutisce la condanna.
E se l’errore di Theo è stato il frutto di un momento, ben più determinanti sono state le scelte successive. Perché il vero problema non è stato giocare in dieci, ma come si è deciso di farlo. Il “Barone” Nils Liedholm sosteneva addirittura che in dieci si giocasse meglio! Sembra un paradosso e in parte lo è, ma non per una squadra ben organizzata in campo, che può addirittura farsi forza dell’inferiorità numerica per sfruttare meglio lo spazio. Poi c’è una questione psicologica nemmeno troppo controintuitiva: se sai di essere svantaggiato, la tua concentrazione dovrà essere massima. Le gambe fanno tanto, è vero, lo è altresì che la testa faccia TUTTO, specie nelle partite decisive. Perché il peccato originale, lo sappiamo bene, è stato quello di Zagabria: un peccato di superficialità che ci è costato gli ottavi diretti.
È facile prendersela con Leopold Bloom, più difficile ammettere che togliere un attaccante come Giménez (finalmente un vero attaccante d’area!) per difenderti da una squadra modestissima è la maniera migliore per concederle delle possibilità che se tu fossi rimasto a pressare alto non avrebbe mai avuto. Difficile, molto, ammettere che i preziosismi tecnici di Joao Felix sono più sacrificabili, sulla base di certe dinamiche impreviste, della visione di gioco e dei filtranti chirurgici di Pulisic. Il Milan avrebbe dovuto mettere al sicuro la partita nel primo tempo, quando la teneva in pugno: nessun dubbio su questo punto. Non lo ha fatto e, dopo l’espulsione, le scelte errate dell’allenatore, difensivista per cultura (nulla di male, ma tant’è), e un calo di attenzione hanno fatto il resto.
Facile prendersela con Bloom o con un qualsiasi capro espiatorio, assai più difficile prendersela con sé stessi. Quasi impossibile, per chi si nutre della narrazione dei “veri duri”, ammettere di aver mancato la qualificazione per scarsa lungimiranza, anzi, per paura.

BIO ILARIA MAINARDI: Nasco e risiedo a Pisa anche se, per viaggi mentali, mi sento cosmopolita.
Mi nutro da sempre di calcio, grande passione di origine paterna, e di cinema.
Ho pubblicato alcuni volumi di narrativa, anche per bambini, e saggistica. Gli ultimi lavori, in ordine di tempo, sono il romanzo distopico La gestazione degli elefanti, per Les Flaneurs Edizioni, e Milù, la gallina blu, per PubMe – Gli scrittori della porta accanto.
Un sogno (anzi due)? Vincere la Palma d’oro a Cannes per un film sceneggiato a quattro mani con Quentin Tarantino e una chiacchierata con Pep Guardiola!
14 risposte
Perfettamente condivisibile, Ilaria, la tua ricerca storicopsicoletteraria dettata dalla saggia teoria di Girard e confluente, nella fattispecie, nel peccato originale concretizzatosi in quel di Zagabria e riprodotto in una languente fotocopia in b/n(e per giunta con toner esaurito) in quel di Rotterdam. Se lo scalpo rosa shocking di uno squilibrato Hernandez ha la valenza di un killer autosuicida, la vera colpevolezza è da ricercarsi nel suo mandante che ha un nome ed un volto: Sergio Concecao!
Fatta salva la Supercoppa magicamente conquistata in una notte stellata in Arabia la squadra negli ultimi giorni del mercato invernale è stata rinforzata a suon di milioni a sua immagine e somiglianza… ed ora se fosse un vero uomo (ma pare che sia tale in quanto avrebbe già comunicato la sua piena responsabilità in questa titatinica disfatta) ed avendo sbagliato scelte e cambi nel corso del match non gli resterebbe che richiudere le valigie e rassegnare le dimissioni. Il Milan sarebbe governato da un traghettatore al fine di salvare il Salvabile!
E poi, con un overdose di salis mentis, auspicherei l’apertura di due soli scenari degni del lignaggio rossonero : o un ritorno di Stefano Pioli oppure un altro ben più storico quello di Carlo Ancelotti. Altri usati sicuri non ne intravedrei! Comunque forza Milan, sempre e ovunque!
Un caro abbraccio.
Massimo 48
Grazie mille, Massimo!
condivido ciò che dici e ho sempre considerato Pioli il parafulmine di responsabilità in minima parte sue. Una persone perbene e un buon allenatore che troppo spesso è stato trattato senza alcun rispetto.
Meravigliosa analisi, soprattutto alla luce dei troppi capri espiatori stagionali (rosso di Musah, papera di Maignan..). Ecco se in una società ci sono così tante figure limbiche, cosa significa? Che qualche male oscuro attanaglia sicuramente la stessa. Quale?
Grazie mille, Stefano! Anche in questo caso, difficile dare una risposta univoca, ma di certo, in linea con il nome di questo sito, sarebbe bene tornare alla complessità dell’analisi. Di solito, se non si semplificano cause e conseguenze, qualcosa di buon si riesce a ricavare!
Posto la mancanza di lucidita’ di Theo (cosa succede ???) le colpe del mister sono di gran lunga maggiori, alla fine del 1′ tempo la mancata sostituzione di Theo stesso e la sostituzione dell’unico terminale offensivo che abbiamo in rosa, l’unico che puo’ far salire la squadra, perché non togliere Felix ? l’evanescente Felix del secondo tempo ? A cosa serve fargli fare il falso nueve ? Sergio la disfatta, perché di tale si tratta, è soprattutto tua, e ora che fai ? Io al posto tuo (ma io non sono apposto tuo !!!l) mi ………
Eh, difficile rispondere!
Il fatto è che, quando le cose non vanno, ma le si racconta in un certo modo, si deve poi essere all’altezza di una certa narrazione. Questo vale per il mister, ma non solo perché quell’idea quasi superomistica lo precede.
Credo che non tutto sia perduto, ma, la di là di capire cosa non ha funzionato, occorre quanto prima cambiare rotta nelle parole e nei fatti (soprattutto).
Grazie per il tuo commento, Claudio! Eh, sì, una partita va letta a tutto tondo e non ci si può limitare a una visione parziale. Se questo Milan continua a essere una crema che si aggruma, nonostante gli ingredienti siano di buona qualità, occorre capire come far funzionare meglio l’amalgama.
Analisi di Ilaria perfetta, soprattutto perchè va controcorrente a dimostrazione che non è poi così difficile usare la propria intelligenza ed il proprio modo di vedere la vita anzichè accodarsi facilmente alla massa.
Detto ciò non mi voglio addentrare in commenti tecnici per i quali sinceramente, non mi sento pronto; voglio però, semplicemente, constatare (ed agli occhi di tutti) che di problemi ce ne sono molti ed ognuno ha le proprie colpe (dalla gestione societaria agli allenatori che si sono susseguiti, da uno spogliatoglio in crisi di nervi alle papere di maignan al non avere le palle un po’ di tutti fino all’espulsione di musha a zagabria) insomma i problemi sono tanti inutile nascondere la testa sotto la sabbia… spero solo che un po’ tutti facciano la loro parte e che possano presto farci di nuovo gioire nel seguire il nostro milan!
Concordo in pieno con l’analisi profonda di Ilaria. Theo, in questa fase caotica della nostra storia, è il capro espiatorio perfetto che indirizza sfoghi e contumelie del tifo rossonero verso il bersaglio più semplice da colpire. Che sia la peggiore versione del Theo che abbiamo ammirato nelle stagioni passate e’ indubbio, tuttavia non vanno omesse le gravi défaillance di chi ha costruito in estate una squadra scriteriata. Sentire, poi, Ibra dichiarare che il Milan attuale è decisamente superiore a quello di Pioli rende ancor più l’idea dello stato in cui versa il club rossonero. Quella di Pioli era una squadra con una precisa identità che dominava col gioco. Si può affermare che anche questo Milan lo sia? Infine, un pensiero sulla gestione tecnica: da Fonseca a Coincecao il Milan è migliorato?
Immensa Ilaria. Ormai leggere i tuoi articoli è diventata una opportunità per crescere le mie conoscenze letterarie e culturali in genere. Sono quindi d’accordo con la tua analisi tecnica riguardo la partita di ieri. Anch’io, fin dall’inizio ho fortemente criticato la gestione RedBird da Ibra in avanti.
Parlando della partita di ieri , a differenza tua e di molti vedo, non sono così critico rispetto alle scelte di Coincecao.
Intanto, dimostra di aver capito del grande calo di Fofana , sostituendolo con Rejinders. Poi con l’inserimento di Thiaw che è in ottimo momento di forma e bravo anche nella costruzione.
Anche i cambi, pur nella situazione complicata avevano un senso. Forse , discutibile il cambio di Jiménez e il ritardo nell’inserimento di Abraham, ma Joao Felix poteva innescare meglio Leao. Anche il cambio preventivo di Theo avrebbe significato l’inserimento di Bartezaghi
che sembra ancora acerbo per questi livelli e si è visto sul goal ( con responsabilità grosse di Pavlovic) Sinceramente, con questa rosa Coincecao non mi sembra stia facendo male, anzi. È vero che non bisogna chiudere gli occhi e dare la colpa a Theo, ma è innegabile che certi atteggiamenti sono ormai cronici e ieri hanno spostato l’esito della partita
Grazie mille, Mirko, del bellissimo commento!
Per quanto riguarda i cambi, probabilmente hai ragione tu: alla fine è una questione di equilibri e solo l’allenatore conosce la squadra da vicino.
La sostituzione di Gimenez più che altro l’ho letta negativamente dal punto di vista psicologico (perché Abraham è entrato, ma non al suo posto). Nel senso che ho pensato che il Feyenord abbia potuto pensare “vedi, toglie il centravanti perché ci temono”. A volte una partita è anche un sottile gioco di equilibri. Grazie ancora!
Cara Ilaria, grazie per le tue perle di cultura e saggezza…. Sono d’accordo con te che il capro espiatorio serve solo a nascondere un disastro collettivo/sociale. Avevo già scritto tempo fa, mettendo in conto disastri annunciati. Una stagione sbagliata per acquisti malfatti ad Agosto non può essere raddrizzata a Gennaio inserendo 3 giocatori…. Il comandante che porta barca ed equipaggio fuori rotta in agosto può vincere l’america’s cup a gennaio? forse ma non è il caso della dirigenza del Milan…Una squadra che negli ultimi anni ha alternato alti e bassi con tutti gli allenatori che si sono susseguiti… Però con Pioli alla fine le cose andavano…. Adesso il disastro è totale…..troppo comodo dire che la colpa è tutta solo di Theo…
Ringrazio tutte le persone che hanno commentato per le lettura e le belle parole! Ho letto tutte le vostre riflessioni che arricchiscono non poco il dibattito, come è giusto e auspicabile che avvenga.
Grazie davvero!
Il calcio è fatto di episodi che presi singolarmente possono sembrare casuali oppure attribuibili ad un singolo che (nel caso di eventi negativi) viene additato come capro espiatorio.. Ma la statistica insegna che in una competizione lunga come il campionato o la champions, vince chi ha costruito il collettivo più forte. Chi è più forte avrà più eventi favorevoli e meno sfavorevoli ; il contrario per chi è più debole.