Sento sempre parlare sui social di tecnica, tattica, preparazione atletica e quant’altro altro ma mai, dico mai, si parla di rapporto coi ragazzi.
Risultati, coppe vinte, ma l’aspetto umano non è mai, dico mai, citato.
In pratica i ragazzi sono arance da spremere, poi la buccia va nell’organico (spero), in attesa di fare un’altra spremuta.
Dopo 40 anni mi sono convinto che una parte fondamentale del processo di apprendimento passi per la conoscenza reale che tu riesci ad avere di ogni singolo ragazzo.
Attenzione però non mi riferisco all’amicizia, l’ allenatore non è un amico dei giocatori grandi o piccoli che siano, i ruoli vanno distinti, buon rapporto non vuole dire che si fa quello che vogliono loro.
Negli allenamenti e, meno che mai, nella partita non c’è tempo di conoscersi, io cerco di trovare spazi anche fuori dal contesto calcio e grazie alle giornate in biblioteca, alle attività coi disabili, i bisognosi, gli anziani, ho scoperto cose dei ragazzi che mai avrei immaginato e che mi aiutano a capirli meglio.
Inoltre tutto ciò gli fa capire che ci interessano come persone e che abbiamo cura a tutto tondo di loro non solo in funzione del calcio: arance si ma con la buccia edibile.
Conoscerli maggiormente vuol dire capire i loro sogni, le loro cosiddette “fragilità”, le loro paure e/o insicurezze, mi consente in sintesi di allenarli meglio perché capisco più chiaramente qual’ è il canale migliore per comunicare efficacemente con loro.
Chi ha bisogno di essere ripreso in un modo e chi in un altro, chi ha bisogno di rinforzi nell’autostima e chi ne ha fin troppa, il considerare tutti indipendentemente dai minuti giocati.
E a chi mi obietta (tanti purtroppo) che questo non è calcio, o che mi dicono se ogni tanto facciamo anche calcio, rispondo che la persona va dalla radice dei capelli alla punta dei piedi e che considerarne solo una parte non è sinonimo di grande rispetto per essa.
E questo vale anche per i cosiddetti professionisti, forse di più.
Siete degli insegnanti e la vostra prima qualità dovrebbe essere la sensibilità/intelligenza emotiva, che non credo che per essere praticata abbia bisogno dei piedi.
Buona giornata a tutti voi.

BIO: Alessandro Zauli
Classe 1965.
Allenatore UEFA A.
Collaboro con la rivista Il Nuovo Calcio dal 1993 per il quale ho scritto anche 4 libri.
Ho allenato e alleno in settori giovanili dilettantistici/professionistici dal 1985.
Lavoro anche come istruttore sportivo presso la Casa Circondariale di Ravenna e coi ragazzi della salute mentale.
Dal 2009 inoltre svolgo l’ attività di osservatore per i campionati di C e D
4 risposte
Bel pezzo Alessandro, si vede che hai le mani in pasta e la sai ben maneggiare! Non sempre gli educatori o comunque gli insegnanti della materia, qualunque essa sia nel rapportarsi con gli allievi, specie nel periodo adolescenziale, non applicano quel briciolo di vitaminico “salis mentis” dettato
dalle basilari nozioni dell’arte maieutica, quella che se ben spiegata fa crescere i nostri futuri uomini tanto nella mente
quanto nel fisico.
Buona giornata.
Massimo 48
Grazie mille Massimo
Buona giornata Alessandro Zauli
pensiero giustissimo, i ragazzi e gli adulti hanno emozioni, credenze limitanti ereditate in ambito famigliare e dialoghi interni che molto spesso minano e depotenziano le loro reali capacità, così come usare una terminologia depotenziante e frustrante durante le lezioni a scuola e gli allenamenti hanno un effetto negativo sia in termini di attività sportiva che di vita individuale nella società, che purtroppo veicola spesso messaggi sbagliati, bisognerebbe aiutare i ragazzi a essere “adulti consapevoli” come ha detto lei con le attività sociali, ma anche attraverso letture, film e opere teatrali che raccontino le “vite vissute”, una bellissima frase dice “chi non legge ha vissuto una sola vita, chi legge ha vissuto tante vite”, complimenti per l’articolo e cordiali saluti
Grazie mille Luca .
Una buona serata.
Alessandro Zauli