L’APPROCCIO DIALOGICO NEL CALCIO

Ci sono lezioni, coordinamenti tecnici, momenti di confronto e di scontro che lasciano il segno.

Ho pensato di raccogliere e condividere, gli appunti presi nel corso dei coordinamenti vissuti con Edgardo Zanoli, Domenico Gualtieri e Caterina Gozzoli, miei compagni di viaggio.

Sono letture che ogni tanto riprendo e che mi aiutano a far chiarezza su alcune questioni. Appunti sparsi, come mi piace sottolineare.

Cominciamo da qui.

Dare alle persone l’opportunità di esprimersi consente di mettere a tema idee differenti. L’incontro e la discussione di idee differenti può essere generativo di qualcosa di nuovo. Oggi, forse più di ieri, essere innovativi significa aver coraggio e prendersi delle responsabilità che, nel medio e lungo termine, possono portare vantaggi. Spesso coloro che reclamano libertà nel momento in cui sono messi nelle condizioni di usufruirne la rifuggono proprio per questa ragione.

Non mi riferisco soltanto ad ambiti professionistici, anzi, credo che ciò valga ancor di più in un contesto in cui vi siano risorse limitate. Del resto se ho poche risorse devo essere creativo, lo abbiamo già detto nell’articolo APPUNTI DI CULTURA ORGANIZZATIVA. del 21 febbraio 2023.

Partiamo dai giocatori a disposizione che possono provenire o meno dalla selezione fatta dall’area scouting del club. Il percorso/processo formativo sarà affidato agli allenatori e alle eventuali altre professionalità presenti nella società/club.

Non si tratta di porre al centro il giovane calciatore come ci capita spesso di sentire. Al centro, con il giocatore, vanno poste tutte le figure che concorrono alla determinazione del suo percorso formativo con le relative dinamiche relazionali che si sviluppano, a volte in modo positivo e, ahimè, a volte con effetti negativi.

Tutto ciò, come si può evincere, rende il nostro mondo estremamente COMPLESSO.

Guarda caso, oggi, i responsabili delle HR di molte aziende mirano a reclutare manager che sappiano so-stare nella complessità, che sappiano affrontare l’evolversi delle situazioni. I responsabili dei settori giovanili, gli allenatori e tutte le altre figure professionali sono anch’essi dei manager (prima di tutto dovrebberlo essere di se stessi) e dovrebbero avere queste competenze.

Ma come affrontare, con quale approccio dobbiamo porci in un contesto dove regna la complessità? Iniziamo a fare sintesi, rispetto alle idee di progettazione, riassumendole in tre macro approcci:

  • MECCANICISTICO…si prevede tutto cio’ che accadra’ nei prossimi anni e si pianifica il tutto. Esempio nel calcio: le programmazioni degli allenamenti secondo mesocicli e macrocicli.

Controindicazione: non si tiene conto dell’evolversi del contesto, delle persone, non si osserva e non si valutano gli eventi che possono stravolgere il tutto.

  • PROBLEM SOLVING…specializzo le persone a risolvere l’insorgere di una criticità, quel tipo di problema. Esempio nel calcio: si evidenziano in un giocatore carenze relative alla capacità condizionale della forza. Si decide di farlo allenare prevalentemente in palestra.

Controindicazione: con questa modalità si perde di vista il quadro d’insieme e non si conosce che effetto avrà l’incremento di forza sulla prestazione calcistica proprio perché si è lavorato fuori dalla realtà del gioco. Alto rischio di infortuni.

  • DIALOGICO…Significa tener presente la complessità, avere chiaro cosa sia successo prima, cosa accade nel mentre e cosa si pensa possa accadere domani. È un’osservazione continua, un continuo dialogo con la realtà, con il contesto, con e tra i protagonisti del processo. Esempio nel calcio: allenare la squadra e quindi il singolo giocatore, e sottolineo, il singolo giocatore (intervengo sul singolo nel globale), nella realtà del gioco, proponendo situazioni di gioco, senza destrutturare l’ambiente di apprendimento.

Controindicazione: agire in questa modalità significa essere in grado di perdere il controllo, lasciare che le persone e i giocatori diventino i veri protagonisti del processo di formazione. Occorre saper accompagnare il formando, occorre profonda conoscenza del gioco e del suo apprendimento.

A rendere il nostro mondo ancora più complesso è la condizione di PRECARIETÀ in cui vivono gli allenatori di settore giovanile a cui viene detto di lavorare sulla formazione ma, se perdono tre partite consecutive, rischiano l’esonero. Oppure, poichè la valutazione viene fatta solo considerando il risultato sportivo della squadra, in presenza di un contratto di durata annuale, a fine stagione il contratto non viene rinnovato. E qui subentra il tema del risultato a tutti costi per ottenere il rinnovo. In uno sport, l’unico, a memoria, in cui si può giocare per lo 0-0 e poi per un colpo di fortuna il tuo avversario vince, sappiamo benissimo quali siano le dinamiche degenerative che si innescano.

Se vogliamo pensare ad un reale e progressivo cambiamento sarà necessario coinvolgere nei percorsi di formazione, non solo tutte le professionalità ma anche le figure dirigenziali affinchè si comprenda come un approccio dialogico possa, nel medio-lungo termine, portare benefici, non solo in termini di crescita del capitale umano e strutturale ma anche in termini economico-finanziari, quelli cioè che stanno più a cuore a manager e a proprietà.

Una risposta

  1. Ovviamente l’approccio dialogico è-a mio avviso-il migliore possibile per cercare di andare incontro a quelle che sono le esigenze dei nostri calciatori; piccoli o grandi e professionisti; dilettanti o amatori che siano. E questa dovrebbe essere sempre la priorità. Mi viene sempre da pensare quando vedo colleghi che riprendono o addirittura copiano pedissequamente le “esercitazioni”(io preferisco definirle “proposte esperienziali”)altrui. Si sono chiesti se rappresentano una risposta alle loro criticità come squadra? O stanno semplicemente riproponendo qualcosa che li ha affascinati e non vedono l’ora di sperimentare sul campo? In quel caso, è assai probabile che quegli allenatori stiano allenando sé stessi ed il proprio ego, anziché cercare di andare incontro alle esigenze della loro squadra e dei calciatori che allenano. Cerchiamo di mettere al primo posto i giocatori e disegnare le sessioni “in progress”, assecondando quelle che sono le esigenze che si presentano di volta in volta ed essendo aperti a tutte le possibilità; ricordando che gli unici aspetti non negoziabili sono i princìpi di gioco ed i comportamenti basici concettuali che riteniamo giusto mettere in campo attraverso il contributo ed il filtro interpretativo dei nostri giocatori.

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