THE “OUT-SKIRT OF FOOTBALL”: LA SPAGNA DI QUEREDA

La federazione spagnola femminile nasce nel 1971 in modo non ufficiale in quanto all’epoca, a parte la federazione catalana, non c’era una nazionale né una competizione vera a propria, ma soltanto una serie di squadre sparse sul territorio senza una specifica organizzazione. Fu Maria teresa andreu, allora una giocatrice del Barcellona, a fondare il comitato nazionale di calcio femminile e girando per la Spagna a sue spese riuscì a istituire il primo campionato ufficiale e la prima Copa de la Reina.

Inizialmente, la Real Federación Española de Fútbol (RFEF) non riconobbe questa organizzazione, con il presidente Pérez-Payá che rilasciò un’intervista a Marca affermando: “Non sono contro il calcio femminile, ma non mi piace neanche. Non lo vedo molto femminile dal punto di vista estetico”.

Le legittimazione della nazionale avvenne solo nel 1980 e fu allora che ebbe inizio l’era di Ignacio Quereda.

Gli anni successivi alla creazione di questa nazionale ci raccontano una storia fatta di fondi ridotti all’osso, mancanza di allenamenti e di preparazione e continue vessazioni che lo staff rivolgeva alle calciatrici.

“Sei cicciona”, “Tutto ciò di cui hai bisogno è un uomo”, “Polacche” (rivolto alle ragazze catalane) sono solo alcune delle frasi con cui il CT denigrava le sue giocatrici. Le chiamava con l’appellativo “chavalitas” infantilizzandole e considerava l’omosessualità una malattia da estirpare.  Amava urlare contro una giocatrice davanti al gruppo, umiliarla e molto spesso a farne le spese erano proprio le ragazze più giovani.

Voleva imporsi sul gruppo squadra mantenendo una distanza con esso: non si relazionava con le sue giocatrici, alcune delle quali sottolineano come in dieci anni di nazionale non abbiamo mai avuto una conversazione con lui o banalmente un “buongiorno”.

Esercitava un controllo totale sulla squadra: ad alcune giocatrici era vietato parlare alla stampa e a chi era concesso di fare delle interviste venivano fornite delle linnee guida per “poter vendere un buon prodotto della nazionale”. Anche in caso di giorno libero programmava un’attività e se le ragazze uscivano dal centro tecnico, al rientro controllava le borse. Aveva inoltre ordinato che le porte delle camere degli hotel restassero aperte cosicché potesse entrare anche dopo la mezzanotte a controllare.

Oltre alle continue vessazioni, lo staff era completamente inadeguato: gli allenamenti si basavano su una metodologia vecchia di 25 anni e si ripetevano uguali per tutte le sedute della settimana. L’analisi tattica delle avversarie era assente, tant’è che spesso le calciatrici si riunivano di propria spontanea volontà in una camera per vedere dei video delle avversarie e decidere che modulo o strategie di gioco adottare. Le poche volte che Quereda abbozzava un’analisi della partita, posizionava 12 pedine sulla lavagna tattica al posto di 11.

Tutto questo accadeva sotto gli occhi della Federazione la quale non è mai intervenuta non perché non era a conoscenza dei fatti ma perché non aveva un minimo di interesse nella squadra femminile. Questo è rimarcato dal fatto che nessun allenatore è durato così a lungo come Quereda senza mai vincere nulla (16 anni senza qualificarsi ad un evento internazionale).

Con questa impreparazione e completa disorganizzazione la Spagna arriva a giocare il primo mondiale della sua storia in Canada, atterrando due giorni prima della partita d’esordio e senza aver mai disputato delle amichevoli di preparazione. La spedizione fu ovviamente disastrosa e a fronte di una situazione non più sostenibile le giocatrici chiesero la dimissioni del CT.

Il presidente Villar inizlamente non approvò questa richiesta, anzi la disprezzò sostenendo  “Estas son tonterías de las niñas” ma successivamente, sfruttando il clamore mediatico, le calciatrici riuscirono a fare pressione sulla federazione e Quereda venne esonerato. Questa vittoria non fu però senza vittime: per Veronica Boquete, allora capitana e capocannoniera della nazionale spagnola, fresca vincitrice di Champions league e colpevole di essersi resa portavoce del malessere della squadra si chiusero per sempre le porte della Roja.

Il 2015 segna la fine dell’era di Quereda ma fu anche l’inizio di quella di Jorge Vilda.

BIO: LAURA ZUCCHETTI

Gen Z di nascita ma vintage nei modi, parlerei per ore di sport e questioni di genere. Vivo il calcio femminile da tifosa ma con lo sguardo da psicologa sociale per riflettere sulle sue contraddizioni e opportunità figlie della realtà nella quale siamo immersi.

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