UN UOMO SOLO AL COMANDO

Correvano le prime ore di un mattino solare e primaverile attorno alla metà degli anni  60 e diversamente dal  mio solito avevo messo la sveglia mezz’ora prima perché subito dopo aver fatto colazione avrei afferrato per il manico una cartella in cuoio nero stracolma di libri (a quei tempi gli zainetti erano usati soltanto da scout o gitanti) e dopo una salutare passeggiata di un km circa avrei  raggiunto il capolinea del bus 23 che dal quartiere San Paolo attraversando praticamente tutta la capitale mi avrebbe portato a Viale Angelico nel quartiere Prati ove un elegante edificio stile liberty ospitava la sede del biennio propedeutico del mio istituto tecnico industriale e prima di entrarvi  avevo preso l’abitudine già da alcuni giorni prima (questo il motivo dell’anticipo orario di sveglia) di soffermarmi presso uno di quei vecchi chioschi di giornali dove, con la scusa dell’acquisto di un paio di bustine dell’album figurine Panini, mi intrattenevo a leggere i titoli e a volte anche gli articoli, grazie alla gentile tolleranza dell’edicolante,  soprattutto quelli riguardanti il nostro Milan.

Di certo non mi sfuggirono i pezzi scritti dalle storiche firme della Gazzetta dello Sport quali Candido Cannavò e Gianni Brera. Rammento con gioia quel giovedì successivo al 22 Maggio 1963 quando la prima pagina della rosea venne interamente dedicata al Milan vincitore sul Benfica all’Empire Stadium di Wembley della prima Coppa Campioni della sua storia con Capitan Cesare Maldini immortalato ad alzare al cielo il prestigioso trofeo ( farà la stessa cosa suo figlio Paolo esattamente 40 anni e 6 giorni dopo e più distante di 262 km andando verso Nordovest all’Old Trafford di Manchester e dopo aver sconfitto, con una memorabile ed emozionante  tenzone nella prima finale europea completamente italiana, la rivale di sempre, la Signora del calcio, la Juventus . E così il nostro Milan si fregerà anche del merito di essere stata l’unica squadra al mondo ad aver avuto padre e figlio ciascuno vincitore del più ambito trofeo calcistico europeo).

In quella iconica fotografia Capitan Cesare è ritratto attorniato da Altafini, il matador che suggellò quella vittoria con una personale doppietta nella ripresa dopo il vantaggio lusitano maturato nel primo tempo per opera di un incontenibile Eusebio, affiancato da tutti gli altri protagonisti di quella epica squadra, Rivera, Sani, Trapattoni, Mora, Pivatelli, Benitez, David, Trebbi, il portiere Ghezzi ed il Paron in panchina, il mitico Nereo Rocco.

Ma pochi mesi dopo, affascinato dai consigli di un caro amico, m’iscrissi per proseguire anch’io il medesimo percorso, all’allora tanto di moda Corso per corrispondenza Scuola Radio Elettra e costruii nel giro di poche settimane la mia prima radio a galena con una cuffietta per l’ascolto  (a quei tempi antidiluviana tipo carrista militare) e così tutte le domeniche mi dilettavo con quella ridicola radiola a seguire attentamente “Tutto il calcio minuto per minuto” il famoso programma condotto da Roberto Bortoluzzi contorniato dalle radiocronache dei vari inviati entrati nella leggenda della storia del calcio quali Ciotti, Ameri, Luzzi, Provenzali ed il simpatico Tonino Carino sempre e solennemente collegato da Ascoli a raccontarci le vicende di gioco dei bianconeri del simpatico Presidente Costantino Rozzi. 

Poco dopo iniziai a seguire  “Novantesimo minuto” con un altro giornalista passato alla storia a partire dalle note della sigla dello stesso  programma trasmesso dalla Rai tutte le domeniche alle 17.45 in punto: Paolo Valenti coadiuvato da Maurizio Barendson…cui fecero seguito le prime rudimentali moviole… e poi arrivarono  i miei esami di maturità che superai a dire il vero con una mera sufficienza dato che la mia scelta al termine delle scuole medie si indirizzò verso un percorso tecnico dettato unicamente dalla forte passione nutrita per l’approfondimento dello studio attorno alla disciplina delle onde hertziane con tutto il contorno del nuovo mondo delle telecomunicazioni che in quel periodo, data la frenetica corsa per la conquista della Luna andava espandendo con passi da gigante. 

E così quello stesso mondo proteso verso il raggiungimento di tecnicismi sempre più sofisticati quanto di necessaria utilità, mi avrebbe accompagnato per tutta la vita lavorativa, mentre mio padre avrebbe invece desiderato vedermi applicato in attività giuridico-letterarie dove a dire il vero riuscivo, sulla base delle valutazioni ottenute nelle materie letterarie, ad uscirne molto meglio che in quelle scientifiche. Ma il mio innamoramento per il mondo delle radiocomunicazioni come ripeto mi aveva fatalmente attratto e coinvolto fino al midollo tanto  che non riuscii a seguire i saggi consigli del mio papà e me ne accorgero’ soltanto un quarantennio dopo, ovvero all’inizio dei grigi anni pensionistici.   

Beh! Cosa volete farci la vita andrebbe scritta a matita (ma solo se a posteriori si avesse la gomma per cancellarne le righe scritte male!). Iniziai così a soli vent’anni a lavorare rinunciando alle pressioni di papà che mi fece comunque iscrivere all’Università nella facoltà di Economia e Commercio, ma fu praticamente un fuoco di paglia volto unicamente allo slittamento dell’allora obbligatorio servizio di leva. 

E così a cavallo tra gli anni 60 e 70 mi ritrovai da ventenne a lavorare in qualità di tecnico in un’azienda produttrice di ricetrasmittenti (con mia grande gioia) ma subito dopo riuscii ad innamorarmi dapprima della Vespa, poi della Cinquecento ed infine di mia moglie Antonietta… e pian piano tutto inutilmente parve cambiare.                     

A chiudere questo bel trittico arriverà dopo un decennio il pensionamento di papà Renato dalla sua agenzia di stampa dove operò per 33 anni in qualità di telescriventista, luogo che per numerosi weekend  della mia adolescenza amavo frequentare perché ero particolarmente attratto dall’apprendimento delle notizie e le successive costruzioni degli articoli ad esse correlate. E di tutte le news in arrivo io prediligevo andare a sbirciare su quelle sportive o meglio di calcio, Milan ovviamente in testa ma anche di ciclismo che era molto seguito sia da mio padre che dal sottoscritto. 

Gli anni passeranno in fretta, i miei genitori si ritireranno in Umbria, in un bel  paese sulle verdi colline del lago Trasimeno, dove durante le festività e nei mesi estivi si potranno finalmente godere appieno, dopo una vita di lavoro, il vitaminico affetto dei loro nipotini. 

Arrivò purtroppo e solo pochi anni dopo il suo ultimo giorno di lavoro anche l’ultimo giorno di vita quando purtroppo papà Renato ci lascerà prematuramente alla  soglia dei settantanni. Di colpo per me  si spense un faro, una luce sempre presente prima a segnalarmi, come fossero scogli, le difficoltà della vita e grazie a quel faro non ci andai mai a sbattere contro, solo qualche volta forse li avrei anche sfiorati ma, come per una sua magica ed eterea intercessione, riuscii sempre ad uscirne  indenne.

Sogno raramente, ma stamane mi sono svegliato con questo film nella mente. 

Correva la prima settimana dell’Ottobre 1960, erano da poco terminati i giochi della XVII Olimpiade svoltisi a Roma (ricorderete il celebre record sui 200 piani stabilito da Livio Berruti in barba ai velocisti americani) e papà a causa della straordinaria mole di lavoro causata da questo evento nella sua agenzia di stampa non potè andare in ferie prima e così decise di consumare i suoi 15 giorni proprio dal primo Ottobre e scegliendo come meta delle vacanze la Corsica.

Partimmo con il treno alla volta di Livorno per imbarcarci sul battello che ci avrebbe sbarcato a Bastia. Mia madre, a  causa di un recente intervento chirurgico subito da mia nonna era rimasta ad assisterla e così io e papà (quasi presagissimo un celebre film di Sordi e Verdone) eravamo soli a goderci, almeno per me, quella che fu la più bella vacanza della mia vita. Girammo in due settimane tutta l’isola a partire da Bastia dove sbarcammo e prendemmo un trenino che attraversò tutta l’isola tra monti e vedute mozzafiato sul mare per arrivare ad Ajaccio culla di Napoleone dove visitammo la sua casa natia, il museo, i monumenti e poi le fiabesche luci del crepuscolo una bella gita in barca di fronte alle Iles Sanguinaires, uno spettacolo paradisiaco! Poi papà prese in affitto un’auto, una Dauphine Renault, con la quale proseguimmo il tour di tutta l’isola, un giorno le Bocche di Bonifacio, il successivo le calanche di Piana, e ancora Calvi, l’Ile Rousse, Saint Florent per terminare di nuovo con Bastia e la traversata di ritorno verso Livorno.

Fummo fortunati, godemmo di un bel proseguimento dell’estate per tutta la nostra vacanza con tutti i suoi ricordi che porterò sempre con me, i bei pranzi alla francese, le cene a base di crostacei, perfino i bagni in mare, l’acqua era tiepida, l’acquisto dei  vari ricordini tipici dell’isola, la spedizione di cartoline ai parenti, le foto in diapositiva che ancora, se pur sbiadite, posso rivedere!… Ma il sogno di quella mia parte reale di vita s’interrompe, mi sveglio di soprassalto, sembra che mi abbiano bussato alla porta, vado, apro, non c’è nessuno…forse è un sogno per davvero!…Ho sete…vado in cucina…bevo un bicchier d’acqua e infine…torno a letto!

Come d’incanto e come in un film, terminato l’intervallo pubblicitario, riesco dopo un po’ a vedere il secondo tempo, forse sono nella fase Rem ma avverto nella mia stanza la presenza di mio padre in sella ad una bicicletta da corsa…

“Papà ma cosa ci fai in bici?!?”

“Ehhh!! Massimo…devo fare un lungo viaggio, ma vieni prima di partire beviamoci una birra!”. Mi portò alla stessa birreria di cinquantanni prima dicendomi con un Prosit ed accostando i boccali…

“Massimo ora sei un uomo e la puoi bere!…”  

“Grazie papà!” e lo abbracciai mentre lui mi strinse forte forte una spalla quasi a voler dire – non so se ne berremo ancora – e mentre si gustava la sua birra seduto su uno sgabello io di fronte a lui provai a chiedergli: “Papà, ma con tutti i pezzi che ti sono passati da trasmettere ai giornali per più di 30 anni qual è che ti è rimasto più impresso?”…

“Ehh!! figliolo!! ce ne sono diversi, dalla morte del Papa, alla guerra in Corea, e poi a Cuba, allo sbarco sulla Luna e…” 

“…ma non di cronaca papà!!… di sport dai dimmene una…”

“…beh da piccolo amavo andare in bici e la passione mi è rimasta!”.

“… ma di calcio non hai un ricordo?!?”

“Il calcio non mi ha mai appassionato quanto la bicicletta, sì sono stato simpatizzante della Fiorentina e nel 1956 fui felice quando vinse il suo primo scudetto, sai Firenze è una bella città, mi piace molto…”

“e allora dimmi un ricordo che tu serbi gelosamente per il tuo ciclismo…!”

“.. era il 1949, la tappa Cuneo Pinerolo e Mario Ferretti in una sua storica radiocronaca disse ed io battei il pezzo sulla telescrivente: “Un uomo solo al comando, la sua maglia è bianco-celeste, il suo nome è Fausto Coppi!”… quell’anno Coppi vinse il giro d’Italia battendo il suo rivale Gino Bartali secondo in classifica a un quarto d’ora, un mito! 

“Papà, papà… ma dove vai!?” Uscì dal locale e salì in sella…

“ma dai papà!!…resta qui continua a raccontare… è meraviglioso!!”

“No…Massimo! devo andare mi aspettano!”

“…ma dai resta!…almeno scrivici un memoriale con tutte le tue storie da raccontare ai nipotini…!!”.

“…mi spiace ma mi aspettano, è tardi e poi a che serve un memoriale? Io so scrivere solo dietro dettatura e quindi dovrei trovare lo scrittore e poi magari trovato lo scrittore non troveresti nemmeno un lettore! Ciao! Devo scalare questa ultima montagna e poi sarà tutta discesa! Dai!… Massimo!!… quel che è passato non conta più!.. ora c’è solo il futuro e per me di futuro…non ce n’è più!”

“Papà!.. . papà!!… aspetta…!!!”

Si alzò sui pedali girò il capo, con la mano fece un gesto di addio e scomparve dietro una curva con il passo di un campione… un vero campione.  …ma di vita!

Ti voglio bene Papà!

Tuo figlio Massimo.

Un forte abbraccio. 

BIO: MASSIMO BALDONI

Massimo 48 nasce a Roma nei primi anni del dopoguerra da mamma umbra e papà francese. Negli anni dell’adolescenza ama spesso frequentare l’agenzia di stampa ove il padre opera in qualità di telescriventista rimanendo particolarmente attratto dalla stesura  degli articoli nella redazione sportiva.

Si diploma Perito Tecnico in Telecomunicazioni e dedica tutta la sua vita lavorativa al settore radio elettronico in varie aziende. Poi, dopo i primi anni di grigia pensione, inizierà quasi per gioco a scrivere in qualità di blogger nella sezione Vivoperlei di Calciomercato.com dove oltre che di calcio si può scrivere di qualsiasi altro accadimento ad esso correlato. 

Viene insignito dal Direttore Stefano Agresti nella sede di CM a Milano con una targa risultando il miglior blogger dell’anno 2021 in quella specifica sezione.

Ora è alla ricerca di nuovi siti di scrittura, ed aver trovato l’incontro con “La complessità del calcio” con la regia di Filippo Galli è un’assoluta ed autentica vera chicca!

Buon Milan a tutti!

Massimo 48 

4 risposte

    1. Grazie Dario! Rispetto alla sua prima edizione risalente a tre anni addietro ed edita sulla ormai chiusa sezione bloggeristica di Calciomercato.com Vivoperlei, vi ho apportato alcune variazioni in maggior parte relative alla storia del grande Milan rimanendo inalterato quel sogno finale che ho voluto espressamente dedicare alla memoria di mio padre.
      Buona serata.
      Massimo 48

  1. Commovente, come sempre , Massimo! Quanti ricordi sportivi sbloccati…che non ho vissuto. L’uomo solo al comando è rimasta idiomatica in Italia. La forza delle parole dello sport. In questi giorni ai miei alunni raccontavo del Concilio Vaticano II e del famoso discorso della Luna di Giovanni XXIII (chissà se il tuo babbo ti ha fatto quella carezza). Amavo dire che al termine della prima giornata conciliare ci organizzata una fiaccolata che ricordava quella di due anni prima ,alla cerimonia di chiusura delle Olimpiadi di Roma. Ho vissuto i Pantani, i Paolo Maldini, le varie imprese dei Giochi post guerra fredda ma questi vostri racconti hanno la forza del memoriale sportivo.

    Un abbraccio

    1. Grazie Vincenzo! Ho avuto la fortuna di aver avuto un padre che ho sempre considerato come un fratello maggiore pur essendo figlio unico. Nei primi anni della mia infanzia lo vedevo pochissimo perché era quasi sempre costretto a lavorare all’agenzia di stampa nei turni di notte ma mi rifeci nel periodo adolescenziale quando con la scusa di portargli il pranzo mi dilettavo a sbirciare nelle scrivanie dei giornalisti e a capire come nascevano notizie ed articoli. Sì! Probabilmente quella carezza del Papa buono io ebbi la fortuna di viverla dal vivo grazie a papà Renato.
      Un caro abbraccio.
      Massimo 48

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