L’Inter, impegnata questa sera in terra di Baviera per l’andata dei quarti di finale di Champions League ( regione teutonica che accoglierà altresì le due migliori, o presunte tali, compagini continentali nell’atto conclusivo della più importante manifestazione internazionale), sarà chiamata ad alimentare una narrazione evenemenziale e diegetica che, a onor di parresia, appare al momento distorta e a dir poco favolistica.
Emblema ne sono le congetture successive all’ “inaspettato” pareggio conseguito sul campo del Parma nell’appena conclusosi turno di campionato:il 2-2 che ha costretto gli uomini di Simone Inzaghi a non allungare sul Napoli, frenato dal Bologna come difficoltà preliminare dell’evento poteva lasciare largamente supporre, ha evidenziato la surreale situazione dialettica volta ad individuare i nerazzurri quali “destinati” ad un “triplete” di castigliana memoria, al punto tale da far sì che le affermazioni, in sede di critica, abbiano individuato nell’allora protagonista meneghino Chivu, attuale guida tecnica dei crociati, colui che avrebbe minato le possibilità del biscione di firmare per la seconda volta nella storia l’impresa di collocare in bacheca la totalità delle manifestazioni affrontate.
Una narrazione onestamente bizzarra per alcuni motivi fondamentali e sinceramente oserei dire eclatanti: innanzitutto mancano sette gare al termine del percorso tricolore e la distanza dal Napoli è tale da lasciare sommariamente invariate, dunque alla pari, le possibilità per entrambe le contendenti di aggiudicarsi il titolo di campione nazionale (tanto più considerando l’inevitabilemente più fitto calendario cui Lautaro e compagni dovranno andare incontro); secondariamente la Champions League è appena ai quarti di finale (con un cammino tutt’altro che accostabile a quello che due stagioni or sono favorì e condusse l’Inter verso Istanbul a fronteggiare il successivamente trionfatore Manchester City, visto e considerato che la “Beneamata”, per replicare la presenza sul suolo teutonico in finale, dovrebbe eliminare prima il Bayern e poi il Barcellona) e l’andata delle semifinali in Coppa Italia ha pressoché lasciato inalterate le velleità dell’altra sponda del Naviglio di conquistare l’atto conclusivo in quel di Roma (pur con tutto l’imprevedibile scenario interpretativo da poter associare alla formazione rossonera, capace di tutto e del suo contrario).
Ma, ancor più significativamente, questa narrazione è accostata ad una formazione che ultimamente ha lasciato intravedere poco di ciò che andrebbe sottinteso nei confronti di una compagine così accreditata ad accaparrarsi tutto ciò che il globo pallonaro possa offrire: il pareggio di Parma è seguente ad una partita, quella contro l’Udinese, che similarmente avrebbe potuto lasciare in dote il medesimo finale dopo la medesima trama, con un grande Sommer a sventare la rimonta friulana in un paio di miracolose circostanze, come comunque accaduto nel corso della prima frazione in Emilia, poi vanamente evaporate nel sopraggiunto pari della ripresa.
Nel nuovo anno l’Inter ha perso la Supercoppa, avuto un andamento altalenante in termini di prestazioni e risultati in campionato, con gare acciuffate (su tutte la vittoria interna contro il Monza maramaldeggiante e fanalino di coda o quella risicata contro un ottimo Genoa) e sconfitte annoverate, patite contro Juve e Fiorentina. Insomma, un cammino che si presenta come tutto fuorché logico pregresso prodromo ad esaltazioni volte a sancire un “triplete” quasi facilmente raggiungibile.
Un ossimoro, un’esagerazione mediatica. Vero è, ovviamente, che nella sua versione migliore, a partire da stasera approfittando, tra l’altro, delle importanti defezioni di alcuni pilastri nello schieramento di Kompany, l’Inter può essere una seria candidata alla vittoria finale. Un’ultima considerazione: la valutazione è dal mio punto di vista ingigantita a prescindere. Se diamo per buono il fatto che dovremmo essere negli anni del “ciclo Inter”, qualora i nerazzurri non conquistassero il tricolore un solo titolo nazionale avrebbe contraddistinto questo “ciclo”, con addirittura una seconda squadra, il Napoli, capace invece di annoverarne due (gli stessi raccolti nell’intera storia partenopea) nel “ciclo” della sua rivale.
Pur vincendolo, differentemente, non si potrebbe parlare di dominio con due campionati su quattro tanto più acquisiti con l’investitura di candidata principe nell’intero evolversi del quadriennio. In sostanza bisogna essere cauti, razionali nel giudizio, più fedeli a ciò che il terreno di gioco sta decretando, meno velleitari oltrepassando critica e contenuti. L’Inter può firmare un’impresa ma, allo stato attuale, cotale impresa non sembra assumere i contorni di un bicchiere d’acqua da trangugiare.

BIO: ANDREA FIORE
Teoreta, assertore della speculazione del pensiero quale sublimazione qualitativa e approdo eminentemente più aulico della rivelazione dell’essenza di sé e dello scibile, oltre qualsivoglia conoscenza, competenza ed erudizione quali esclusive basi preliminari della più pura attuazione di riflessione ed indagine. Calciofilo, per trasposizione critico analitico di ogni sfaccettatura dell’universo calcistico, dall’ambito tecnico-tattico all’apparato storico, dalla valutazione individuale e collettiva ai sapori geografici e culturali di una passione unica. La bellezza suprema del calcio è anche il suo aspetto più controverso: è per antonomasia di tutti e tutti pensano di poterne disquisire.