Facile intuire l’umore del tifoso rossonero a fine maggio del 1993.
Sfinito e un pò deluso da un finale di stagione thrilling, con uno Scudetto praticamente vinto a marzo e rimesso in gioco da una serie di partite senza i due punti, con l’Inter a soffiare sul collo e con il doloroso epilogo di Monaco di Baviera. L’estate è inquietata dal tragico incidente stradale di Gianluigi Lentini, uno dei migliori della stagione 1992/1993 e dall’addio di due bandiere rossonere, Ruud Gullit e Frank Rijkaard.
“Meglio perdere cento coppe campioni che due come voi” cita un rustico striscione a San Siro. Il tifoso rossonero non può ancora sapere che la finale bavarese di Coppa dei Campioni è stata il canto del Cigno di Utrecht. Umori contrastanti sono quelli che si avvertono nella prima parte della stagione 1993/1994, positivo ma non proprio convincente, segnato dalla sconfitta di Genova contro la Sampdoria di un Ruud Gullit in gran spolvero, che esulta in faccia proprio a chi lo aveva rimpianto qualche mese prima, e da una clamorosa e inopinata eliminazione in Coppa Italia contro il Piacenza, che a fine anno retrocederà in Serie B.
Ciononostante, la squadra occupa in campionato il primo posto.
Non è il Milan spettacolare di un anno prima, ma è di una concretezza sbalorditiva: segna poco, vince le partite di misura e lascia poche chance agli avversari.
Dannatamente pratico.
È forse anche per questo che Ariedo Braida vola a Marsiglia per trattare l’acquisto di Alen Boksić, attaccante che per phisique du rôle potrebbe sostituire Marco van Basten. Ma in Provenza gioca anche Marcel Desailly, possente difensore centrale, che piace a Capello. Nello stupore generale degli addetti al lavoro, Braida vira verso il francese, che l’anno prima ha soffiato la Coppa dalle Grandi Orecchie proprio ai rossoneri.
Au revoir Alen Boksic, bienvenue Marcel!
La carriera di Desailly inizia nelle giovanili di uno dei più importanti vivai di Francia, il Nantes. É stato suo fratello ad indirizzarlo al calcio e il suo percorso non sarebbe stato lo stesso senza la sua influenza ma soprattutto senza la sua dipartita prematura. Seth Adonkor muore alla precoce età di ventitré anni a causa di un incidente stradale. A Didier Deschamps, una delle persone più vicine alla famiglia Desailly, tocca l’ingrato compito di comunicare la morte di Seth a Marcel. Un rapporto, quello con il futuro metronomo bianconero, che va anche oltre l’amicizia. L’evento tragico convince Marcel a dedicarsi corpo e anima al calcio. Con i Canarini dell’Atlantico esordisce nel 1986, gioca 162 partite e segna 5 gol.
A Marsiglia Tapie, definito il Berlusconi di Francia, sta costruendo una squadra fortissima e crede che Desailly possa essere uno dei tasselli attorno al quale Raymond Goethals possa provare l’assalto al forte europeo, che l’OM ha sfiorato nel 1991. La squadra viene da quattro titoli di Francia consecutivi ed è ora di mettere le mani sul trofeo.
È il 26 maggio 1993 quando a Monaco di Baviera Milan e l’Olympique Marsiglia si incrociano in finale, da freschi campioni dei rispettivi tornei nazionali. I rossoneri hanno raggiunto la finale con lo spaventoso ruolino di marcia di dieci vittorie in altrettante partite e con una sola rete subita, quella di Romario ad Eindhoven.
Ma il calcio è burlesco e beffardo.
La beffa ha le fattezze di Basile Boly che su un calcio d’angolo (inesistente) insacca di testa.
La Coppa va in Francia sorprendentemente e i tifosi vanno in delirio, e non solo loro.
«Urlavamo, cantavamo, eravamo esausti, eravamo così felici…[…] Per quanto riguarda gli insegnamenti di questa vittoria, ricordo due parole: rigore e realismo» dirà poi il possente difensore a France Football. L’OM e lui si trovavano in una nuova dimensione, mai vissuta dal calcio d’Oltralpe.
Ed è qui che la nostra narrazione si ricongiunge all’inizio in medias res.
L’esordio del francese con la maglia rossonera è in Milan-Napoli 2-1 del 21 novembre 1993. La squadra è in crescita ed inizia a diventare un fortino inespugnabile la cui aggiunta della Diga Umana a centrocampo rende ardua l’impresa alle compagini che iniziano a capire che il Milan è una squadra perfetta, soprattutto dal punto di vista difensivo. Qualcuno mugugna, lo stesso Berlusconi scuote il naso nell’apprendere l’acquisto del francese. Riciclato come centrocampista dimostra il suo eclettismo decidendo la partita di Reggio Emilia dove l’altro francese, Papin, si fa espellere. Il Milan vola, lo fa anche in Champions League dove raggiunge la semifinale a gara unica vinta a San Siro contro il Monaco, che in coppa sostituisce il Marseille squalificato per il caso Valenciennes – OM. Dalle parti di Marsiglia la nuova dimensione è durata davvero poco. Desailly e il Milan arrivano a giocare la finale contro il Barcellona di Johan Cruijff. Capello imbriglia i Cules che vengono travolti per 4-0. Desailly, che è anche autore della quarta rete, è il primo calciatore della storia della Champions League a vincere due volte consecutive il trofeo con due maglie differenti. A fine partita non manca una frecciatina al tecnico olandese che tanto credeva di maramaldeggiare con il Milan alla vigilia del match: «Il Milan, a differenza di qualcun altro, ha parlato poco e poi ha fatto molto. Cioè una grande partita.»
La notte di Atene consegna il Milan e Desailly alla storia.
È il 1995.
Una copertina di France Football dal titolo “Milan defend sa coupe” (Il Milan difende la sua coppa) immortala il giocatore transalpino con la Coppa in mano all vigilia della finale di Vienna.
Non è stata una stagione facile per il Milan e per Desailly, la cui assenza per infortunio si fa sentire, con la squadra che in campionato finisce quarto, garantendosi un posto UEFA.
Al Prater l’Ajax batte i rossoneri e torna sul tetto d’Europa dopo ventidue anni. In quella stagione Desailly realizza una sola rete, alla Fiorentina nel 2-0 di San Siro.
Arrivano anche delle vittorie importanti, le due Supercoppe.
La dirigenza rossonera è intenzionata a tornare ai massimi livelli nella stagione successiva e investe lautamente durante l’estate. La squadra gira attorno ai punti fermi della difesa e del centrocampo formato da Albertini e Desailly. Inizio a spron battuto in campionato dove Marcel realizza la rete all’Atalanta alla quarta giornata. Il Milan è più forte delle avversarie, ma inciampa nelle coppe: fuori dal Bologna in Coppa Italia e clamorosa eliminazione contro il Bordeaux. Il quindicesimo scudetto è anche merito di Desailly, messo in mezzo a recuperare palloni con la sua forza fisica e il suo senso tattico. Al gol all’Atalanta va aggiunta la rete al Piacenza della ventottesima giornata.
Le ultime due stagioni in rossonero sono segnate da delusioni e prestazioni al di sotto delle aspettative. Realizza un solo gol nella stagione 1996/1997, ancora alla Fiorentina.
Lascia Milano per Londra, sponda Chelsea.
Non è ancora la squadra con le risorse economiche di Roman Abramović ma è un gruppo forte. Nella prima stagione Desailly e il Chelsea arrivano terzi in Premier a soli quattro punti dal Manchester United del treble e conquistano la Supercoppa Europea battendo il Real Madrid a Montecarlo.
Nel 2000 vince la FA Cup e la Community Shield. L’ultima stagione con i Blues coincide con l’arrivo di Abramović che lascia in panchina Claudio Ranieri. La Diga Umana gioca nella storica sfida di Anfield Road, vinta dal Chelsea per 2 a 1. La stagione finisce senza successi da parte dei Blues che tuttavia raggiungono la semifinale di Champions League, persa contro il sorprendente Monaco.
A fine stagione Desailly decide di andare in Qatar dove veste la maglia dell’Al- Gharafa e del Qatar FC.
Eccezionale il palmarès con la Francia.
Esordisce a Stoccolma contro la Svezia il 22 agosto 1993 e segna la sua prima rete in Francia- Azerbaigian (10-0). Con i Blues disputa e vince il Mondiale di casa del 1998. La sua Francia è stata per gli Azzurri una bestia nera e così, due anni dopo l’eliminazione di Saint-Denis, i Galletti battonol’Italia nella finale di Rotterdam di Euro 2000. Per Desailly e compagni è la storica accoppiata Mondiale-Europeo. Partecipa alla spedizione disastrosa dei francesi in Giappone e Corea e ad Euro 2004, dove gioca la sua ultima partita in nazionale, contro la Croazia.
Con la Francia ha collezionato 116 presenze e realizzato 3 reti.
Con il Milan ha vinto due Scudetti (1993/1994; 1995/1996); 1 Supercoppa Italiana (1994); una Champions League (1994); 1 Supercoppa Europea (1994).

BIO: VINCENZO PASTORE
Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.
Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.
Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”
Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.