“IL POETA CHE SCELSE MANCHESTER” – L’ADDIO DI KEVIN DE BRUYNE AI CITIZENS

FOTO DI COPERTINA DA GAZZETTA.IT

Ci sono storie che sembrano scritte dalle stelle, altre che invece si costruiscono un passo alla volta, in silenzio, fino a diventare leggenda. La storia tra Kevin De Bruyne e il Manchester City è un po’ entrambe le cose. Una favola moderna che comincia in sordina e si chiude con il fragore di un addio che sa di poesia, di memoria, di lacrime trattenute a fatica. Perchè quando un simbolo lascia la sua casa, non si tratta solo di una squadra che perde un giocatore: è un’intera epoca che si chiude.

Gli inizi: da Wolfsburg a Manchester, passando per qualche scetticismo

Era l’estate del 2015. Il Manchester City, già in rampa di lancio per diventare una delle superpotenze europee, decide di puntare forte su un ragazzo belga dai capelli color del grano, reduce da una stagione straripante in Bundesliga. Kevin De Bruyne, all’epoca 24enne, arriva da Wolfsburg con il peso di un passato al Chelsea che sembrava non averlo mai davvero capito. Josè Mourinho lo aveva definito troppo acerbo, troppo discontinuo. Ma in Germania aveva risposto sul campo: gol, assist, visione di gioco, leadership silenziosa.

Quando arrivò a Manchester per 76 milioni di euro, qualcuno storceva il naso. “È sopravvalutato”, dicevano. “Un altro flop della Premier che torna per sbaglio”. Ma il tempo, come spesso accade, sarebbe stato il miglior giudice.

L’arte in movimento: l’impronta di un artista in una squadra in divenire

De Bruyne non è mai stato un numero 10 canonico. Non un fantasista classico, non un trequartista statico. Era – ed è- una tela in movimento, un pittore che dipinge calcio con pennellate precise, geometriche, poetiche. Quando la palla passava tra i suoi piedi, il tempo sembrava rallentare. Gli occhi di Kevin vedevano traiettorie che gli altri nemmeno immaginavano. Un filtrante, un cross tagliato, un passaggio dietro la linea difensiva: tutto era sempre un gesto d’arte.

Sotto la guida di Pep Guardiola, De Bruyne ha trovato la sua massima espressione. Il catalano gli ha cucito addosso un sistema che ne esaltasse il talento, la lucidità tattica, la capacità di muoversi tra le linee e di dettare i tempi di gioco. In un Manchester City sempre più dominante, fatto di geometrie e sincronie, Kevin era l’anima invisibile che gli dava ritmo al cuore della squadra.

Numeri e record, ma anche emozioni

Negli anni, De Bruyne è diventato tutto per il City: cervello, braccio, cuore. 106 gol e più di 170 assist in oltre 400 presenze (dati aggiornati al momento dell’annuncio del suo addio). Ma ridurre il suo impatto ai numeri sarebbe riduttivo, quasi offensivo. Kevin è stato l’uomo delle notti europee, dei derby decisi con eleganza, dei titoli vinti senza mai fare rumore.

Ha alzato trofei su trofei; 6 Premier League, 2 FA Cup, 5 Carabao Cup, 3 Community Shield, 1 Supercoppa UEFA, 1 Mondiale per club e una Champions League finalmente conquistata a Istanbul nel 2023, come coronamento di un cammino che lo aveva visto protagonista anche nelle sconfitte più amare. Perchè De Bruyne ha vissuto tutto con il City: le glorie e le delusioni, i trionfi e le lacrime, come quella volta a Porto nel 2021, quando dovette uscire dal campo in finale per un colpo al volto. Quel giorno pianse, e con lui piansero i tifosi. Perchè in quel volto tumefatto c’era tutta la sua dedizione.

Un leader silenzioso

Kevin non ha mai cercato i riflettori. Non un urlatore, non un capitano per bandiera, ma per esempio. Parlava col pallone, e con quello diceva tutto. Era il primo a sacrificarsi, a correre all’indietro, a prendersi responsabilità nei momenti difficili. Non ha mai avuto bisogno di proclami per farsi amare. Il suo amore per il City lo si leggeva negli occhi, nei dettagli, nei gesti ripetuti ogni match.

Manchester è diventata la sua casa, e lui il figlio prediletto. Ha cresciuto i suoi figli lì, ha costruito una vita, ha vissuto momenti irripetibili. In una città spesso grigia, De Bruyne è stato luce.

L’addio: un vuoto che nessuno potrà colmare

E poi arriva la notizia che nessuno vorrebbe leggere. “Kevin De Bruyne lascerà il Manchester City a fine stagione”. Un comunicato asciutto, come lo è sempre stato lui. Nessun clamore, solo fatti. Ma le emozioni si scatenano subito, come un fiume in piena. Perchè un calciatore così non si sostituisce, non si dimentica. Si custodisce.

C’è qualcosa di profondamente romantico in questo addio. Perchè Kevin se ne va da leggenda, si, ma anche da uomo. Non aspetta il declino. Non attende che il tempo lo renda meno indispensabile. Se ne va con eleganza, con la stessa classe con cui ha giocato ogni pallone. Lascia in eredità non solo trofei, ma un modo di intendere il calcio.

Forse volerà in Arabia Saudita, o magari tornerà in Belgio per chiudere il cerchio. Ma dovunque andrà, Kevin De Bruyne resterà per sempre un pezzo del Manchester City. Il suo nome sarà sussurrato nei pub, nei ricordi, nei racconti ai bambini. “Io l’ho visto giocare, De Bruyne. Era magia pura”.

Il futuro del City senza il suo faro

Per Guardiola, se resterà, sarà un’assenza difficilmente colmabile. Per i tifosi, sarà un vuoto nel cuore. Ci saranno altri campioni, certo. Il calcio non si ferma, si rinnova, si reinventa. Ma l’impronta di De Bruyne sarà eterna. Ogni volta che un centrocampista del City proverà a mettere un filtrante da 30 metri, lo confronteranno con lui. Ogni giovane talento che proverà a illuminare l’Etihad sarà giudicato col metro di Kevin.

Perchè De Bruyne ha riscritto il modo di vedere il ruolo del centrocampista offensivo. Non solo un creatore, ma un equilibratore. Non solo un assistman, ma un regista avanzato. Non solo un talento, ma una leggenda.

Una lettera d’amore per il calcio

In un’epoca in cui spesso il calcio sembra svuotato di poesia, De Bruyne ha rappresentato un ritorno all’essenza. Ha giocato per la bellezza del gesto, per la precisione dell’idea, per il gusto di rendere semplice ciò che è complesso. Non ha mai inseguito il clamore dei social, non ha mai forzato un personaggio. È rimasto se stesso, con quella timidezza genuina, con quella compostezza che lo rendeva unico.

Il suo addio è un saluto malinconico a un’epoca d’oro. Ma anche un invito a ricordare. A non dimenticare che il calcio è arte, emozione, identità. E Kevin De Bruyne, per dieci lunghi anni, è stato questo e molto di più.

BIO: Moreno Tolin è un appassionato di calcio a 360°, con uno sguardo che va oltre i confini nazionali per esplorare ogni aspetto di questo sport. Dalla tattica alla cultura calcistica, dai campionati più seguiti alle realtà meno conosciute, segue con interesse il gioco in tutte le sue sfaccettature, analizzandone l’evoluzione e le peculiarità.

Attraverso i suoi articoli su La Complessità del Calcio, Moreno racconterà il calcio nella sua interezza, offrendo spunti di riflessione su modelli di gioco, filosofie tattiche e scenari internazionali, con l’obiettivo di far emergere la bellezza e la profondità di questo sport.

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