“Tutti gli allenatori parlano di movimento, di correre tanto. Io dico che non è necessario correre così tanto. Il calcio si gioca con il cervello. Bisogna essere al posto giusto, al momento giusto, né troppo presto né troppo tardi.”
(Johann Cruijff)

Con il termine NEUROPLASTICITÀ ci si riferisce al cambiamento che si verifica nel cervello come conseguenza di un’esperienza.
In passato i ricercatori pensavano che le diverse aree del cervello umano fossero predefinite e immutabili e che la produzione di neuroni cessasse dopo l’età dello sviluppo, ad eccezione delle strutture dedicate alla memoria, le quali continuano a produrre neuroni anche da adulti.
Questa convinzione faceva del cervello un organismo che, una volta raggiunto il suo pieno sviluppo, diveniva statico e incapace di crescere ulteriormente ed era destinato ad un graduale e inesorabile declino.
La neurobiologia ha portato alla nostra attenzione una proprietà emergente del sistema complesso costituito dal cervello e da sistema nervoso: la neuro plasticità. Le reti neurali apprendono dall’esperienza che produce un lento cambiamento della loro configurazione attraverso collegamenti sinaptici della loro architettura diversa da persona a persona.
LA COGNIZIONE INCARNATA?
SONO PERCORSI “FACILITATI”
Sappiamo che due neuroni, per comunicare, si scambiano sostanze chimiche che li inducono a generare particolari impulsi elettrici. Immaginate di ripetere questo processo milioni, miliardi di volte e avrete descritto, pur se in maniera semplificata il processo di consolidamento dell’esperienza (visiva, acustica…) all’interno di un circuito neuronale del cervello umano.
Ma questo che relazione ha con i processi di apprendimento, memorizzazione e ricordo?
Vediamo un caso semplice.
Immaginiamo per esempio di compiere un’azione mai fatta prima che raggiunge uno scopo efficace e che ci ha arrecato una piacevolissima sensazione.
Questo tipo di informazione viaggerà fino alla parte della corteccia cerebrale organizzata per immagazzinare il ricordo. Nel fare ciò, il messaggio attraverserà un numero enorme di sinapsi creando l’equivalente di un “sentiero” neuronale. Al ripetersi dell’esperienza, l’informazione viaggerà nuovamente lungo lo stesso percorso rinforzandolo ancora di più, proprio come il passaggio di molte persone in un bosco crea un autentico sentiero.
La fenomenologia e la teoria dell’enazione ci spiegano le vere ragioni per cui ci si comporta, si impara, si sente proprio in un certo modo, suffragate da oltre 30 anni di evidenze scientifiche.
Infatti la neurobiologia ha dimostrato che stimoli provenienti da diversi canali sensoriali, se positivi, ripetuti e scanditi nel tempo, possono contribuire favorevolmente a configurazioni sinaptiche facilitanti il cambiamento dei comportamenti, condividendo alcuni pilastri di base sia con l’Enattivismo che con la Fenomenologia.
Le quattro E dell’Enattivismo
Embodied = il cervello è nel corpo;
Enacted = siamo potenzialità d’azioni;
Extended = siamo oltre il corpo, nel raggio extracorporeo dell’essere;
Embedded = siamo parte dell’ambiente, spazio di percezione e azione.
Le quattro I della Fenomenologia
Intenzionalità; Interazione; Identità; Integrità.
Nel calcio la prestazione sembra dipendere da come riusciamo a organizzare queste 4 I.
Dobbiamo infatti mostrare intenzionalità per raggiungere i risultati che vogliamo nella formazione, in ogni esperienza situata di apprendimento, in ogni circostanza del gioco. Il calcio è come la nostra vita, non ci sono azioni. È un’illusione parlare di azioni. Dobbiamo sempre parlare di interazioni. La comprensione sta nell’interazione.
Quando c’è un problema in una coppia, di solito ci concentriamo sulle persone, sui loro genitori, ecc. per cercare di capire. Manca però un terzo elemento che è la relazione. Individualmente le persone sono equilibrate, ma quando stanno insieme non sono compatibili.
L’identità è l’impronta digitale, la matrice, l’insieme di valori e caratteristiche che vogliamo implementare. Non imitare, ma sii te stesso. Essere quello che vogliamo essere, giocare come vogliamo giocare. Creare una cultura che faccia la differenza, in meglio.
L’integrità è legata alla coerenza che seguiamo per mantenere la nostra identità, la nostra autenticità, che implica agire eticamente per adottare comportamenti e atteggiamenti che riteniamo giusti e corretti.
Non parlo solo di una dimensione etica legata ai valori della probità e della solidarietà sociale, ma anche dell’impegno per il lavoro necessario e opportuno per realizzare la trasformazione delle persone e delle istituzioni, nonché dell’impegno serio e coerente nei progetti che portano al cambiamento che vogliamo realizzare. La grande sfida per un allenatore è dover scegliere tra una moltitudine di teorie sul comportamento umano e sull’apprendimento la più pertinente alla complessa realtà del gioco.
Questa scelta non può più essere slegata da ciò che le evidenze scientifiche hanno oramai conclamato.
LE EVIDENZE SCIENTIFICHE
Molto è stato scritto sul sistema specchio e quindi non mi dilungo molto.
Prendo in esame il fondamentale ruolo che svolgono nelle situazioni incerte.
La funzione predittiva dei neuroni specchio è fondamentale nel gioco del calcio, basti pensare ad esempio ad un difensore che è capace di leggere il contesto che si crea fra lui, l’avversario ed il proprio posizionamento. Egli infatti riesce ad intervenire in anticipo, avendo avuto la capacità di immaginare preventivamente la traiettoria della palla. Il sistema specchio si attiva solamente di fronte ad un’azione finalizzata e quindi con proposte specifiche e non davanti ad azioni generiche.
Il ricreare il medesimo contesto spaziale e le stesse problematiche tecnico-tattiche riscontrabili in partita, è la chiave per permettere l’attivazione di neuroni. I neuroni specchio si attivano non soltanto nell’osservare azioni transitive rivolte ad oggetti o persone, ma anche attraverso azioni intransitive (ovvero azioni mimate).
L’ allenatore deve quindi sollecitare, attraverso la creazione di ambienti situati nella realtà, il giocatore non solo a scegliere azioni che comportino un rapporto diretto con la palla o con una persona, ma anche azioni “probabili”, in cui il giocatore deve immedesimarsi in situazioni di gioco potenziali. Il sistema specchio configura dunque l’intera azione e permette di riconoscere l’intenzione, ricorrendo alle esperienze dovute al proprio apprendimento contestuale.
Nell’allenamento di questo tipo di neuroni, di fondamentale importanza è lo spazio reale dove si svolgono le azioni. Solo il contesto reale è in grado di promuovere nei giocatori la capacità di ipotizzare anche giocate alternative, non prevedibili dagli avversari, oltre a riuscire a sviluppare un’esperienza pratica adeguata al giocatore stesso.
L’essere consapevoli dell’esistenza e del funzionamento di questi neuroni rende i calciatori più pronti, e se opportunamente preparati, a migliorare la loro prestazione in campo. Esperienze variegate, aperte, permettono al giocatore di aumentare il livello di attenzione, di concentrazione e di capacità di reazione.
Tutto ciò inoltre, consente di creare maggiori opportunità di gioco, ma anche di prevedere le intenzioni dell’avversario e di conseguenza rispondervi prontamente. Così come di sorprendere l’avversario e di eludere la sua capacità di lettura anticipata dell’azione.
RIASSUNTO
Approfondire chi siamo, attraverso la comprensione di come conosciamo, come pensiamo e come agiamo, e di come tutti questi aspetti non siano separati e disincarnati ma profondamente intrecciati nel nostro corpo, “incarnati” in ognuno di noi, e che tutto questo può avvenire solo attraverso la relazione con altri esseri umani e con tutto il sistema vivente, è una necessità divenuta oggi ancora più urgente.
Centralità della relazione, centralità del corpo, singolarità della persona ( dinamica, evolutiva, trasformativa) hanno determinato un profondo cambiamento nel modo di allenare. È dimostrato che i cervello umano non funziona per istruzioni, ma per selezione, riconoscimento e ricerca del significato. E ciò non fa altro che avvalorare ciò che già alcuni studiosi avevano intuito.
Ne elenco solo alcuni:
Lo scopo d’ogni allenamento calcistico deve essere il miglioramento delle capacità d’agire del calciatore (Bisanz-Gerisch, 1990). Quest’affermazione serve a ridimensionare l’importanza dei fattori di condizione per evitare una loro sopravvalutazione e sottovalutazione eccessiva nell’allenamento.
In un mirato allenamento calcistico si cercherà di favorire la velocità d’azione che si orienti alla pratica del gioco integrando tutti i fattori di prestazione a livello psicofisico, tecnico e sociale.
Le seguenti citazioni dimostrano che una teoria specifica dell’allenamento calcistico si deve basare sulle esigenze della gara e che l’allenamento deve assimilarsi alla logica del gioco.
“Il migliore maestro per l’allenamento è la gara”. (Cramer, 1987).
“Dalla gara capiamo che cosa dobbiamo allenare”. ( Krauspe-Rauhut-Teschner, 1990).
“Se la gara è il miglior allenamento è anche vero che un buon allenamento deve per forza avere il carattere di una gara”. (Northpoth, 1988).
“Il segreto del calcio sta sempre nell’allenamento alla gara” (Beenhakker, 1990).
“L’ obiettivo centrale di ogni allenamento calcistico deve essere il miglioramento della capacità di agire del giocatore”. (Bisanz-Gerisch, 1990).
Da queste citazioni risulta che l’allenamento calcistico non è perciò fine a se stesso ma segue l’obiettivo di “migliorare la capacità di giocare e di ottimizzare la capacità d’agire”.
Ma colui che aveva già capito tutto è stato Le Boulch.

JEAN LE BOULCH
Infatti, egli affermò:
“Studiare il movimento come modo di espressione della condotta globale del soggetto e di impiegare i valori che si ispirano alla corrente fenomenologica, all’azione e all’esperienza vissuta. Una scienza di esperienza, dunque, che dà significato allo sviluppo funzionale in stretta connessione con attività agite per mezzo del movimento, all’aspetto relazionale e all’evoluzione psico-affettiva”
L’individuo, secondo Le Boulch, ha sempre un fine da raggiungere ed ottiene diverse risposte a seconda della propria intenzionalità.
Percezioni e movimenti trovano significato nell’intenzionalità rappresentata dal carattere espressivo del movimento, quell’intenzionalità che traduce ciò che il soggetto sente dentro di sè, e il movimento prassico in rapporto all’efficacia è visto come strumento dell’azione nel reale.
Quindi, intenzionalità legata all’affettività, all’estetica, al movimento, parafrasata dalla condotta, osservata con un lavoro sistemico sulle funzioni e sulle funzionalità. (dr. Guido Pesci, Direttore Scientifico “Scuola Jean Le Boulch” didatta formatore riconosciuto con atto olografo dal prof. dr. Jean Le Boulch.)
DI SEGUITO LA BIBLIOGRAFIA UTILIZZATA DALL’AUTORE



