GIUSSY FARINA, LA VOLPE CHE MANGIÒ L’UVA

Fu un precursore, un visionario: per primo capì come – in Italia – fare il presidente di un club di calcio possa essere un mestiere e non una vocazione da tifoso. 

Giussy Farina da Gambellara, patria del vino (famosissimo il “Recioto”) nell’entroterra vicentino, origini contadine infatti, divenne presidente del Lanerossi nel 1968 portandolo ai vertici del calcio nazionale (storico il 2° posto del 1978), rinverdendo talenti al tramonto come Cinesinho e Sormani, scoprendo Paolo Rossi con un fiuto da segugio. Oltre che di agricoltura e di caccia, sapeva di calcio come pochi, appunto capace di scovare campioni in erba o rinvigorire talenti in declino. 

Durante la sua presidenza a Vicenza divenne proprietario anche di società satelliti come Audace, Rovigo, Belluno, Valdagno, Legnago, Schio, ma soprattutto del Padova. Un collezionista di club. 

Laureato in giurisprudenza, studiò bene il modo di gestire un portafoglio così ampio, così che gli oneri fossero tutti dei sodalizi mentre stipendio e onori destinati a sé stesso. Pratica poi diffusasi con Spinelli, Gaucci, Zamparini, Cellino, gli stessi Lotito (Lazio e Salernitana) e De Laurentiis (Napoli e Bari). Non ragioni di passione, ma di opportunità come quella che nel 1982 lo portò a comprare il Milan da Felice Colombo, a pochi mesi dalla seconda rovinosa retrocessione in serie B. Retrocessione che a Farina non dispiacque affatto: gli consentì di rimodellare la rosa e impostare il calciomercato, tarandoli per una categoria che conosceva alla perfezione. Difatti il purgatorio durò un anno solo, con Ilario Castagner in panchina, esonerato nella stagione successiva in A quando Farina seppe che stava trattando il suo passaggio all’Inter. 

Ho letto tra i necrologi dei media a lui dedicati, l’aggettivo “istrionico”. Chi lo ha scritto non ne conosce il significato o la persona: Giussy Farina era l’esatto contrario, né teatrale né a caccia di attenzioni. Voleva anzi, e sapeva, mimetizzarsi nel fitto bosco del pallone sbucando all’improvviso con inattesi colpi di scena. Cacciatore, appunto. Scaltro, capace di empatia con i giornalisti che inondava di aneddoti, mente fina per un imprenditorialità spicciola, cavalcava disinvoltamente la legge finanziaria coniugando la sua laurea alla pratica. 

Nel periodo della proprietà milanista di Farina, entrai in grande confidenza con il vicepresidente Gianni Nardi, capitano d’industria delle cucine. Lavoravo a “SuperGol” e gli promisi una cena con il mio direttore Maurizio Mosca, come mi aveva chiesto. Ci andammo una sera, alla Kambusa in fondo a viale Fulvio Testi, alle porte di Sesto San Giovanni. Alla fine di quel convivio, Nardi ci disse: “Farina un giorno sparirà all’improvviso e non ne sapremo più niente”. 

Fu esattamente così che si concluse la sua presidenza milanista: scomparve, diviso tra la Spagna e il Sudafrica (ricordo negli anni successivi una sola intervista, rilasciata a Silvio Garioni del Corsera, il quale lo aveva trovato dopo giorni e giorni di viaggi e ricerche). A Nardi, milanista sfegatato, toccò il compito di salvare la società dal fallimento e condurre le trattative per cederla a Silvio Berlusconi.

Farina, pace all’anima sua, fu un rarissimo esempio di volpe che di fronte al grappolo d’uva troppo in alto, non si arrendeva balzando agilmente e riuscendo ad afferrarlo, per poi gustarselo.  

Una breve, rocambolesca epoca che pure qualche tifoso, di fronte alla pochezza di oggi, arriva a rimpiangere. Al Milan, Farina riportò Liedholm in panchina e acquistò tra gli altri Virdis, Di Bartolomei, Wilkins, Hateley, lo stesso Paolo Rossi a fine carriera. Identico, azzerato senso di appartenenza, ma assai più conoscenza del calcio rispetto ai giorni nostri rossoneri. In entrambi i casi, comunque, fili dell’alta tensione: chi tocca muore. 

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

Una risposta

  1. Tutto vero onore all amore Milan vero profondo intenso,di Gianni Nardi,vice presidente a vita anche con Berlusconi ,cui ha ceduto azioni Milan con orgoglio appartenenza colori rossoneri.un grande uomo Nardi ..peccato,meritava fare il Presidente del Milan

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *