IL BARCELLONA DI HANSI FLICK

Certe squadre non si limitano a vincere: creano un’estetica, una grammatica del gioco, un’identità riconoscibile a occhi chiusi. Il Barcellona è una di queste. E quando, nell’estate del 2024, Joan Laporta ha deciso di voltare pagina dopo l’addio di Xavi, scommettendo su Hansi Flick, la scelta sembrava tutt’altro che scontata. Un tedesco al timone del club che ha inventato il tiki-taka? Eppure, a distanza di mesi, i numeri e soprattutto il gioco parlano chiaro: il Barça è tornato a somigliare a sé stesso, ma con un’anima nuova.

Fusione tra intelletto catalano e precisione tedesca

Flick ha avuto il merito di non snaturare il DNA azulgrana. Il possesso palla resta sacro, così come la costruzione dal basso, la densità intorno alla sfera e la padronanza degli spazi. Ma in questa stagione il Barcellona è diventato anche più verticale, più diretto, più moderno. «Vogliamo essere attivi con e senza palla, saper cambiare ritmo e aggredire quando serve», ha detto Flick in conferenza stampa dopo la vittoria della 32ª Copa del Rey contro il Real Madrid dello scorso sabato. Un successo arrivato non solo per superiorità tecnica, ma per tenuta mentale, organizzazione e capacità di soffrire: ingredienti che prima mancavano.

Modulo e dinamiche tattiche

Il modulo di partenza è un 1-4-2-3-1, ma la fluidità posizionale è una delle chiavi di lettura della squadra. In fase di possesso, il Barça si trasforma in un 1-2-4-1-3: i centrali Inigo Martínez e Cubarsí restano bassi, mentre i terzini Baldé e Koundé si alzano sulla linea dei mediani, De Jong o Gavi, e Pedri, formando un quadrilatero centrale di costruzione. Più avanti, generalmente Fermin López funge da collante tra linee, con Yamal, Raphinha e Lewandowski (o Ferran Torres) che occupano gli spazi offensivi, spesso accentrandosi per liberare le corsie.

In fase di non possesso, invece, il Barcellona passa a un 1-4-4-2 compatto: Yamal e Raphinha rientrano a centrocampo, Lewandowski affianca il trequartista nella prima linea di pressione e i reparti si accorciano con rigore tedesco. Questa elasticità permette alla squadra di adattarsi a qualsiasi scenario tattico, pur mantenendo sempre un’impronta riconoscibile.

Il database della Masia

Quello che stupisce di più, però, è la naturalezza con cui i giovani sembrano integrarsi perfettamente nel sistema. Lamine Yamal, classe 2007, è già una stella: 14 gol e 20 assist. Cubarsí è un difensore centrale che gioca come se fosse alla sua centesima presenza. E Gerard Martín, terzino sinistro, salito dalla cantera per sostituire Baldé, si è preso la fascia senza tremare.

Tutti questi ragazzi sembrano dotati di un “database calcistico”, una consapevolezza tattica che è frutto della Masia ma che Flick aggiorna ogni giorno sul campo. «Loro sanno sempre cosa fare e quando farlo. Questo è ciò che rende il Barcellona una squadra diversa», ha dichiarato il tecnico.

Pedri: l’onniscienza al potere

Poi c’è Pedri, e qui le definizioni si fanno difficili. È regista, incursore, mediano e trequartista allo stesso tempo. Non ha bisogno di gesti spettacolari perché fa tutto in modo, divinamente, semplice. Con lui in campo, il Barça ha sempre una via d’uscita, un’alternativa. La sua intelligenza calcistica è il vero motore del sistema Flick: quando è in forma, la squadra gira a una marcia superiore.

Real e Inter: due test per misurare l’ambizione

Il test più significativo è stato il Clásico di Copa del Rey, vinto 3-2 al termine di una sfida ad alta intensità. Flick ha sorpreso tutti puntando su Ferran Torres al posto di Lewandowski: meno centravanti, più mobilità. Il risultato? Una maggiore imprevedibilità tra le linee, con Dani Olmo, Yamal e Raphinha che si sono mossi continuamente per disorientare la retroguardia madrilena. Nella ripresa, con la stanchezza e le distanze allungate, il Real ha quasi ribaltato il copione. Segnale che qualcosa ancora va registrato.

Ora il calendario propone un altro esame di maturità: la semifinale di Champions League contro l’Inter di Simone Inzaghi. I nerazzurri, maestri nell’adattarsi agli avversari, cercheranno di sfruttare ogni centimetro lasciato libero. Ma se il Barça saprà mantenere il baricentro alto e non cedere campo alle ripartenze di Thuram e Lautaro, il sogno del triplete può restare vivo.

Flick, il catalizzatore di una nuova era

Il Barcellona, oggi, è una squadra consapevole, completa, affamata. Hansi Flick non solo ha vinto: ha convinto. Ha dato ordine e ambizione, ha acceso una nuova generazione e ha restituito credibilità a un progetto tecnico che sembrava in stallo. Il Barça è tornato a essere sé stesso: una squadra che detta legge col pallone, ma che ora sa anche combattere senza. E forse, proprio da questo equilibrio, può ripartire la nuova grande epoca azulgrana.

BIO: Federico Locarno, 20 anni, è uno studente di Management dello Sport con una grande passione per il calcio. Scrive articoli circa da due mesi e  si dedica con entusiasmo e curiosità ad esplorare e analizzare il mondo del calcio, sia quello attuale che quello passato. Condividendo quotidianamente i suoi pensieri e approfondimenti sul calcio tramite Instagram e LinkedIn.

https://www.instagram.com/fedeloca_/profilecard/?igsh=MXI3MnMwMGxubXM5Nw==: https://www.linkedin.com/in/federico-locarno-bb0b23334?utm_source=share&utm_campaign=share_via&utm_content=profile&utm_medium=ios_app

2 risposte

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *