PETER CROUCH: UN “FREAK” CHE SAPEVA GIOCARE A CALCIO

Non è affatto facile partire con un handicap del genere.

Quando pare proprio che tutti gli addetti ai lavori o quasi siano incapaci di vedere le grandi qualità racchiuse in quella struttura fisica particolare, strana e poco consona a quello classica di un giocatore di calcio.

«Con quel fisico lì non può giocare a pallone!» è il refrain di tutti quegli anni nelle giovanili del Queens Park Rangers prima e del Totthenam poi.

Hai voglia a mostrare a tutti, in ogni allenamento e in ogni partita, che con quei duecento centimetri abbondanti di altezza non sei solo lì per colpire palloni di testa ma che i piedi ce li hai e pure più raffinati e “sensibili” di almeno il 90% dei tuoi compagni di squadra.

Nulla da fare.

Non c’era verso.

Qualunque cosa Peter facesse tutti a mettere in risalto i limiti, mai le qualità.

Quando dal QPR andammo a lavorare per gli Spurs ce lo portammo dietro.

Io ero il suo allenatore nelle giovanili del QPR e pensavo che agli Spurs avrebbe finalmente trovato qualcuno capace di rendersi conto del suo vero valore.

Una volta nelle giovanili segnò una tripletta al Charlton.

Due reti di testa e una di piede.

Quel giorno alla partita c’era uno dei coach dello staff di Christian Gross, il manager svizzero che era da poco arrivato al Club.

«Eh vabbè, è quindici centimetri più alto di tutti gli altri! Se non la prende almeno di testa allora addio!» fu il suo commento.

Inutile tentare di spiegargli che di testa non basta “prenderla” ma la devi pure indirizzare dove il portiere non può arrivare e non è esattamente così semplice.

Perfino il gol di piede venne in qualche modo ridimensionato.

«Il portiere gliel’ha respinta proprio sui piedi. Era più facile segnare che sbagliarlo!» fu tutto quello che riuscì a dire il coach mandato dal manager Gross.

Il problema è sempre lo stesso: l’angolazione da cui si guardando le cose.

Se lo avesse segnato uno nelle grazie di quel coach allora si sarebbe chiamato “opportunismo e senso del gol” … nel caso di Peter era solo fortuna sfacciata.

Fu quasi una sorpresa quando all’inizio di luglio del 1998 a Peter venne offerto il suo primo contratto da professionista.

I dubbi sul suo conto non si erano certo dissolti ma era innegabile che quel lungagnone magro magro, sempre sorridente ed estremamente educato, aveva incuriosito tanti.

Fu in quel periodo che iniziò a circolare quella frase che poi Peter si portò dietro per tutta la carriera e che mi fa arrabbiare ogni volta: “beh, ha piedi buoni per uno così alto”.

La frase avrebbe dovuto essere “Ha piedi buoni”.

Punto.

Però la prima squadra continuava a rimanere un miraggio, anche dopo che nel 1999 venne convocato nella nazionale inglese Under-20 per i campionati mondiali della categoria.

Fu dopo due infelici prestiti prima nei semi-professionisti del Dulwich Hamlet e in seguito nella Seconda Divisone svedese con l’IFK Hassleholm che al Totthenam si convinsero che Peter in Premier avrebbe potuto giocarci solo a PES.

Così quando arrivò l’offerta del QPR per riportarlo al Loftus Road i dirigenti degli Spurs furono ben felici di firmare il trasferimento e incassare l’astronomica cifra di … 60 mila sterline.

Mi chiamò la sera stessa.

«Des, torno al QPR. Mi vuole Gerry Francis. Ha un sacco di attaccanti ma spero di riuscire a trovare un po’ di spazio» mi disse Peter al telefono.

«Ne sono certo figliolo. Ne sono certo. Non mollare!» gli dissi senza esitare.

Ci mise un po’ a “carburare” ma all’ottava di campionato arrivò il suo primo gol, quello decisivo nella vittoria sul Wimbledon.

Da allora non uscì più dalla prima squadra e anche se fu un campionato maledetto chiuso con la retrocessione nella Terza serie del calcio inglese, Peter Crouch giocò una stagione eccellente. Dodici reti, tanti assist e la dimostrazione che nel calcio professionistico un posto per lui c’era eccome … alla faccia di tutte quelle cassandre che lo giudicavano prima ancora di vederlo in azione.

Fu votato dai tifosi come giocatore dell’anno e non si stupì nessuno quando il Portsmouth del magnate serbo Milan Mandaric, ambiziosa squadra della serie cadetta, decise di investire 1.5 milioni di sterline per questo filiforme attaccante, vincendo la concorrenza di una mezza dozzina di rivali.

In quell’estate insieme a Peter arrivò a Fratton Park anche un formidabile centrocampista croato che anche se ormai al crepuscolo della sua carriera era assolutamente in grado di fare la differenza.

Si chiamava Robert Prosinecki.

Le cose non andarono come nelle attese. Il Portsmouth non lottò mai per quella promozione in Premier che era nelle aspettative di Mandaric, del manager Graham Rix e dei tifosi dei Pompey.

Il motivo essenzialmente fu che tolti Prosinecki e Crouch nessuno degli altri giocatori della rosa rese secondo le aspettative.

Peter giocò una stagione straordinaria.

Segnò diciannove reti e non si sorprese nessuno quando ancora prima della fine del campionato, a marzo del 2001, l’Aston Villa sborsò la bellezza di 5 milioni di sterline per il suo cartellino.

Sembrava avercela fatta.

Due reti nelle ultime sette partite di campionato e la sensazione che sarebbe stato tutto in discesa da quel momento in poi.

Non fu così.

Nella stagione successiva Peter faticò parecchio ad esprimersi ai suoi livelli.

Arrivarono diciotto partite senza neppure segnare un gol.

La stagione successiva andò un pochino meglio ma era evidente che “Crouchy” aveva perso un po’ di fiducia in se stesso … e questa è una cosa che soprattutto un attaccante non può permettersi.

«Temo di non essere ancora pronto per la Premier Des. Forse farei meglio a tornare a giocare un gradino più in basso per un po’» mi disse in quel periodo Peter.

Andò esattamente così.

Giocò in prestito per qualche mese al Norwich dove anche se non fece sfracelli ritrovò un posto fisso da titolare e con quello un po’ della sua autostima.

Quando rientrò ai Villans nella seconda parte di campionato segnò una doppietta al Leicester e un altro paio di gol contro Bolton e Middlesbrough ma per David O’Leary, il manager irlandese dell’Aston Villa, Peter era tutt’altro che imprescindibile.

Per lui si fece allora avanti il Southampton.

Al Portsmouth non la presero bene … firmare per i loro grandi rivali!

Ma a quel punto non c’era esattamente la fila per accaparrarsi le prestazioni di Peter.

Anche al Southampton le cose faticavano ad ingranare.

Kevin Phillips e James Beattie erano i due indiscussi titolari in attacco e per Crouch c’era solo qualche piccolo cameo ogni tanto.

Nella vita ci vuole fortuna dicono.

E finalmente la ruota decise di girare per il verso giusto anche per Peter.

Ad inizio dicembre, dopo un avvio di stagione disastroso, arrivò Harry Redknapp, che conosceva Peter dai tempi del Portsmouth.

Non ci pensò un secondo.

Crouch diventò titolare e James Beattie fu ceduto un mese dopo all’Everton.

Il Southampton non riuscì a salvarsi ma Peter Crouch giocò una stagione da incorniciare.

Segnò sedici reti e diventò finalmente quello che io avevo sempre saputo che avrebbe potuto diventare: un grandissimo attaccante, in grado di giocare ai vertici del calcio e non solo inglese.

Poi arrivò quella telefonata.

Lo ricordo come se fosse ieri.

Invece era il 30 maggio del 2005.

«Des, ti rendi conto?» mi gridò Peter eccitatissimo al telefono.

«Domani farò il mio esordio in Nazionale! Nella nazionale inglese Des! Giocherò a fianco di Michael Owen.

Eriksson me lo ha detto dieci minuti fa» mi disse Peter subito dopo.

«Non lo dimentico Des. Anche se sono passati quasi dieci anni. Tu mi hai sempre detto che questo giorno sarebbe arrivato … e ora è successo davvero. Grazie a te Des».

Quando misi giù il telefono non nego che mi scappò qualche lacrima.

Quel ragazzone alto e magro, sempre sorridente, educato e gentile ce l’aveva fatta davvero.

Contro tutto e tutti.

  • “Des” non è altri che Desmond Bulpin, probabilmente l’unico insieme al padre di Peter, Bruce Crouch, ad aver creduto da sempre nelle qualità di Crouch. Des Bulpin fu il primo allenatore di Crouch al QPR e fu sempre lui che portò con se l’attaccante di Macclesfield al Totthenam quando diventò un coach nel settore giovanile degli Spurs.

Fu proprio Des che quando Peter Crouch aveva solo quindici anni gli pronosticò un futuro nella Nazionale inglese. Lo disse a Peter e al suo compagno di attacco nella squadra allievi del Totthenam, un certo Jermain Defoe, che diventerà anche lui come Crouch un giocatore della nazionale inglese e che con Crouch formerà una delle partnership d’attacco più letali di tutta la storia della Premier League.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Neppure due mesi dopo il suo esordio in Nazionale arriva per Peter Crouch la chiamata di uno dei più grandi club del calcio mondiale: il Liverpool di Rafa Benitez.

L’inizio di Peter Crouch al Liverpool è tutt’altro che semplice. Nonostante le più che decorose prestazioni quando chiamato in causa (in un team che in attacco aveva giocatori del valore di Djibril Cissé, di Fernando Morientes, di Harry Kewell e di Robbie Fowler) il biondo attaccante di Macclesfield deve attendere il 3 dicembre per segnare il suo primo gol ufficiale con i Reds. Lo fa in un match contro il Wigan ad Anfield quando arriverà addirittura una doppietta.

Crouch chiuderà la stagione con tredici reti ufficiali ma soprattutto vincendo il suo primo trofeo, la FA CUP, giocando da titolare la finale contro il West Ham del 13 maggio 2006.

L’onda lunga dello stato di forma di Crouch pare non voglia interrompersi.

Entra nella lista dei “23” per il Mondiale di Germania dove giocherà da titolare le prime due partite segnando contro Trinidad e Tobago il suo unico gol in una fase finale di un grande torneo per nazioni.

Al termine della manifestazione iridata sulla panchina inglese arriva Steve Mc Laren.

Al suo primo incontro ufficiale, una amichevole a Wembley contro la Grecia, Crouch è fra i convocati ma nei piani di Mc Laren il ruolo di “target man” nella sua nuova nazionale inglese sarà di Dean Ashton, il fortissimo numero 9 del West Ham. Durante l’ultimo allenamento alla vigilia dell’incontro Dean Ashton subirà un gravissimo infortunio alla caviglia. Crouch giocherà da titolare il giorno seguente, segnerà due reti e per le quattro stagioni successive sarà praticamente sempre lui la prima scelta per il ruolo di “target man” nella nazionale dei bianchi d’Inghilterra, nella quale chiuderà la sua avventura con uno score assolutamente lusinghiero: ventidue reti in quarantadue partite.

E’ durante la stagione successiva che accade quello che ancora oggi Peter Crouch considera il suo più grande rimpianto della carriera: quello di essere entrato nella finale di Champions League del 2007 contro il Milan soltanto a dodici minuti dalla fine.

«Quel giorno credo che Rafa Benitez fece un grosso errore. Decise di giocare con una punta sola, Dirk Kuyt che di fatto fu facilmente controllato da due grandi difensori come Maldini e Nesta. Credo che sia il sottoscritto che Craig Bellamy al suo fianco dall’inizio avremmo potuto dare una grossa mano alla squadra. Dopo aver giocato praticamente sempre fino alla finale non fu facile accettare quella decisione» ricorda Crouch senza nascondere il suo dispiacere.

Problema che avrebbe potuto essere “risolto” solo una settimana prima.

I giocatori del Liverpool sono in Portogallo per preparare la finale della Coppa dei Campioni contro il Milan menzionata sopra. Tutta la rosa decide di passare la serata andando a sfidarsi sui go-kart.

Peter Crouch sta guidando il suo mezzo quando improvvisamente si accorge che in mezzo alla pista ci sono proprio Kuyt e Xabi Alonso che stanno chiacchierando tranquillamente.

Crouch tenta di frenare ma i freni non funzionano.

Prova a sterzare ma in realtà si dirige proprio contro Kuyt il quale con un salto acrobatico riesce ad evitare l’impatto con il go-kart di Crouch.

Kuyt è ovviamente imbestialito ma Crouch giura che la colpa è dei freni che non fecero il loro dovere.

Viene fatto un rapido controllo ed effettivamente i freni del go-kart di Crouch erano inutilizzabili.

«Ok» gli dice Kuyt poco dopo «Ma perché sei venuto addosso a me e non a Xabi Alonso?» chiede l’olandese a Peter.

«Beh, lì per lì ho pensato che Alonso fosse più importante per la squadra» è la risposta di Crouch!

Risata generale di tutti i compagni … Kuyt escluso ovviamente …

Dopo aver lasciato il Liverpool Crouch torna al Portsmouth per una sola stagione. I suoi diciotto gol sono più che sufficienti per attirare l’attenzione del Tottenham Hotspurs e del suo mentore Harry Redknapp che lo vuole con lui agli Spurs. Sarà una eccellente stagione a livello individuale e di squadra.

Per il Totthenam arriverà la qualificazione per la successiva Champions League e sarà proprio Peter Crouch con il suo gol ad una manciata di minuti dal termine nel decisivo match con il Manchester City a suggellarla.

Nella successiva stagione Crouch segnerà undici reti di cui ben sette in Champions League !

Sarà lui stesso a spiegare il perché.

«In Inghilterra ormai mi conoscono benissimo e devo ammettere che in molti hanno capito come neutralizzarmi. In Europa e con la Nazionale inglese invece non sono abituati a giocare contro uno con le mie caratteristiche … e fino a quando dura cercherò di approfittarne!» affermava Crouch in quel periodo.

Aldilà delle imprese calcistiche Peter Crouch è unanimemente considerato uno dei personaggi più simpatici e ironici di tutto il mondo del calcio britannico.

E’ spesso in tv come ospite e commentatore e da qualche settimana ha anche un suo programma televisivo intitolato “Save our summer” e ha da tempo un seguitissimo Podcast.

Da sempre si è contraddistinto per la sua grande autoironia.

«Non ho tatuaggi. La ragione principale è con non ho muscoli abbastanza grandi perché possano vedersi».

«Mia moglie non sa assolutamente nulla di calcio e non gliene importa minimamente. Una volta mi squillò il cellulare negli spogliatoi. Stavamo per scendere in campo con il Tottenham in una partita di Champions League. Decisi di rispondere visto che temevo fosse accaduto qualcosa di grave. … era mia moglie che voleva sapere dove mi trovavo e cosa stessi facendo» …

Gli inizi comunque come detto non furono assolutamente facili.

Il suo fisico particolare era un facile bersaglio per i tifosi avversari.

“Freak”, mostro, è solo una delle tante offese che gli arrivano dagli spalti.

Crouch ricorda in particolare il periodo del prestito dal Totthenam ai semiprofessionisti del Dulwich Hamlet.

«Ti trovi a diciannove anni a giocare davanti a 200 persone con almeno la metà di loro che ti urlano di tutto. E’ in quei momenti che pensi se valga la pena davvero di credere ancora in un futuro nel calcio» racconta oggi l’ex nazionale inglese.

Uno dei momenti di maggiore popolarità arrivò per Crouch insieme ai primi gol con la Nazionale inglese che amava festeggiare con la famosa “Robotic dance”, mimando le mosse di un robot scherzando sulla sua apparente mancanza di agilità.

«Mi capitava che mi fermassero per strada chiedendomi di ripetere la danza!» ricorda oggi Crouch.

«C’era da impazzire! E d’altronde con un fisico come il mio non era facile camuffarmi. A molti miei colleghi bastava mettersi un cappello calato sulla fronte e avevano risolto il problema. Quando lo facevo io diventava “Ehi, guarda Crouch con il cappello”»

Nel suo fisico particolare c’erano anche dei vantaggi.

«Durante la pausa estiva non è che curassi molto il mio fisico. Mangiavo e bevevo un po’ di tutto e mi allenavo pochissimo. Il primo giorno di preparazione però pesavo esattamente come al termine della stagione precedente ! Ricordo che molti miei compagni mi “odiavano” per questo …» racconta sempre lo stesso Crouch.

Poco dopo aver firmato con il Liverpool Crouch decide di farsi un regalo particolare: una Aston Martin nuova fiammante.

«Ero alla guida del mio gioiellino. Finestrini aperti, occhiali da sole, musica “a palla” dallo stereo. Insomma mi sentivo “The Man”. Ad un semaforo mi si affianca un’altra auto.

Al volante c’è Roy Keane.

Mi guarda come si può guardare un grosso brufolo giallo in mezzo alla fronte. Mi sgonfiai come un palloncino.

Meno di una settimana dopo avevo venduto l’Aston Martin!» racconta divertito Crouch.

Quando Cristiano Ronaldo segnò il suo famoso gol in rovesciata nella partita di Champions tra la Juventus e il suo Real Madrid Peter Crouch era negli studi della BBC nelle vesti di commentatore.

«Eh si, devo dire che siamo davvero in pochi quelli capaci di segnare un gol così!» strappando una grassa risata a tutto lo studio.

… solo che Peter Crouch non disse affatto una bugia …

https://youtu.be/AvbPf7xrfN4

Nel gennaio del 2018 il Chelsea di Antonio Conte era alla ricerca di un classico numero 9 “all’inglese”, ovvero un giocatore forte nel gioco aereo e capace di giocare spalle alla porta.

Peter Crouch fu uno dei nomi presi in considerazione dal tecnico italiano che poi alla fine decise di acquistare il francese Olivier Giroud dall’Arsenal.

Peter Crouch la prese con il suo solito humour.

«Beh, il Chelsea si è accontentato del secondo più avvenente centravanti del campionato inglese!»

Infine, la “perla” assoluta tra tutte le dichiarazioni di Peter Crouch.

Giornalista: Peter, cosa saresti se non avessi fatto il calciatore?

Crouch: Vergine.

BIO: Remo Gandolfi e’ nato e vive a Parma. Ha gia’ 9 libri all’attivo. Dopo “Matti miti e meteore del calcio dell’est” che aveva fatto seguito al precedente libro di gran successo intitolato “Matti, miti e meteore del futbol sudamericano”, Remo, in collaborazione con Cristiano Prati, figlio dell’indimenticato campione, ha scritto, pubblicato da Urbone Publishing: “PIERINO PRATI – Ero Pierino la Peste” .

Ha una rubrica fissa sul popolare Calciomercato.com (“Maledetti calciatori”) e con gli amici di sempre gestisce un blog www.ilnostrocalcio.it . Quanto all’amato pallone, e’ profondamente convinto che la “bellezza” e “il percorso” contino infinitamente di piu’ del risultato finale.

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