SASSUOLO – MILAN 3-3: I ROSSONERI NON COMPLETANO LA RIMONTA

Qualche detrattore potrà di certo fare, e non dubito che accadrà, della facile ironia: un punto contro il Sassuolo, penultimo in classifica, equivale, per una società del livello del Milan, a una mezza sconfitta; in pratica, non serve.

Vediamo però da dove stavamo partendo, per capire se la direzione intrapresa ci convince almeno un po’. La squadra di Pioli è saldamente attaccata al secondo posto in campionato: il distacco dalla capolista è ormai, ahimè, siderale, ma anche la Juventus viene tenuta a debita – e necessaria – distanza. Permane infatti il divario di sei punti, grazie al pareggio nel derby contro il Torino di ieri pomeriggio. La qualificazione in Champions League, obiettivo inderogabile, per ragioni di prestigio ed economiche, dopo che scudetto e Coppa Italia sono sfumati, non è dunque in discussione, a prescindere dal ranking UEFA e da ogni altra variabile esogena; solo per merito, un merito che al Milan, a questo Milan, coi suoi alti e bassi, con il flagello degli infortuni della prima parte della stagione, va riconosciuto, a mio avviso, senza ogni volta offuscarlo con considerazioni su ciò che sarebbe potuto essere e non è stato. E farlo non con arrendevole indulgenza, ma per sano realismo.

Ne deriva che il verbo utilizzato all’inizio, quel “servire” che può assumere connotazioni e sfumature assai diverse, in base alla prospettiva dalla quale ci poniamo, vada perlomeno analizzato meglio: un’analisi che è pedagogica, soprattutto, e che potrebbe essere un piccolo fondamento di riflessione per chi, all’interno dei club sportivi, non si occupa solo di risultati e di dati aggregati (utilissimi, necessari, per certi versi, non però come una scure sui destini altrui). Questo sito è ispirato a un principio sacrosanto e ormai quasi desueto, stando a certi approcci, calcistici, ma pure giornalistici: la complessità.

La complessità che non è arzigogolo mentale e neppure gioco delle tre carte, e cioè, sostanzialmente, un raggiro. La complessità è la capacità di strutturare in modo consapevole gli elementi più semplici, deriva dalla loro massima comprensione. Si parva licet, parafrasando Einstein (che parlava di Universo e non di pallone!): “la cosa più incomprensibile del calcio è che è comprensibile”… se non lo si banalizza.

L’ironia sui pareggi che non servono è quindi, sì, molto facile da fare, ma è facile pure incorrere in una fallacia logica piuttosto elementare. Non si tratta di sofismi cavillosi e infatti non mi metterò a citare la cosiddetta “teoria dell’utile”, proposta da colui che della sofistica è stato padre e principale ispiratore, quel Protagora che, riducendo al massimo il concetto, sosteneva l’esigenza di fruttuosità di ogni azione, in mancanza di un principio di verità forte.

Si tratta invece di chiedersi se il punticino conquistato oggi al Mapei Stadium serve a qualcosa o piuttosto a qualcuno. Serva, cioè, non tanto in sé stesso – è vero, è solo un misero punto contro un squadra in crisi e in zona retrocessione – ma per il modo in cui è stato agguantato.

Alla vigilia della sfida, si parlava di un turnover spinto, simile a quello, azzardato e parecchio sfortunato, visto contro il Monza, qualche tempo fa. Non è stato così perché Stefano Pioli è una persona intelligente e sapeva che questa partita, per il suo valore di coesione all’interno del gruppo, dopo la mini-debacle contro la Roma, andava giocata al massimo delle possibilità della rosa disponibile. Grande assente dai novanta minuti, per un risentimento muscolare, Mike Maignan, tuttavia già confermato per il ritorno di Europa League, previsto per giovedì prossimo.

I primi dieci minuti sono una specie di incubo che ha fatto tornare alla mente certe situazioni del girone di andata: la difesa è imprecisa sulle chiusure, lentissima nella lettura del gioco e nelle coperture. Ci si mettono anche alcuni importanti errori individuali, specie da parte di Simon Kjær (ma a mio avviso l’errore individuale, nel calcio, è sempre frutto di un clima collettivo di incertezza). Fatto sta che, nel giro di una manciata di azioni, la squadra di casa si porta su un impietoso, ma meritato, due a zero. Partita finita?

È a questo punto che il verbo “servire” comincia a risuonare in modo chiaro, perché il Milan non cede, non accetta di dirsi sconfitto anzitempo, dimostra di avere un temperamento – un temperamento di squadra – che contro la Roma stentava a uscire fuori. Leao si prende la scena con un gol dei suoi: scatta sulla fascia e buca la difesa avversaria. Ha segnato in modo abbastanza simile, proprio ieri, il gioiellino belga del Manchester City, Jeremy Doku, nella partita stravinta dagli undici di Guardiola contro il Luton Town di Rob Edwards.

Raddoppia poi Chukwueze, ma il gol viene annullato per lo spessore una clavicola, più o meno. Non amo contestare le decisioni arbitrali – sembra sempre di accampare scuse e le scuse sono dei perdenti – ma una riflessione sulle regole del fuorigioco andrebbe fatta, per non arrivare all’assurdo logico che un numero di scarpa superiore a quello del difensore avversario, o magari un ciuffo di capelli particolarmente indisciplinato, corrisponda a una condanna senza appello. Tanto più che anche nel secondo tempo accade qualcosa di analogo: Luka Jovic, riarrangiato come seconda punta, decisamente il ruolo che gli è più congeniale, dopo l’ingresso in campo di Olivier Giroud, lancia Samu con una perizia tecnica che un po’ ci fa rimpiangere i minuti in cui non gioca. Il gol ci sembra regolare e la stessa grafica a video mostra il difensore del Sassuolo coprire del tutto, col corpo, l’esterno del Milan. Questo ci sembra di vedere, da semplici spettatori, eppure anche questa rete viene annullata.

Non importa, perché i ragazzi ancora non cedono, ancora non si arrendono. Il risultato nel frattempo si è attestato su un tre a uno a favore della squadra di Ballardini, che non lascia presagire nulla di buono. Jovic accorcia le distanze da par suo – quando vuole, in area, è una sentenza – e Okafor, subentrato da pochissimi minuti ad Adli, pareggia. Sul tre a tre, Pulisic si inventa una giocata da top player. La palla, per Giroud, è alta, sopra la traversa. Peccato: questa volta il piede era il sinistro, quello giusto!

Una piccola nota stonata per una prestazione che è cresciuta minuto dopo minuto, nell’attitudine, soprattutto, in seguito a una partenza davvero fiacca, persino incomprensibile, è l’ammonizione per Malick Thiaw: il centrale salterà il derby contro l’Inter, in calendario per lunedì 22. Ritengo tuttavia che sia stato saggio, da parte di Pioli, non rischiare Tomori, la cui eventuale esclusione sarebbe pesata molto di più sugli equilibri e sulla leadership della difesa milanista.

Questo è il campo, ma il campo non è tutto. A volte, per avere una visione più netta di ciò che accade, occorre guardare oltre i bordi dell’inquadratura, in un dietro le quinte che, calcisticamente parlando, si colloca a bordo campo, nella zona della panchina. Ebbene, Yacine Adli, sostituito nell’ultimo scorcio di match, non è seduto al suo posto, ma è in piedi, vicino a Pioli, a incitare i compagni e a protestare per un fallo laterale assegnato, a suo dire (e aveva ragione!), alla squadra sbagliata.

Questa sorta di fratellanza, questo forte senso di appartenenza, al di là del talento dei singoli, dei risultati, delle giocate prodigiose di questo o di quello, degli errori arbitrali – nel caso ci siano stati, non sono nessuno per dirlo – e di ogni altro elemento aleatorio, ci parla di un gruppo che ci tiene. I singoli non ribalteranno il risultato all’Olimpico, mentre il gruppo, sì, può farlo. Perché il Milan può sbagliare, può perdere, ma come diceva Johan Cruijff di sé stesso, in un certo senso, forse, è immortale.

Forza Milan! 

Ecco di seguito il tabellino della gara:

Sassuolo (1-4-2-3-1): Consigli; Toljan (8′ Tressoldi), Erlic, Ferrari, Viti; Obiang, Boloca; Volpato (1′ st Defrel), Thorsvedt (16′ st Matheus Henrique), Laurienté; Pinamonti. A disp.: Pegolo, Cragno, Missori, Racic, Matheus Henrique, Mulattieri, Bajrami, Ceide, Kumbulla, Lipani, Doig, Ruan Tressoldi, Defrel. All.: Davide Ballardini

Milan (1-4-2-3-1): Sportiello; Florenzi, Kjaer (10′ st Gabbia), Thiaw, Theo Hernandez; Adli (35′ st Okafor), Musah (10′ st Reijnders); Chukwueze (20′ st Pulisic), Loftus-Cheek (10′ st Giroud), Leao; Jovic. A disp.: Nava, Raveyre, Calabria, Bennacer, Giroud, Pulisic, Reijnders, Okafor, Tomori, Terracciano, Gabbia, Zeroli. All.: Stefano Pioli

BIO Ilaria Mainardi: Nasco e risiedo a Pisa anche se, per viaggi mentali, mi sento cosmopolita. 

Mi nutro da sempre di calcio, grande passione di origine paterna, e di cinema. 

Ho pubblicato alcuni volumi di narrativa, anche per bambini, e saggistica. Gli ultimi lavori, in ordine di tempo, sono il romanzo distopico La gestazione degli elefanti, per Les Flaneurs Edizioni, e Milù, la gallina blu, per PubMe – Gli scrittori della porta accanto.

Sono titolare della pagina Instagram @Ilarie.ed.eventuali

Un sogno (anzi due)? Vincere la Palma d’oro a Cannes per un film sceneggiato a quattro mani con Quentin Tarantino e una chiacchierata con Pep Guardiola!

2 risposte

  1. L’articolo di Ilaria mi sembra davvero bellissimo. Faccio i complimenti a lei e a Filippo Galli che in questo blog dà voce a ” penne” di grande spessore. Ormai questo è a mio parere il luogo più elevato per parlare di calcio e di sport in modo evoluto.
    Rispetto alla partita condivido il commento di Ilaria tranne che in un passaggio: gli errori individuali a volte sono solo errori individuali. O per meglio dire ci sono giocatori fortissimi e altri molto meno e si vede.
    A mio parere al di là della ormai cronica e genetica fragilità nella fase difensiva che però è una scelta di Pioli fin dalla costruzione della squadra, i nostri centrali ad eccezione di Gabbia e Tomori sono decisamente scarsi. Kiaer per motivi d’età e Thiaw per evidenti limiti di velocità nel breve e per l’ingenuità del suo approccio ( da qui ammonizioni, espulsioni..)
    Domenica il risultato secondo me era relativo. Più importante dare segnali da parte dei campioni come Leao e come squadra. Possiamo farcela!

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