238 partite prima di questa erano state disputate tra le due rivali milanesi, alcune di queste certamente rimarranno scritte per sempre nella storia del Calcio, ma mai a nessuna di queste era stato concesso il prestigio di assegnare la vittoria di un campionato.
La cornice perfetta per il coronamento del percorso compiuto dai Nerazzurri era venuta delineandosi nelle ultime settimane, la continuità di risultati trovata in extremis dal Milan aveva infatti consegnato allo scontro diretto la possibilità per l’Inter di cucirsi al petto l’ambitissima seconda stella con cinque giornate d’anticipo.
Gli intrecci del destino hanno condotto dunque le due squadre a sfidarsi in un match dal puro carattere simbolico ed emotivo.
Simone Inzaghi decide di presentarsi in campo con il classico 11 di partenza, mentre è Pioli ad adottare una variazione dal canonico 1-4-2-3-1, scegliendo un 1-5-4-1 in fase di non possesso, con Leao unica punta, supportato da una doppia linea di centrocampisti con Pulisic, Loftus-Cheek e Musah più avanzati, Adli e Reijnders al centro, di fronte ad una linea a 3 con Tomori, Gabbia e Calabria, lasciando Hernandez largo a sinistra.
Mossa conservativa quindi per il tecnico rossonero, che decide di togliere ossigeno sulle fasce all’Inter, sacrificando un tassello offensivo come Giroud, nella speranza di poter ribaltare rapidamente il fronte sfruttando i suoi giocatori più ispirati.
Al fischio d’inizio segue dunque un primo quarto d’ora di studio, con l’Inter che registra l’assetto speculare degli avversari, prendendo a poco a poco il dominio del gioco.
Capiterà poco più avanti il corner dal quale scaturirà il gol del 0-1, con una battuta a uscire da parte di Dimarco che trova Pavard sul primo palo a prolungare il pallone per il centro dell’area, dove si avventa indisturbato Acerbi che batte Maignan da due passi, complice una pessima tenuta difensiva del Milan, che svuota completamente l’area lasciando ulteriore vantaggio all’Inter su una situazione spesso foriera di conclusioni vincenti, la palla inattiva indirizzata al primo palo.
Il potenziale raddoppio per i nerazzurri arriva circa cinque minuti dopo, sfruttando una ripartenza di Thuram il quale, una volta entrato in area, premia la sovrapposizione di Dimarco, che a sua volta serve Lautaro nell’area piccola; gol divorato per il Dieci argentino, che fatica a impattare il pallone, spedendolo alto.
La prima folata dei Rossoneri arriva al 28esimo minuto, grazie al solito Leao che da dentro l’area incrocia un sinistro forte ma centrale, su cui trova l’opposizione attenta di Sommer.
Altra occasione d’oro vanificata dall’Inter con Thuram, che scheggia il palo aprendo troppo la conclusione da dentro l’area.
Il Milan, graziato per la seconda volta tenta quindi di riaccendere la gara spostandola su un piano fisico, facendo salire di parecchio i giri del motore, a costo di lasciare spazio alle spalle della linea difensiva.
il match sembra assumere connotatii rugbystici quando al trentesimo, nel giro a distanza di trenta secondi l’uno dall’altro, si susseguono due ribaltamenti di fronte ; il primo conclusosi con il miracolo di Sommer che nega il pareggio sul tiro a botta sicura di Calabria, il secondo terminato con la parata di Maignan sul tiro centrale di Mkhitaryan, originato da uno svarione difensivo di Tomori.
Termina quindi in piena trance agonistica il primo tempo, con l’Inter avanti nel punteggio.
Inizio folgorante della ripresa; è Marcus Thuram a siglare il raddoppio con un’azione personale: partendo dal lato sinistro si accentra vincendo un rimpallo e da fuori area sorprende Maignan sul primo palo.
Subito dopo il raddoppio, Inzaghi impone calma e compattezza ai suoi, che congelano il possesso, consolidando il risultato.
Sarà Pioli ad attuare la contromossa: con l’ingresso di Giroud il Milan ritrova il suo assetto naturale e si prepara all’assedio.
La partita però perde notevolmente di intensità, durante la parte centrale del secondo tempo calano vistosamente i ritmi, con l’Inter che addirittura attende oltre il settantesimo minuto prima dei cambi.
In quella fase disordinata, il Milan ritrova campo tentando di capitalizzare i numerosi inserimenti in area con lunghi cross.
Intorno all’ottantesimo minuto, su uno di questi spioventi, Leao fa da torre servendo Gabbia a centro area; non basterà il secondo miracolo di Sommer, dopo la parata del portiere svizzero è Tomori a spingere in rete da due passi.
Accorcia le distanze il Milan, riaccendendo la frenesia rossonera.
Nel caotico finale gli animi si surriscaldano, portando a tre espulsioni:
Hernandez, Dumfries e Calabria abbandonano il campo dopo le schermaglie a gioco fermo.
Importante il lavoro lontano dalla porta di Lautaro; il capitano nerazzurro guadagna di volta in volta secondi preziosi, procurandosi reiterati falli.
Non basta quindi il maxi recupero agli uomini di Pioli, al triplice fischio l’Inter si assicura i tre punti e la matematica certezza del ventesimo Scudetto.
Una partita dai molteplici significati che riassume perfettamente l’ultimo anno di calcio delle due compagini:
Un’Inter dominante per lunghi tratti, che mette in campo tutte le sue armi offensive e dominio tattico impressionante.
Per quanto riguarda i singoli spicca su tutti Çalhanoglu, efficace nelle chiusure e maestoso nell’esibire lanci a grande distanza.
Per il Milan invece, la tattica risulta certamente più approssimativa, trovandosi a suo agio più in situazioni caotiche dove possono distinguersi maggiormente le individualità tecniche e fisiche; le folate offensive rossonere sono abbastanza per impensierire i nerazzurri, ma non ad eguagliare lo scarto fin qui accumulato, sia nella partita, sia per quanto riguarda l’intera stagione.
Il trionfo della seconda stella è, per concludere, da attribuirsi in gran parte a Simone Inzaghi, tecnico di lavoro ed idee che come nessuno negli ultimi anni è riuscito ad apportare modifiche sostanziali ad un sistema quale L’ 1-3-5-2, capace di dominare qualsiasi situazione di gioco.
Un campionato dominato, conclusosi con un evento memorabile per i tifosi neroazzurri, ma che altro non è se non il coronamento di tre anni intensissimi sotto la guida del tecnico piacentino, entrato in punta di piedi dalle porte di Appiano Gentile, dovendo sottostare ad un ridimensionamento sostanziale della rosa, oltre che a feroci e spesso inopportune critiche di stampa, ora invece Inzaghi potrà sempre calcare l’erba del Meazza da eroe.
2 risposte
E, purtroppo ma bisogna darne atto, giocano bene! Non spumeggianti come il Napoli di Spalletti, ma quest’ anno nn hanno avuto rivali come gioco, compattezza e completezza di squadra.
L’è andada insci’…
Una partita che a mio parere ha confermato più che la forza dell’Inter, in realtà, in fase calante, le debolezze del Milan.
Che si chiamano soprattutto errori difensivi, spesso individuali. E che nascono da una qualità non eccelsa di quasi tutti i centrali difensivi e di Calabria ( pur ammirevole per generosità). Un modulo molto offensivo e nessuna alternativa a Giroud hanno fatto il resto nel derby e in generale nella stagione che sta finendo. Stagione che è bene ricordare, fino a poche settimane fa poteva essere totalmente positiva. La gara con la Roma ha fatto svoltare tutto dalla parte di un fallimento. Personalmente, non lo reputo tale e resto un ammiratore di Pioli. Giusto però cambiare perché è chiaro che un nuovo allenatore potrebbe colmare con un sistema di gioco più funzionale le lacune viste quest’anno. Ma Cardinale e Ibra sono all’altezza per una sfida così difficile? Mi resta questo dubbio. Dell’allontanamento di maldini e l’affare tonali le perplessità continuano a esserci. Spero per il Milan che possano essere superate. Forza Milan!