Il calcio è più di una passione per il mondo arabo, dovremmo forse dire che è “oltre” la passione: da anni ci si buttano a pesce colonizzando club europei, organizzando coppe, supercoppe e Mondiali, tornei, amichevoli, sponsorizzando, infine collezionando giocatori per le loro squadre.
Nel 2009 durante il ritiro invernale del Milan a Dubai, Romy Gai (ex dirigente Juve, all’epoca presidente della Saudi League, ora alla FIFA) mi raccontò che per i sauditi il pallone era un motivo di accettazione in Occidente, un gioco tra famiglie – come nei casi di ManCity e PSG -, un’occasione di facile visibilità da esportazione. Non c’era e non c’è una primaria finalità di lucro, anzi semmai il contrario: pur di primeggiare, erano disposti a spendere qualsiasi cifra.
Rallentando le esportazioni, di recente hanno iniziato a collezionare nomi prestigiosi come Ronaldo, Benzema, Neymar, Firmino, Brozovic, Milinkovic Savic, Mané, Kessie, ma il risultato è stato assai deludente. Per cominciare, la Saudi League non interessa nemmeno la gente del luogo: gli stadi monumentali sono mezzi vuoti.
Un esempio della desolazione sugli spalti durante una partita della Saudi Professional League
L’Al-Ettifaq allenato da Gerrard e con Tatarusanu in porta, al debutto in casa contro l’Abha Club contava sugli spalti 976 spettatori. In un dettagliato articolo su “Il fatto quotidiano”, nella sua rubrica “Solo posti in piedi” Paolo Ziliani ha scritto che “la media negli stadi è scesa da 10.197 di una stagione fa a 8.400 in quella corrente”.
Steven Gerrard e Jordan Henderson (a gennaio tornato in Europa, all’Ajax), tecnico e giocatore dell’ Al-Ettifaq
L’ex centrocampista del Liverpool, Jordan Henderson, dopo soli 5 mesi a gennaio ha strappato un contratto da 30 milioni di dollari l’anno per tornarsene in Europa, all’attuale derelitto Ajax, per pochi spiccioli (1,5 milioni). Benzema vive tra hotel e aerei per i continui viaggi a casa, tanto è forte la nostalgia. Kessie a sua volta cerca di tornare in Europa. Cristiano Ronaldo, sfottuto dal pubblico ad ogni partita con riferimenti continui a Lionel Messi, sbrocca sovente e una volta ha minacciato di colpire un arbitro a pugni.
Alcune delle “stelle” approdate nella Saudi Professional League
Sportitalia e La7, detentrici dei diritti televisivi in Italia acquistati per poche decine di migliaia di euro, hanno coperto l’esiguo investimento con gli sponsor: curano la confezione dei programmi senza preoccuparsi più di tanto degli ascolti, non esattamente premianti ma già ampiamente ammortizzati.
La nuova frontiera rischia un precoce fallimento, eppure il mondo saudita non è affatto depresso: fondi privati e governativi, emiri e sceicchi, aziende turistiche e compagnie aeree continuano a guardare al calcio come un’impagabile opportunità di sbocco nel Vecchio Continente e – in sostanza – l’Europa ha cinicamente tre buone ragioni per sorridere: l’emigrazione dei suoi talenti potrebbe essere già conclusa e se la montagna non è andata a Maometto, Maometto tornerà alla montagna (di soldi) dei club europei… Il terzo motivo è che dalle parti arabe non smetteranno di ospitare manifestazioni come Supercoppe e Mondiali, quelli sì portano gente allo stadio e interessano tutti i telespettatori del mondo. E ancora soldi in tasca ai club oltreconfine.
BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.