IL VALZER DEGLI ALLENATORI

Milan, Juventus, Bologna, Napoli, Atalanta, Fiorentina e Torino cambiano: in panchina sarà una rivoluzione.

Delle prime 10 squadre della classifica di serie A, nella prossima stagione almeno 7 cambieranno guida tecnica, ognuna con la sua storia e le sue ragioni. Sarà un vero e proprio valzer, come (si dice) il caro collega David Messina scomparso in questi giorni, battezzò alcuni passaggi del calciomercato di cui fu pioniere alla “Gazzetta” almeno mezzo secolo fa. 

Il paradosso è quello del Milan, tornato stabilmente sul podio del campionato e in Europa dopo anni di vacche magre sia in Italia che nelle coppe, e al termine di 2 stagioni in cui è arrivato in semifinale di Champions e secondo in campionato. A vederla da fuori e da lontano, sembrerebbe un controsenso, ma vivendola noi tutti da vicino sappiamo bene che le delusioni – alcune davvero cocenti – hanno di gran lunga superato le gioie, offuscando un percorso che Stefano Pioli ha condotto con eleganza, stile, professionalità, serietà, sbattendo contro gli scogli dei risultati che inevitabilmente segnano il destino di chiunque diriga qualcosa a questo mondo.

Non si può infatti sottacere che il crollo in campionato nella seconda parte della stagione 2022-23, la sequenza scioccante di derby giocati male e persi, l’uscita prematura (in questa stagione) dalla lotta per lo scudetto, dalla Champions e ancora una volta dalla Coppa Italia, sommata a un mese di aprile disastroso, senza vittorie e con l’eliminazione in Europa League oltre all’ennesimo derby di resa, hanno chiuso un ciclo che pure aveva restituito dignità e competitività al club rossonero, nell’oblio dal 2013.  

Luis Menotti, iconico C.T. dell’Argentina campione del mondo nel 1978, diceva di non sopportare – nella sua professione – la mancanza di peso etico e filosofico, essendo tutto legato appunto ai risultati. E’ una discussione che si protrae da sempre, i cicli alla Ferguson sulla panchina dello United o di Wenger su quella dell’Arsenal, sono una rarità che non fa testo. Anche le grandi italiane hanno qualche ciclo di durata mediamente più lunga, con il caso estremo di Nereo Rocco che fu chiamato alla guida del Milan 3 volte in 3 momenti diversi, collezionando alla fine quasi 13 anni di lavoro in rossonero con un’incetta di scudetti, coppe e trofei. 

Anche nella Juventus è in atto una profonda riflessione, con una parte della tifoseria apertamente schierata per la conferma di Massimiliano Allegri mentre la dirigenza pensa a Thiago Motta.

Le romane sembrano “accontentarsi” dei cambi in corsa: Tudor per Sarri e De Rossi per Mourinho. E pensare che solo 3 estati fa si diceva che i grandi li avesse la Capitale, mentre Milano doveva fare con Inzaghi e Pioli… Via anche Italiano dalla Fiorentina, il precario Calzona dal Napoli che da luglio 2023 a luglio 2024, dopo Spalletti salirà a ben 4 allenatori diversi in soli 12 mesi.

Thiago Motta lascerà il suo Bologna del miracolo, Gasperini sembra al capolinea della lunga, esaltante epopea atalantina che al momento però è ancora senza trofei nonostante le moltissime imprese. Si chiude anche la porta di Ivan Juric che non ha fatto fare quel salto di qualità tanto atteso in casa granata. Nelle scelte passate e future peseranno come sempre gli errori o semplicemente il ruolo delle proprietà, dei presidenti.

Napoli e Torino (ma anche le romane), per esempio, non hanno fatto grandi sforzi per migliorare la rosa negli ultimi tempi e la stessa Atalanta – pur con tutte le sue innumerevoli intuizioni – è stata spesso bersaglio dei malumori del Gasp che si aspettava a un certo punto (in particolare nell’estate del 2022) un salto di qualità che non c’è stato. L’allenatore è il primo dirigente di un club rispetto alla gestione della squadra. Dovrebbe quindi riassumere al dettaglio la filosofia della proprietà: obiettivi mirati sul mercato e sul campo, strategia di gioco, empatia con lo spogliatoio, impatto mediatico nella comunicazione.

Come sappiamo bene, non sono in realtà questi i parametri primari che conducono all’ingaggio del tecnico. Il Milan ha bisogno in questo momento di una forte figura di riferimento, non mi riferisco tanto all’umore dei tifosi che hanno indotto alla rinuncia dell’idea Lopetegui, quanto alla necessità di una navigazione su una rotta dritta dopo i mille sbandamenti degli ultimi 2 anni.

Lo stesso discorso vale per la Juventus (per la quale gli anni a zig zag sono 4) e il Napoli, dissolto dopo lo scudetto. Sulla carta, sembra quasi più agevole la successione per Fiorentina, Torino e Bologna parametrata alle recenti stagioni. Sono club che cercano miglioramenti sensibili (oggi si dice upgrade) sulla conferma di un impianto, con i mezzi di cui dispongono i presidenti. 

In queste settimane, in questi giorni, state leggendo una girandola di nomi per il futuro delle sette sorelle che gireranno pagina. Alla mia analisi infatti bisogna aggiungere il circo mediatico: gli entourage, i procuratori, gli amici dei giornalisti che spingono in questa o quell’altra direzione, magari senza nemmeno che esista un minimo contatto tra le parti.

E’ il gioco, il valzer appunto, dove ciascuno suona la musica che più gli piace o – semplicemente – che più gli serve. Pensare che, come diceva proprio Nereo Rocco, “iL calcio non è difficile: serve uno che para tutto, un assassino in difesa, un genio a centrocampo, un mona che la butta dentro e sette muli che corrono”.

A quel punto non servirebbe nemmeno un allenatore che, secondo Nedo Sonetti, “può far rendere una squadra in positivo al massimo del venti per cento, ma può fare il cento per cento dei danni”.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

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