Da calciatore un giramondo, da allenatore un vincente.
Così Marcelo Daniel Gallardo, uno dei tecnici più quotati di tutto il Sudamerica.
Argentino classe 1976, 48 anni ben portati e un nomignolo che lo accompagna da quando giocava: “Muneco”, bambolo, per il quale esistono due versioni.
La prima: la somiglianza con Chuki, la bambola assassina di un famoso film horror.
La seconda: i lineamenti da bambino che spinsero due veterani del River Plate, Hernan Diaz e Zapata, a scherzare: “Ojo con el munequito”, attenti al bambolino quando parte…
Era il 1992, e Marcelo appena sedicenne si affacciava in prima squadra. Difficile “svezzarlo” a forza di calci perchè giocava di prima, massimo due tocchi, mentre uno come Ortega, innamorato del pallone, veniva riempito di carezze…Quasi subito in prima squadra, 5 trofei con il River fra cui la Copa Libertadores del ’96.
Centrocampista elegante, talentuoso, uno che vedeva la giocata prima degli altri, a volte non rapidissimo di gamba ma sì di pensiero. Dove non arrivava lui faceva arrivare il pallone.
Poi l’ esperienza al Monaco (1999-2003), l’intesa con Giuly, il titolo di giocatore dell’anno in Ligue 1 nel 2000, la qualità della vita glamour (“Per strada mi capitava di incontrare Magic Johnson o Michael Schumacher, o di entrare in un bar e sentire Bono che cantava…”), la vittoria di un campionato e di una Supercoppa francese, i contrasti con Deschamps che lo spingono a tornare in patria.
Ma è uno spirito inquieto. Nel 2007 è di nuovo in Francia, al Paris Saint-Germain, per una sola stagione, poi vola negli Stati Uniti, al D.C. United: “Mi ha impressionato la quantità di ragazze e ragazzi che giocano a calcio. Poi però verso i 15-16 anni spariscono, manca una tappa intermedia o forse qualcuno che li guidi fino a diventare calciatori completi”.
Sta già studiando da allenatore. Lo diventerà in Uruguay nel 2011 con il Nacional Montevideo, lasciandolo un anno dopo, appena conquistato il campionato.
Nel suo destino c’è ancora e sempre il River Plate di Buenos Aires: non solo la squadra della sua vita, ma una missione. Ci torna nel giugno 2014 e per nove anni sarà un susseguirsi di successi: alla fine si contano 15 trofei , fra cui brillano le Coppe Libertadores del 2015 e del 2018, più tre titoli di allenatore sudamericano dell’anno vinti consecutivamente dal 2018 al 2020.
Un idolo, anche perchè quando incontra gli arcirivali del Boca Juniors li elimina sempre: i tifosi lo adorano anche per questo.
Il suo modulo preferito è l’1-4-4-2. Con due laterali difensivi aggressivi, centrocampisti tuttofare e sempre in movimento, attaccanti che lavorino per la squadra, andando in pressing feroce sul portatore di palla avversario e poi sappiano farsi rispettare in zona-gol, alla Julian Alvarez o Beltran, gli esempi più ricorrenti delle sue punte ideali.
Non gli interessa il possesso palla, ma solo che la sua squadra verticalizzi e arrivi in porta il più rapidamente possibile. Il suo obiettivo principale, quasi la sua ossessione, è formare un gruppo.
“La cosa più importante è avere un obbiettivo comune con i giocatori, portarli dalla tua parte, conquistare la loro stima nell’interesse generale. Non è facile. Mi lascio trasportare dall’intuizione, dalle sensazioni. Osservo e ascolto tutti, poi traggo le mie conclusioni. Bisogna avere etica, dare l’esempio, convincerli con le parole e con i fatti”.
A fine novembre 2023 si fa attrarre dall’Al-Ittihad e va in Arabia. Un’esperienza che riempie a dismisura il conto in banca ma che professionalmente non lo ha soddisfatto.
Ci si chiedeva: E dopo? Quale sarà il prossimo capitolo? I suoi tantissimi estimatori giuravano che fosse pronto per trionfare anche nel calcio europeo e ad alto livello, i detrattori dicevano che gli serviva ancora una tappa intermedia. Lui non vedeva l’ora di tentare la scommessa e di vincerla.
Ieri Marcelo Daniel Gallardo ha accettato di tornare al suo River Plate e di firmare un contratto con scadenza a dicembre 2025.
Marcelo e l’Europa dovranno ancora aspettare prima di potersi incontrare!
MASSIMO TECCA