Che fine ha fatto l’Arancia Meccanica? Vincente in Europa solo nell’88, quando il vento in poppa era garantito dal trio Gullit-Rijkaard-Van Basten. Piazzata ai Mondiali, con tre finali perse nel ’74, ’78 e 2010. L’ultimo Europeo, partito in tromba con un girone vinto a punteggio pieno contro Austria, Ucraina e Macedonia del Nord, si è dissolto agli ottavi quando dopo l’ingenua espulsione di De Ligt ad inizio ripresa la Repubblica Ceca ha bussato due volte negli ultimi venti minuti con Holes e Schick, e buonanotte.
E adesso? Si candida a sorpresa, una mina vagante in grado di passare il turno (magari come seconda dietro la Francia e davanti a Polonia e Austria) e poi di infastidire chiunque.
Manca un vero centravanti ma il gol non è un problema: l’Olanda va a segno da 13 partite di fila, e negli ultimi test non ha sofferto da questo punto di vista. Una sola sconfitta (il 26 marzo, 1-2 con la Germania) e poi tutte vittorie: 1-0 all’Irlanda, 6-0 a Gibilterra, 4-0 alla Scozia, 4-0 al Canada, 4-0 anche all’Islanda nell’ultima amichevole.
Alla guida c’è Ronald Koeman, 61 anni, uno che finora da allenatore ha lasciato il segno più nei club (9 trofei vinti) che in nazionale. E’ alla sua seconda esperienza con l’Olanda: dopo averla allenata dal 2018 al 2020, è tornato in carica all’inizio del 2023 dopo Van Gaal e ha conquistato la qualificazione alla fase finale con un turno di anticipo, secondo posto nel girone dietro la Francia.
Senza trascurare il 1-4-3-3, il suo modulo di riferimento è il 1-3-4-3, mandato a memoria da libero-costruttore con Cruyff al Barcellona nei primi anni ’90. La sua è una manovra che dal palleggio insistito del centrocampo si accende con improvvise verticalizzazioni per i velocissimi esterni, il classe 2003 Simons (8 gol con il Lipsia nell’ultima Bundesliga) e Gakpo, anche lui 8 gol con il Liverpool in Premier.
La mancata convocazione di Zirkzee, protagonista dell’ultima serie A, sorprende più noi che gli olandesi. Koeman se l’è cavata spiegando che non esiste un rapporto diretto fra le prestazioni nei club e quelle in nazionale, mah… Alla sua assenza si aggiunge quella di Koopmeiners, in questo caso per un infortunio all’inguine…Le certezze sono soprattutto due: Virgil Van Dijk, capitano, regista e leader difensivo di lungo corso e di enorme personalità, primo uomo in fase di costruzione anche nel Liverpool, pericoloso pure quando va a saltare nell’area avversaria sui calci piazzati. E poi la classe senza età di Memphis Depay (91 presenze e 45 gol in maglia arancione), un talento a volte discontinuo che ha appena tagliato il traguardo dei trent’anni ma continua a regalare gol e assist da spettacolo. Da seguire anche Dumfries, che dopo un finale di stagione in sordina nell’Inter è tornato un’arma tattica fondamentale per velocità e precisione nei cross.
Quando non sanno che fare, i suoi compagni cercano soprattutto lui. La sua alternanza sulla destra con Frimpong, esterno del Bayer Leverkusen apprezzato contro la Roma e non solo, sarà un grosso problema per tutti. In mezzo al campo fanno legna con qualità il milanista Reijnders e Schouten, ultima stagione al Psv dopo 4 anni a Bologna.
E in difesa, se non sembra irresistibile il portiere Verbruggen, ci sono De Vrij, Blind e De Ligt a dare sicurezza ed esperienza. L’intercambiabilità dei ruoli, le continue rotazioni per non dare riferimenti agli avversari, il giusto mix tra giovani ed esperti, possono lanciare quest’ Olanda fra le migliori.
MASSIMO TECCA