Il termine incursione è mutuato dal linguaggio militare e poliziesco per indicare una scorribanda veloce di uno o più calciatori in area avversaria. Nel caso di Jude Bellingham, questa sua innata abilità nell’irrompere al posto giusto, nel momento giusto e con la giusta forza sembra essere dovuta alla genetica. Papà Mark è un sergente della polizia di West Midlands. Assieme a mamma Denise, Bellingham sr. ha impartito a Jude e Jobe disciplina, applicazione e spirito di sacrificio.
In possesso di un accento alla Thomas Shelby di Peaky Blinders, Mark è stato anche un calciatore dilettante che ha avuto il gol nel sangue. Si narra che abbia messo a segno 700 reti in carriera. La fama del padre è stata fondamentale ai fini dell’ingresso di Jude nelle giovanili del Birmingham. Mike Dodds, tecnico estremamente pignolo, ha fatto sì che Bellingham si affermasse come un centrocampista totale.
«Voleva essere un numero 10. In realtà poteva essere un 10, un 8 e un 4. Allora è diventato un 22».
Chi è appassionato di videogiochi calcistici della saga EA saprà che Jude è un calciatore da “Gullit gang”. Ossia uno di quei centrocampisti dominanti in grado di ricoprire diverse posizioni nel reparto nevralgico, o anche vicino alla porta. La sua leggiadria racchiude l’essenza dello show calcistico, della spettacolarizzazione della giocata e, unita alle sua abilità difensive da mediano puro, è esemplificativa di un calciatore archetipo.
Jorge Valdano, personaggio che di fuoriclasse se ne intende, ha definito Bellingham un vagacampista. Di primo acchito, se ci si ferma a una mera traduzione letterale, la definizione data dal “Filosofo del calcio” sembra quasi denigratoria. Tuttavia il campione del mondo 1986 ha esplicitato questa definizione: “Siamo di fronte a uno di quei giocatori di livello superiore che non avrebbe bisogno di un allenatore, perché con la sua intelligenza sa rispondere spontaneamente a tutti i problemi. Essendo potente può permettersi di giocare in un campo d’azione molto ampio. Essendo tecnicamente bravo, difficilmente lo vedremo perder palla. Poiché conosce i segreti del gioco, sa sempre trovarsi nelle vicinanze della zona in cui accadono cose sorprendenti“.
Bellingham conosce i segreti del gioco al punto tale da “sentire” dove arriverà il pallone. In Italia i nostri centrocampisti goleador hanno fatto scuola. Pensiamo anche a nomi non particolarmente reclamizzati come Berretta o Perrotta, maghi delle incursioni. Adesso Spalletti può vantare su due centrocampisti dallo spiccato fiuto del gol, come Frattesi e Pellegrini.
La differenza tra i nostri e l’alieno britannico è data dalla completezza e della precisione di Bellingham. Salta all’occhio una coordinazione degna dei migliori calciatori di sempre. L’ex Borussia Dortmund non si limita a inserirsi con il tempismo perfetto. La sua tecnica da fenomeno gli consente di arrivare all’appuntamento con il gol con la coordinazione ideale. La sua postura nel compimento del gesto è degna di un atleta che padroneggia diverse discipline.
L’incoronazione del Times è emblematica. “Il gol e la genialità di Jude Bellingham, i suoi passaggi, i suoi contrasti, i suoi palloni intercettati, i suoi tiri, i palloni spazzati dall’area di rigore: un gioco da tuttofare come in Inghilterra non si vedeva dai tempi di Bryan Robson“. Il nostro Remo Gandolfi ha tracciato un profilo di Captain Marvel, tessendone le lodi da tuttofare: “Lo potevi trovare al limite della sua area a spezzare una nostra trama offensiva con uno dei suoi robusti tackle e un attimo dopo nell’area di rigore avversaria a concludere a rete di testa o in acrobazia“. Paul Gascoigne lo definiva “Tre uomini in uno: centrocampista difensivo, regista e uomo gol”.
L’ex numero 7 del Manchester United è ritenuto all’unanimità il centrocampista britannico più completo di sempre. Adesso questa leadership è quantomeno messa in discussione. Incursore provetto anche Robson, non possedeva tuttavia la fisicità di Bellingham. Quest’ultimo lo ha anche superato in termini di classe. Definire un metro di paragone non è inoltre semplicissimo, soprattutto alla luce del fatto che quello United non era ancora la squadra fenomenale di fine anni ’90. Gli unici trofei europei di Robson sono stati una Coppa delle Coppe e una Supercoppa europea, alla diciassettesima stagione da professionista e già in fase calante.
Va inoltre osservato che quasi tutti i calciatori più completi di sempre sono diventati tali a seguito di un percorso di diversi anni. De Bruyne è stato trasformato da bravo esterno a centrocampista accentratore. Addentrandoci nella storia del calcio possiamo ritrovare decine di calciatori specializzati in una o più skill. Ben pochi sono stati tuttocampisti così validi e completi. Quasi nessuno è stato un calciatore così completo e dominante 20 anni. Nessuno è stato un vagacampista così fenomenale a 20 anni nel club più forte e titolato al mondo.
Il centrocampista inglese si è insediato alla Casa blanca con una nonchalance degna dei migliori interpreti di sempre. Segna come un attaccante, serve assist come un numero 10, difende come un mediano, costruisce il gioco come un regista. Zinedine Zidane è stato uno dei più sopraffini interpreti del ruolo di trequartista al Bernabeu. Jude è anche un trequartista ma il suo repertorio è sconfinato. Riesce ad essere un accentratore facendosi dare la palla ma, soprattutto, è un maestro nei movimenti senza palla.
Il suo atletismo gli consente non solo di correre a una velocità elevata ma di dare continuità alla sua corsa e arrivare a fari spenti da dietro. A ciò si aggiungono una lucidità mentale degna di un veterano e una capacità di manipolazione pari a quella dei più efficaci predatori del nostro pianeta. Bellingham è inoltre in grado di spezzare i raddoppi e intasare le linee di passaggio. Le sue doti fisiche fuori dall’ordinario sono compendiate da un acume tattico degno di una bandiera delle Merengues.
Carlo Ancelotti viene additato, naturalmente a torto, di essere un mero gestore di campioni. In realtà il tecnico di Reggiolo ha plasmato Bellingham e si può dire che è in parte artefice del suo inserimento immediato e devastante nel centrocampo dei Blancos. Il fuoriclasse inglese si è abbattuto come un ciclone non solo sulla Liga (uno dei suoi biglietti di presentazione è dato dalla memorabile gara di andata contro il Barcellona) ma sull’intero calcio mondiale.
Il tecnico italiano ha facilitato senza dubbio questo inserimento. Un ragazzo avvezzo alla disciplina come Bellingham non poteva non calarsi al meglio nella parte a lui affidata. Non potendo contare su un classico centravanti, Ancelotti ha deciso che il gioco e i gol dovevano passare anche, anzi in larga misura, dai colpi dell’astro nascente inglese. A seconda dei blocchi avversari, Bellingham contribuisce a far consolidare il possesso in diverse altezze del campo. D’altronde non c’è differenza nella sua interpretazione del ruolo da centrocampista o trequartista. Basti pensare che in Spagna lo hanno addirittura avvicinato a Patrick Vieira in fase difensiva.
Di solito è il contesto di squadra ad esaltare un calciatore, dipendendo spesso dalla collocazione tattica e dalle qualità di determinati compagni. Il calcio è uno sport in cui non è la somma del valore dei singoli a fare il totale. Bellingham trascende ambo i concetti. L’esempio pratico è dato dalle sfide contro il City in due diverse annate. Sconfitta 4-0 a Manchester lo scorso anno, pareggio e vittoria ai rigori quest’anno. La differenza sostanziale? La presenza di un alieno che ha nel suo DNA l’applicazione difensiva e lo spirito di sacrificio per la squadra. Jude Bellingham non è un talento fine a sé stesso, è l’uomo squadra per antonomasia. Anzi, è il calciatore che fa la squadra.
BIO: VINCENZO DI MASO
Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.
Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia.
Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.
Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.
Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.