Giustamente criticata sia in ambito nazionale che all’esterno dei confini di britannica dimora, l’Inghilterra, partita con i favori del pronostico quale candidata principe (assieme alla Francia) per tornare finalmente a trionfare in una competizione internazionale (unico sigillo il mondiale domestico del 1966, altresì nuvolosamente offuscato dalla rete di Hurst nell’atto conclusivo, con la sfera che non ha mai varcato la linea di porta), affronta la sorprendente Slovacchia di Calzona (che ha approfittato di un girone non irresistibile per conquistare una qualificazione in ogni caso storica e suggellata dalla inaugurale vittoria contro il decisamente più quotato Belgio) con l’intento di intraprendere un percorso che, alla stregua dell’Italia, è facilitato dalla suddivisione in due emisferi notevolmente differenti per “pesantezza” di un tabellone oltremodo iniquo.
La compagine del contestatissimo Southgate ( reo di non essere ancora riuscito a riverberare nella selezione nazionale quanto di fulgido traspare all’interno della totalità del movimento del football d’oltremanica) ha abbondantemente deluso le aspettative sciorinando un calcio monotono, prevedibile, lento, statico, incredibilmente lontano dagli standard individuali e collettivi che la squadra di Sua Maestà, imbottita di campioni, potrebbe ragionevolmente esprimere quale inoltre espressione del campionato nazionale attualmente più importante del panorama globale, contraddistinto da un atletismo e un’intensità di cui non v’è stata traccia alcuna nelle tre gare che hanno in ogni caso determinato la vittoria del proprio girone da parte dei “tre leoni”.
Un bilancio reso ancora più amaro dall’unica vittoria acquisita nel percorso sin qui effettuato ( all’esordio contro l’estromessa Serbia) a fronte di due pareggi a dir poco scialbi contro Danimarca e Slovenia, con due sole marcature complessivamente all’attivo nonostante la presenza in rosa di gente del calibro di Harry Kane, Bellingham, Saka, Foden (misteriosamente rientrato in patria per motivi personali).
Una cornice a dir poco cupa, se non fosse che generalmente è noto che dalla fase ad eliminazione diretta molti dei tratti distintivi di diverse selezioni mutano, spesso in meglio, facendo venir fuori il reale spessore intrinseco di squadre il cui tasso tecnico diviene cammin facendo una discriminante decisiva.
Supporre che d’incanto l’Inghilterra possa rendersi protagonista di un’espressione collettiva improvvisamente sublime appare quanto mai distante da ciò che può essere annoverato nell’alveo della veridicità: è per questo che gli uomini più rappresentativi, per personalità e capacità squisitamente calcistiche, sono chiamati a trascinare la terra d’Albione verso la conquista della terraferma continentale.
La Slovacchia è ragionevolmente di per sè avversario alla portata e onestamente avrebbe del clamoroso se Lobotka e compagni riuscissero nell’impresa di estromettere i britannici dalla manifestazione ( con conseguenze ovviamente cataclismatiche, prima fra tutte l’immediato esonero dell’attuale guida tecnica): l’attuale torneo europeo si è però finora contraddistinto per una lapalissiana pochezza in termini di apici qualitativi da parte delle diverse compagini che ne hanno caratterizzato la prima fase, motivo per il quale non è così straordinariamente bizzarro contemplare la possibilità che i vari Vavro, Skriniar, Duda, Hancko e Schranz possano competere sullo stello livello dei più quotati dirimpettai.
Southgate non muterà l’assetto costantemente proposto nel corso della sua gestione, non discostandosi dal sistema numericamente da sciorinare in un 1-4-2-3-1: bisognerà sostituire l’impalpabile Foden ( con Gordon favorito su Bowen ) e, in virtù di cotal circostanza, riemergeranno i mugugni che hanno accompagnato la spedizione teutonica degli inglesi relativamente alla scelta di non convocare elementi del calibro di Rashford e Grealish, il cui valore assoluto, nonostante una stagione non altisonante, è naturalmente superiore ai colleghi di ruolo facenti parte della spedizione.
Kobbie Mainoo, diciottenne centrocampista del Manchester United, dovrebbe essere preferito a Gallagher per affiancare l’inamovibile Declan Rice, con Alexander-Arnold ancora una volta estromesso dall’undici titolare e mestamente relegato al ruolo di vice Walker.
Calzona ha ampiamente dimostrato di essere particolarmente competente nella preparazione delle gare e sicuramente studierà uno specifico piano di natura tattica per disinnescare le più evidenti pericolosità degli avversari: Lobotka potrebbe essere l’ago della bilancia di uno schieramento facilmente riconducibile ad un 1-4-3-3, con gli uomini della retroguardia a fungere da baluardo estremo.
Occorrerà che Kane e compagni innalzino il livello fisico e tecnico per sublimare la superiorità preliminarmente netta nei confronti degli sfidanti, con Bellingham chiamato a riscattare prestazioni a dir poco opache e sideralmente distanti non solo da quelle perpetrate in maglia blanca nel corso della stagione alle spalle ma oggettivamente dagli standard che determinerebbero la candidatura del “tuttocampista” del Real Madrid alla vittoria del pallone d’oro.
La sensazione è che il livello medio dei cosiddetti campioni o fuoriclasse sia notevolmente inferiore a quello ammirato nei decenni precedenti:senza scomodare divinità il cui atto nominale sarebbe invano collocato nella stessa struttura sintattica degli attuali elementi di spicco del football, vien da dire che se calciatori con una buona gamba, un’ottima fisicità, possessori di tutti i fondamentali senza scintillanti acuti sottoforma di giocate sublimi, visionarie, gesti tecnici aulici, rappresentino quanto di meglio lo sport più popolare del mondo possa esprimere beh…non resta che nostalgicamente rispolverare le gesta di quanti hanno reso divino il calcio nella storia.
BIO: ANDREA FIORE, con DIEGO DE ROSIS, gestisce la pagina INSTAGRAM @viaggionelcalcio