Vent’anni fa la clamorosa vittoria della Grecia ad EURO 2004
Nella mitologia greca la Moira è il destino.
Il 2004 è l’anno del destino per la Grecia. Dopo lo smacco dell’assegnazione dell’Olimpiade ad Atlanta, la capitale greca riesce ad ospitare i Giochi della XXVIII Olimpiade. Una festa, o forse sarebbe meglio dire un sacrificio, che sarebbe costato caro al popolo ellenico. Ma un’Olimpiade resta sempre un evento memorabile. Nel calcio, la nazionale si è qualificata per la seconda volta ai campionati europei, nonché alla terza partecipazione ad una fase finale di una grande competizione. Dieci anni prima aveva preso parte al mondiale di USA 94. Non era andata proprio bene: tre partite, tre sconfitte, zero gol fatti e dieci subiti.
A livello di club le squadre greche ogni tanto riescono a togliersi qualche soddisfazione e proprio due anni dopo quel mondiale disastroso, il Panathinaikos osò vincere 1-0 l’andata della semifinale di Champions League del 1996 in casa dei campioni d’Europa dell’Ajax, per poi essere sconfitto ad Atene dai Lancieri.
Acuti sporadici insomma.
La qualificazione all’Europeo può già sembrare un grande successo per la squadra guidata da Otto Rehhagel, vecchia volpe, che in carriera ha vinto con Werder Brema e Kaiserslautern. Ecco, non proprio squadre che possono annoverare la bacheca e il potere economico del Bayern. E quando a Monaco ci va, il feeling con l’ambiente non funziona, esonerato prima della finale di Coppa Uefa.
Ma Otto è uno che sa stupire.
La sua Grecia non eccelle per classe. I nomi più noti sono quelli che si incrociano in TV nelle notti di coppe europee. Nikopolidis è il portiere, alcuni giocano all’estero ma non sono prime scelte, come Karagounis dell’Inter o Vryzas che gioca a Firenze, Dabizas e Giannakopoulos militano in Premier. In patria gioca un folto numero di giocatori tra i quali Zagorakis dell’AEK Atene. Forse il più rappresentativo è Dellas della Roma. Insomma, sulla carta una squadra modesta.
Ma gli dèi dell’Olimpo si ricordano della loro progenie.
Il Portogallo, invece, ha scelto per la sua campagna europea, che si gioca in casa, Felipe Scolari, commissario tecnico che ha vinto il mondiale del 2002 con il Brasile e che si augura di fare la prestigiosa accoppiata personale Mondiale – Europeo. La squadra lusitana è di assoluto valore e alcuni suoi interpreti sono nel momento chiave della loro carriera, come Rui Costa, Figo, Fernando Couto, i veterani, che fanno parte della generazione che ha vinto due mondiali under 20. Proprio nel 2004 a Gelsenkirchen il Porto di José Mourinho ha vinto la sua seconda Champions League, segnali positivi per la Seleçao. Paulo Ferreira, Costinha, Nuno Valente, Ricardo Carvalho, Maniche e Deco compongono il “blocco Porto”. C’è un giovanotto, isolano di Funchal. Il Manchester United ha puntato su di lui per sostituire Beckham e il Portogallo vuol credere che sia il futuro. Stiamo parlando del diciannovenne Cristiano Ronaldo. Poi ci sono Postiga, Pauleta che è recordman di gol con i lusitani, Ricardo tra pali, Simaõ…insomma, la classe non manca.
È il tempo per i lusitani di imporsi, visto che la storia, escluso il terzo posto al mondiale del 1966, è stata avara di soddisfazioni.
I padroni di casa sono inseriti nel gruppo A con Spagna, Russia e Grecia. La squadra di Rehhagel sembra essere la vittima sacrificale. L’attesa per il Portogallo è spasmodica, l’intera nazione si attende il risultato già dalla prima partita e la squadra deve riscattare il brutto mondiale nippo-coreano dove è stata eliminata al primo turno.
Il 12 giugno 2004 allo Stadio do Dragaõ è come se tutto il popolo lusitano si trovasse tra gli spalti per l’esordio con la Grecia. La tensione è soltanto per i giocatori di casa che devono vincere, la squadra greca, invece, non ha nulla da perdere.
Arbitra il nostro Collina.
La Grecia inizia forte e, dopo un’occasione sprecata da Charisteas, va in gol con un tiro da lontano di Karagounis. Una doccia gelata per i padroni di casa, che sembrano ancora con la testa negli spogliatoi. Nonostante il possesso palla dei portoghesi, sono ancora i greci ad affacciarsi pericolosamente dalle parti di Ricardo. Il colpo subito dalla squadra di Felipe Scolari è stato come un pugno nello stomaco. A inizio ripresa viene fischiato un rigore per la Grecia. Dal dischetto Basinas firma il meritato raddoppio. Il Portogallo cerca di scuotersi, ma solo nel finale il giovane Ronaldo trova il suo primo gol in nazionale.
Il cammino dei portoghesi comincia decisamente in salita.
La Grecia ottiene tre punti meritati e fondamentali.
Il secondo match per il Portogallo è già cruciale per il prosieguo del torneo. Contro la Russia, che è stata sconfitta dalla temibile Spagna, servono solo i tre punti. Allo Stadio Da Luz i russi vengono regolati con un 2 a 0 firmato Maniche e Rui Costa. Nell’altra partita, la Grecia riesce a impattare con la Spagna che era passata in vantaggio con il “Moro” Morientes. Charisteas, giocatore che col Werder Brema ha vinto la Bundesliga da gregario, pareggia e rovina la festa alla Spagna, che con un successo sarebbe passata al turno successivo.
L’ultima giornata è thrilling.
Il Portogallo deve assolutamente vincere contro la Spagna nel derby iberico, mentre la Grecia potrebbe anche perdere contro la Russia, già fuori.
L’uomo della provvidenza per i padroni di casa è Nuno Gomes che al 57’ segna il gol vittoria. La Russia batte la Grecia, ma gli ellenici passano al turno successivo per il maggior numero di gol segnati.
Esce la Spagna, di certo deludente.
Intanto negli altri giorni buone sono state le performance della Francia, che riesce a ribaltare negli ultimi minuti l’Inghilterra in una partita tirata, e stupisce il cammino della Repubblica Ceca del pallone d’oro Pavel Nedved, che viene segnalata come la possibile vincitrice del torneo. Gli Azzurri del Trap riescono nell’impresa, più unica che rara, di uscire con cinque punti, per peggiore differenza reti. All’ultima giornata Svezia e Danimarca confezionano un biscotto amaro da digerire. Fuori anche i tedeschi, non certo nel loro momento generazionale migliore, mentre l’Olanda va con fatica avanti.
Ai quarti di finale il Portogallo se la deve vedere con l’Inghilterra di Sven-Goran Eriksson, non il più semplice degli avversari. La nazionale dei Tre Leoni avanti dopo solo tre minuti con un gol di Owen in giravolta, su errore difensivo. Portogallo a testa bassa in avanti ma sono gli inglesi a sfiorare il raddoppio. A dieci minuti dalla fine Postiga manda la partita ai supplementari. Quando “O Maestro” Rui Costa segna il raddoppio al 110’, il Da Luz esplode di gioia. Sembra ormai fatta per i padroni di casa che invece incassano il pareggio di Lampard su assist di Terry.
Si va ai rigori.
Sbagliano Beckham e Rui Costa.
Ricardo, senza guanti, neutralizza il rigore di Vassel, poi si incarica di tirare l’ultimo rigore. Il suo tiro batte James e porta il Portogallo in semifinale contro l’Olanda.
La Grecia ha un compito non meno arduo del Portogallo contro la Francia. Charisteas di testa trafigge Barthez e sorprendentemente i modesti biancazzurri sono in semifinale, dove se la vedranno contro la Repubblica Ceca che ha liquidato con un netto 3 a 0 la Danimarca con le reti di Koller e la doppietta di Baros. I favori dei pronostici sono per i cechi, che al 40’devono fare a meno di Nedved, che esce per infortunio. Durante tutti i novanta minuti la Repubblica Ceca mette sotto assedio la porta greca, senza successo. Sembra stregata la porta di Nikopolidis.
Al minuto 105’ Dellas realizza il silver gol che manda in paradiso, o meglio forse dire sull’Olimpo, la nazionale biancazzurra.
I lusitani piegano per 2 a 1 l’Olanda con le reti di Cristiano Ronaldo e Maniche, prima dell’autogol di Andrade.
In finale sarà Portogallo-Grecia, come era avvenuto nella partita d’esordio del campionato europeo. Per la prima volta di una grande competizione la finale è la stessa partita dell’inaugurazione.
La chiusura del cerchio.
Il Portogallo è determinato a non mancare il suo appuntamento con la storia, il 4 luglio potrebbe essere il giorno dell’assoluta consacrazione nel calcio che conta per i portoghesi. Lo Stadio Da Luz è in festa, la Grecia questa volta dovrebbe essere lo sparring partner dei lusitani.
È il giorno del destino ma questa assume le sembianze della Moira.
Il Portogallo ci prova in paio di occasioni con Ronaldo che sembra in serata, ma aleggia un’aria strana sul Da Luz. La Grecia resiste, è un pugile che incassa, ma sembra poter fare male da un momento all’altro.
Quel momento arriva al minuto 57.
Charisteas realizza il suo terzo gol di testa, sfruttando un’indecisione della difesa e ammutolisce i 62000 spettatori che provano a spingere la squadra verso il pareggio, vanamente. La paura e la desolazione si fanno strada nel cuore dei portoghesi.
Finisce così, la Grecia nel suo anno di grazia è campione d’Europa.
Zagorakis è eletto miglior giocatore del torneo. Rehhagel vince con il catenaccio e con un gruppo solido, mentre ai portoghesi il destino restituirà con gli interessi quel che gli ha tolto in terra di Francia. Intanto restano le lacrime amare dell’epilogo della tragedia, un inconsolabile pianto greco.
BIO: VINCENZO PASTORE
Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.
Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.
Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”
Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.