Carlos Tevez l'ultimo Apache

CARLOS TEVEZ, L’ULTIMO APACHE

Dal cinema al calcio, senza soluzione di continuità.
Nell’onda lunga delle dissolvenze, tra incroci e sovrapposizioni di fotogrammi, l’epopea di Carlos Tevez sembra provenire dal granitico western di Robert Aldrich, tra bagliori filoindiani e carrellate vertiginose.

Dalle chimere hollywoodiane alle crude mani della strada: è così che quel pibe di nome Carlos – nato Martínez, poi abbandonato e infine sfigurato – fu riportato in vita e cresciuto dagli zii nel temuto Nudo 14 del Ciudadela, tra i confini del Barrio Ejército de los Andes che il giornalista José de Zer ribattezzò “Fuerte Apache” in riferimento al film “Fort Apache, The Bronx” con Paul Newman (in versione capataz integerrimo). Dalla polvere del quartiere al cinema, ancora una volta: sui campi del Club Santa Clara il giovane Carlos diventa l’Apache e appena adolescente acquisisce il cognome dello zio adottivo Segundo. Inizia l’avventura di Carlos Tevez.

carlos tevez l'ultimo apache
Carlos Tevez da bambino – Foto via Dagospia

DALL’ARGENTINA CON FURORE

Nel rewind della sua vita, Carlos non dimentica gli anni complicati trascorsi nel dipartimento Tres de Febrero: “La mia infanzia in Argentina? È stata difficile sono cresciuto in un posto dove la droga e gli omicidi erano all’ordine del giorno. Ho fatto esperienze dure, crescendo molto in fretta. Fortunatamente la vita mi ha permesso di fare una scelta. Non so se essere cresciuto in quell’ambiente ha fatto di me un calciatore più battagliero, ho sempre giocato a modo mio ma è possibile”.

Il resto è storia. Una carriera straordinaria, piena di successi e trionfi, dal Boca Juniors al Corinthians , passando da una sponda all’altra di Manchester, United e City, per poi approdare in Italia alla Juventus di Conte, l’uomo che gli ha restituito la voglia di giocare a pallone. Infine, dopo la parentesi cinese allo Shanghai Shenhua, ecco il back to back a La Azul y Oro, nel complesso caliente della Bombonera e della hinchada xeneize.
Tra club, nazionale giovanile e maggiore (inclusa anche l’olimpica) dell’Argentina, il bottino è di oltre 850 gare e oltre 330 gol: numeri impressionanti per un campione autentico, tra i più iconici e ribelli del futbol moderno, locura y corazon a plasmare il suo modo di essere.
Nel periodo in bianconero Tevez ha la fortuna di entrare in connessione con Antonio Conte, motivatore e leader tutto d’un pezzo con la magnifica ossessione per la vittoria: “Conte è un duro, ma per me è un fenomeno. Mi ha sorpreso molto, per lui ogni partita è una finale, vuole sempre vincere, non si accontenta mai. È un maniaco del lavoro, ma poi i risultati si vedono in campo”.

Non a caso sarà proprio il tecnico salentino, insieme a Carlos Bianchi, ad influenzare la “conversione” in panchina di Tevez, portandolo a comprendere, profondamente, il mestiere dell’allenatore e l’arte dell’insegnamento.

Carlos Tevez, l’ultimo Apache – Il gol incredibile in Juventus-Parma

ALMA DEL PUEBLO, SPIRITO BATTAGLIERO

Alma del pueblo e trascinatore in campo, carattere ribelle e temperamento da guerriero, forza fisica ed esplosività, tiratore scelto e killer d’area, alta tecnica e piedi intercambiabili: da giocatore spigoloso e travolgente a mister metodico e implacabile. Carlos Tevez entra in contatto col calcio e il calcio lo ringrazia, un legame indissolubile con lo sport che gli ha restituito quello che la vita gli aveva tolto, rifugio ma anche rivalsa e moto d’orgoglio, con quel sentimiento latino a pizzicare le corde familiari e della gente, sensibilità e rispetto per i più bisognosi, mano tesa in aiuto dei più poveri (lodevole la campagna lanciata per combattere l’analfabetismo e sostenere le persone meno abbienti di Buenos Aires).

Cuore e istinto in campo, passione e razionalità in panchina: uno switch radicale per Tevez, ma anche il completamento di un percorso segnato dall’irrinunciabile voglia di vincere. È lo stesso Apache ad ammetterlo: “Quando decidi di fare l’allenatore, devi elaborare il lutto come calciatore. Così ho scelto di fare l’allenatore, per aiutare il giocatore in questa follia di voler sempre vincere. Mi piace dare una mano, aiutare i giocatori. Essere allenatore è la mia nuova carriera”.

Carlos Tevez l'ultimo apache
Carlos Tevez, l’ultimo Apache – Foto via minutouno

UN NUEVO ORDEN

A incunearsi nella storia di Tevez è ancora il cinema. L’incastro è col titolo di un film di Michel Franco che mette in evidenza lo step del Carlos entrenador: un “Nuevo Orden“.
I suoi principi sono chiari e precisi: costruzione dal basso, attirare gli avversari sul pallone e trovare spazi fra le linee, uscite calibrate e gioco in profondità, squadra corta in entrambe le fasi, compattezza e vocazione verticale, recupero palla e ripartenze, cura dei dettagli e concretezza.
Un calcio contiano in cui la disciplina e metodologia sono fondamentali per modellare il talento e dove “chi non corre, non si allena, non dorme e non mangia come voglio io, non gioca”. Un calcio rigoroso e mentalizzato, attento alla tattica e all’equilibrio, focalizzato sulla valorizzazione di singoli e gruppo. Partire dalla testa per allenare il corpo, con quello spirito “Apache” da trasferire alla squadra. Preparazione, responsabilità, connessione coi giocatori, carisma, progresso: Tevez arriva all’Independiente nell’agosto 2023 e lo risolleva dall’incubo retrocessione, facendo innamorare – letteralmente – calciatori e i tifosi.

Nessun dogma specifico, adattabilità nell’interpretazione dei ruoli, moduli dinamici a seconda dell’avversario: Tevez mostra una certa elasticità nell’assetto strategico, passando dall’1-3-4-3 al 1-4-2-3-1, con la variante del trequartista in aggiunta alla mediana a tre (1-4-3-1-2) o l’indicazione, laddove necessario, di ridisegnare la difesa a cinque. Una fluidità dettata dall’esigenza di strutturare il gioco in base ai momenti o alle situazioni, lavorando molto sull’aspetto motivazionale degli atleti.

In Primera División sulla panchina del Rojo Carlitos intraprende un cammino breve ma intenso, mettendo in mostra le sue doti e interessanti idee di gioco. Alla fine di maggio 2024, reduce dal malore accusato ad aprile, l’Apache decide di lasciare il club. Un addio consumato con un bilancio positivo in panchina e una media punti del 56,9%, a fronte delle 14 vittorie, 11 pareggi e 6 sconfitte in 31 partite.
Ora il futuro è tutto da scrivere: nuove sfide ed obiettivi col sogno Europa all’orizzonte. Ma niente fretta, calma e tranquillità, perché come dice lo stesso Tevez: “ciò che conta è dare sempre il massimo”.
E per un personaggio del suo calibro – la cui vita è stata riprodotta e romanzata nella serie tv Netflix Apache: La vita di Carlos Tevez, vivere al massimo è un meraviglioso state of mind.

BIO: Andrea Rurali
Brianzolo Doc, classe 1988. Da sempre appassionato di cinema, tv, calcio, sport e viaggi.

  • Lavoro a Mediaset dal 2008 e attualmente mi occupo del palinsesto editoriale di Cine34.
  • Sono autore del programma di approfondimento cinematografico “Vi racconto” con Enrico Vanzina e co-regista dei documentari “Noi siamo Cinema” e “Vanzina: una famiglia per il cinema”.
  • Dal 2014 dirigo la rivista web CineAvatar.it (http://cineavatar.it/)
  • Nell’autunno 2022 ho fondato la community Pagine Mondiali e nell’estate 2023 la piattaforma sportiva Monza Cuore Biancorosso.
  • Da agosto 2023 collaboro con la testata giornalistica Monza-News, scrivendo le analisi delle partite dei biancorossi e partecipando alla trasmissione Binario Sport.
  • Dal 2019 collaboro con la casa editrice Bietti, in particolare per la realizzazione di saggi sul cinema inseriti nelle monografie di William Lustig, Manetti Bros, Dario Argento e Mike Flanagan.
  • Tra le mie pubblicazioni, il saggio “Il mio nome è western italiano” nel volume Quando cantavano le Colt. Enciclopedia cine-musicale del western all’italiana (F. Biella-M. Privitera, Casa Musicale Eco, 2017).

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