SENZA LIMITI

NO LIMITS. IO NON PARTECIPERÒ. GAREGGERÒ’

Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo.
Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta nell’evitare.
Distràiti dal vocabolo solenne, già abbuffato, punta al bordo, costeggia,
il lanciatore di coltelli
tocca da lontano, l’errore è di raggiungere il bersaglio,
la grazia è di mancarlo
.
(Erri De Luca)

Ipotizzo che a Sergio Mattarella, leggendo cose di Erri De Luca, sia balenata in testa l’idea di invitare al Quirinale il 23 settembre per la cerimonia di ringraziamento e restituzione delle bandiere Olimpiche e Paralimpiche, non solo tutti gli atleti medagliati ma anche i quarti classificati. Non solo Raimondi, Barlaam, Mijno e Travisani, Legnante e Ganeshamoorthy ma anche gli atleti che la medaglia l’hanno persa per una manciata di secondi o per uno scivolone sulla pista. Altrettanto intense le  parole del Presidente:  “L’appuntamento olimpico ha due tempi, quello delle Olimpiadi e quello delle Paralimpiadi. Nel primo si avvia l’entusiasmo, nel secondo ci sono raccolta e conclusioni. “La presenza dei quarti posti e degli altri dimostra che chi ha ottenuto la medaglia non è isolato ma è frutto di un movimento sportivo che alimenta la quantità di prestazioni importanti”. Sorvolando sulla fittissima rete di commenti, molti dei quali già scritti e letti in merito all’importanza dell’evento sportivo che innalza il Movimento Paralimpico a fenomeno sociale ed educativo, provo a passare sotto banco gli appunti presi in questi 10 giorni di PARAlimpiadi , evento sportivo in PARAllelo quindi non posteriore nè secondario a nessun altro evento analogo. Appunti che potrebbero tornare utili da alcuni punti di vista nell’approccio ad uno sport open quale il calcio e in generale come pista da seguire per acciuffare quella motivazione intrinseca che si sposa sempre in primo secondo o terzo letto con lo sport. A cominciare dallo stesso simbolo, i tre agitos che rappresentano un movimento asimmetrico attorno a un centro.

“Chiamano disabili atleti che fanno i 50 all’ora in bici, i 100 metri in 11”, saltano in alto 2 metri, corrono la maratona da non vedenti in 2h35’, lascio a voi valutare chi è il disabile nella vita comune” (Fabrizio Tacchino, allenatore)

  1. FORZA & Co. Polverizzato da questa competizione olimpica per i secoli a venire il concetto di forza almeno nella comune accezione. Come anche quello di  mobilità articolare, coordinazione, squilibrio ed equilibrio. La relazione tra forza, massa e accelerazione è stata tirata giù dagli scaffali polverosi per essere inserita a pieno titolo nell’ottica della complessità. E non mi riferisco solo all’allenamento di queste componenti in ottica funzionale per aumentare cioè il potenziale motorio dell’atleta, esprimere risorse e abilità latenti, di core, di fasce e catene cinetiche, asimmetrie PNE, end-range e stretching dinamico; non mi riferisco solo alla pato-meccanica del movimento insomma, ma del trionfo assoluto della forza in veste olistica di molti di questi atleti, capaci di concentrarsi al punto tale di contenere i propri limiti funzionali ed esaltare le incredibili residue potenzialità, polverizzando record come fossero birilli da bowling colpiti da una boccia vincente. Il tutto con impensabile umiltà e naturalezza, prerogative di ogni eccellenza. Un cambio audace di mentalità da celebrare in questa messa laica parigina, in una capitale europea disinvolta ma attenta nell’esaltare quella forza che trapela dalla vita, da ogni vita, specialmente da queste vite qui che raccontano, tutte,  di coraggio e tenacia, di sofferenze scampate, di pazienti e sfibranti attese, di notti insonni e risvegli da incubo, di determinazione, di infiniti ostacoli superati. Le paralimpiadi hanno reso fragili alcune delle mie certezze professionali, ma di certo se oggi qualcuno mi chiedesse cos’è la forza nello sport, saprei cosa mostrare.

Come scrive Tommy Dal Santo nell’articolo LA FORZA DI NOLE anticipando il prossimo appunto, “non ci sono colpi fisici accompagnati da forza mentale, ci sono azioni che incarnano messaggi (all`avversario, a se stesso, al pubblico), emozioni incarnate nella valutazione (anche strategica) dei momenti, azioni del corpo che sono insieme fisiche, cognitive, valutative, comunicative. Le azioni del corpo come un sistema complesso dove interagiscono sottosistemi di aspetti emotivi, valutativi, sociali, ambientali, strategici. “

Normale è un’illusione. Ciò che è normale per il ragno è caos per la mosca.
 
Charles Addams

2. PARALYMPIC EMBODIED COGNITION Le immagini viste in TV rappresentano prova certa del fatto che del corpo mai più potremo avere una visione lineare, tantomeno considerarlo in un’ottica fisiologica tristemente duale, sottomesso ad una mente modello pc: è ormai assodato che il corpo dovrà sempre più essere considerato in relazione con l’ambiente nell’allegro festino della complessità. Che ogni forma di cognizione umana è incarnata e passa attraverso l’esperienza. Anche basta quindi con frasi da baci Perugina ” Quelli che credono che il calcio si giochi solo con i piedi, sono gli stessi che credono che a scacchi si giochi con le mani”. Il processo di embodiment ((Bateson, 1984;  Morin, 1989; Varela, Thompson & Rosch, 1991; Gallese, Caruana, Borghi,2010;  Nöe ,2004; Shapiro, 2010, e molti altri) è DATO CERTO, la mente è “incarnata”, è in comunicazione con il mondo esterno, basta con il testa-piedi, i fattori corporei costituiscono la piattaforma dei processi bio-neuro-psico-sociologici, il dato cognitivo stesso è non solo embodied ma anche situated, grounded, enacted, incessantemente influenzato dalle strutture corporee e dall’ambiente in cui l’atleta  si trova immerso.

Ri-anche basta quindi con la scissione tra schema corporeo e immagine corporea che a lungo ci ha perseguitato nei corsi di studio; facciamo largo ad una rappresentazione unitaria immediata e tridimensionale del nostro essere al mondo e della nostra posizione nello spazio: un tripudio di “informazioni sensitivo-sensoriali e di istanze relazionali, psicologiche, immaginative ed intellettive” (Impara, 2019). Da questi corpi offesi  a volte anche sideralmente lontani dal nostro modello di normalità ormai in scadenza, straripano “qualità tali che ne ampliano il senso e il significato, da mezzo espressivo primario a strumento complesso e raffinato” ( Mauro Carboni 2012 ).

Le immagini TV, se proviamo a ripercorrerle, ci inducono a riflettere sul “chi è” quell’atleta lì, capace di un’impresa inimmaginabile, con il suo modo unico di esperire il mondo, di mostrare la propria disabilità senza imbarazzo e trattare i propri presìdi ortopedici, protesi e carrozzine alla stregua di strumenti di gara, un BebeVioGrandis-way che polverizza con incontenibile entusiasmo qualsiasi umana traccia di pietismo e compassione. Ogni stoccata è un divenire suo e nostro, perché è proprio l’incontro, seppur via cavo, che rende possibile ogni singola determinazione, la realizzazione incarnata, situata, enattiva di una volontà che prescinde da gambe e braccia ma che si riconosce agente in azione e ci rilancia un modo di esperire il mondo in una GOOD NEWS educativa di vitale importanza in chiave sociale, fondamentale per la formazione del sé.

“E Giulia danza nella sala fino a distruggerli
Sogna il palco della Scala, fino a distruggerli
Poi un soffio d’aria a tratti la raggiunse fra i suoi nastri
sussurrandole “dai, dai, dai”
Fidati di te, riuscirai, riuscirai e ce la fai
Danza come il vento, danza come il vento
Dai un nome al vento con il quale danzerai
Segui il vento a tempo, quattro sensi a tempo
Quanta grazia il vento quando danza tu l’avrai
Raggio dentro il temporale. S’alza il vento di Grecale
.

Grecale di Murubutu

3. NO LIMITS. Un commento ascoltato via radio del giornalista Edoardo Castagna mi induce ad affermare, sintetizzando, che per vedere il grande sport bisogna attendere, dopo le Olimpiadi, le Paralimpiadi. E’ incredibile ma comprovato il fatto che il nostro sguardo, soffermandosi solo momentaneamente su quei corpi feriti esibiti davanti le telecamere con disinvoltura, si spinga invece decisamente ad osservare con perizia il GESTO SPORTIVO che appare radioso, perfetto, capace di superare ogni disabilità. Già. La disabilità non ci distrae. Il tiro a canestro, la schiacciata, il lancio, la bracciata o la gambata, qualsiasi movimento mirabilmente espresso ci interessa molto di più come elemento tecnico, inserito nel contesto e ci arriva carico della sua splendida volontà di superare il limite. Che anzi sposta la soglia e relega ogni vincolo nel cantuccio denominato “ cose della vita che si devono affrontare e superare per andare avanti”. In tutta normalità. E la disabilità non rappresenta altro che i termini di un regolamento, lo sfondo ricchissimo e decoratissimo in cui muoversi.

…prima delle Paralimpiadi di Pechino 2008 le persone che ci vedevano in aeroporto ci chiedevano a quale santuario eravamo diretti,…ora ci chiedono l’autografo e la foto…”

Francesca Porcellato (medaglia d’oro paralimpiadi Vancouver)

4. UNGHIE PIANTATE NEL MURO. Nel corso dell’intervista concessa alla Rai da Fabrizio Cornegliani, oro nella crono su strada H1, con precisione ha elencato i molti dettagli alla base di questo successo: “Il ciclismo, nel momento in cui l’ho cominciato a praticare, era uno strumento di riabilitazione, per potenziare la respirazione e gli arti superiori. L’handbike era l’unico mezzo possibile, mi consentiva di restare sdraiato e al tempo stesso di muovermi, sentire l’aria in faccia. Sentirmi vivo. Poi mi sono innamorato e le cose sono cambiate. È una vita che inseguo questo oro. Sono uno sportivo da sempre, da che ho memoria corro contro il tempo. La gara l’ho preparata nei minimi particolari. Abbiamo fatto due sopralluoghi, avevo tutto mappato in mente. Ormai non si lascia più niente al caso, si deve essere sempre concentrati, la preparazione è follia vera. E la cosa che più mi infastidisce è proprio l’atleta che non lavora, che non si allena seriamente, che non sacrifica il cuore per la maglia che porta. Sono per la fatica, per il sudore, per le unghie piantate nel muro”. Niente altro da aggiungere, credo. Nello sport, qualunque sport non esistono rivoluzioni ma lunghi processi di fatica e lavoro come una maratona da percorrere.

“Non sono una gran cosa, però sono tutto quello che posso essere” Jorge Luìs Borges

5. NORMALIZZARE LE SCONFITTE. E’ serio il direttore tecnico della nazionale Alessandro Arcigli, nell’intervista televisiva, quando invece avrebbe molto da sorridere, perché l’Italia del tennistavolo paralimpico ha archiviato un’edizione clamorosa dei Giochi con quattro medaglie, due d’oro e due di bronzo. “Non amo valutare la qualità di un percorso o di un atleta dai risultati, che poggiano su molte variabili, ma sul lavoro che questi ragazzi hanno prodotto quotidianamente da dieci anni a questa parte. Il campus di Lignano Sabbiadoro è la nostra casa 365 giorni all’anno. E’ chiaro che volevamo vincere e per andare in quella direzione in questi anni abbiamo anche NORMALIZZATO LA SCONFITTA considerandola come UNA DELLE POSSIBILITÀ, senza prestare il fianco alle recriminazioni. Un’occasione per costruire nuove opportunità invece di attendere l’errore avversario. Ogni gara è aperta a qualsiasi soluzione e non è mai un’occasione mancata. Sappiamo che si può perdere da favoriti e anche vincere da outsider. Tutto è possibile nella competizione. Lo sport ha un effetto moltiplicatore, ti fa rendere di più in ogni ambito della vita. È quello che cerco di spiegare a tutti.” Nonostante le indiscusse capacità degli sportivi disabili come il saper anticipare le situazioni, l’essere determinati contro resistenze e ostacoli, autentici problem solver, caratteristiche largamente acquisite in virtù di un vissuto complicato, è comunque impossibile prescindere da una PREPARAZIONE ACCURATA E DA UN GRANDE LAVORO QUOTIDIANO. Appunti da aggiungere al nostro notebook sportivo: Considerare la sconfitta in un incontro come una delle cose che nella vita può accadere, senza deprimersi. Non montarsi la testa, viceversa, in caso di vittoria, anche questa una delle cose della vita.

Chi ti fa sorridere ti salva la vita senza saperlo. Alla larga dalla saggezza che non piange,
dalla filosofia che non ride e dalla grandezza che non si inchina davanti ai bambini.
(Anonimo)

6. PRIMITIVI Rigivan Ganeshamoorthy detto Rigi, campione italiano paralimpico detentore del record europeo di Getto del peso categoria F52 con 11,73 m, del record mondiale di Lancio del disco F52 con 27,06 m stabilito in queste Paralimpiadi e del record mondiale di Lancio del giavellotto F52 con 20,99 m, ha rilasciato una divertente intervista a margine della sua gara in cui ha conquistato la medaglia d’oro olimpica, dopo aver battuto 3 volte il record del mondo, sdoganando in mondovisione il fatto di poter SCHERZARE SULLA DISABILITÀ. Su richiesta incalzante di Elisabetta Caporale relativamente all’esperienza vissuta risponde: ” Qui a Parigi tutto bene, ma ci sono un po’ troppi disabili, forse”. Successivamente torna sull’argomento affermando che ridere della disabilità è normale come su ogni cosa della vita, non farlo è primitivo, una fissazione per normodotati,  che non prendersi troppo sul serio è essenziale, e dichiara in modo molto convincente, che vale più il vicino che gli ha portato la bandiera italiana che una medaglia d’oro. Arriva perfino a ringraziare la Sindrome di Guillain-Barré che gli ha permesso di scoprire questo mondo dello sport, malgrado una pelle d’oca costante, ulteriore malattia, non bastasse…..! “Una diversità non più sentita come stigma quindi, ma accettata e mostrata come una delle caratteristiche imprescindibili del sé “(Trisciuzzi et al. 2006).

Questo clima di autentica serenità e normalità, assolutamente divertente e sdrammatizzante l’enfasi agonistica, a distanze siderali da rivalità e sopraffazione è stato palpabile in ogni momento e in ogni giorno di gara. Guardare l’avversario con grande rispetto e attenzione nella consapevolezza di essere analogamente sopravvissuti all’onda anomala di Bill Viola ci ha trasferito tutti anni luce lontano dalle ridicole schermaglie a cui assistiamo fuori e dentro i nostri campi da gioco. Facendoci spazio sulla sua carrozzina ha incanalato la direzione del proprio sé e dell’altro diverso da sé verso l’ACCOGLIENZA NATURALE  di ciascuna persona.

Perchè con il corpo, attraverso il corpo in movimento si possono anche mettere in atto NUOVE FORME DI CIVILTÀ grazie all’ inclusione che valorizza differenze e potenzialità. Si stupiva Candido Cannavò del rapido decollo delle Paralimpiadi messe in campo da Sir Ludwig Guttmann e da Antonio Maglio; si stupirebbe ancor più oggi l’indimenticato direttore nel constatare la crescita di cultura mondiale che questa manifestazione veicola. Per inciso Enrico Ruffini, preparatore dell’atleta sopra citato, avvalora la questione dicendo: “All’inizio dovevamo conoscerci, dovevamo capire quali potevano essere gli esercizi più adatti ed efficaci in pochissimo tempo perché Rigi doveva vincere la medaglia d’oro. L’impegno spinge molto l’avvenire di queste cose“. Pur non avendo la platea e la visibilità di un Velasco, in questa dichiarazione possiamo ritrovare essenziali indicazioni metodologiche e motivazionali.

Vista dall’alto, la battaglia sembrava una scampagnata.

Le tragediecome i quadrivogliono la giusta distanza.” — Ennio Flaiano, Diario notturno.

7. PROGRESSO Gli scivoloni sulla pista bagnata ci dicono che esistono ancora ampi margini di miglioramento ma è fuori discussione l’importanza dei dispositivi nell’ottica dell’inclusività. Le Paralimpiadi sono la centrale avveniristica in cui tecnologia e sport si incontrano per rivoluzionare il futuro. Protesi avanzate in titanio, leghe di cromo-cobalto dotate di sensori ed esoscheletri hanno costretto alla pensione stampelle e carrozzine consentendo a molti atleti di superare i propri limiti naturali. Queste tecnologie non solo migliorano le prestazioni sportive, ma contribuiscono anche al benessere degli atleti.

Anche dal punto di vista dell’autodeterminazione  “piattaforme digitali e applicazioni progettate con criteri di accessibilità consentono agli atleti paralimpici di gestire autonomamente i propri allenamenti, monitorare le proprie prestazioni e interagire con i propri team e sostenitori. L’uso di interfacce personalizzabili e di strumenti di assistenza, come i lettori di schermo e i comandi vocali, permettono anche a chi ha disabilità visive o motorie di utilizzare queste tecnologie senza barriere.

Inoltre, l’integrazione della realtà aumentata e della realtà virtuale nei programmi di allenamento sta aprendo nuove possibilità, consentendo agli atleti di simulare situazioni di gara in ambienti controllati e sicuri. Anche gli spettatori e i fan con disabilità beneficiano di queste innovazioni. Le trasmissioni delle Paralimpiadi sono ora accessibili tramite sottotitoli, descrizioni audio e interfacce utente e vengono progettate per essere navigate facilmente da persone con disabilità. Le tecnologie digitali hanno permesso di superare le barriere geografiche, consentendo agli atleti con disabilità di accedere a programmi di allenamento e competizioni internazionali, indipendentemente dalla loro ubicazione. Le piattaforme di e-learning e i sistemi di allenamento remoto consentono agli atleti di interagire con coach e specialisti in tutto il mondo, ricevendo feedback e consigli in tempo reale. Questo ha aperto nuove opportunità, specialmente per gli atleti che vivono in aree dove le strutture sportive accessibili sono limitate. ” ( Paolo Berro )  

Ma c’è di più. Questi tenaci atleti pionieri e civilizzatori hanno lasciato a Parigi una cospicua eredità di ambienti più accessibili, di spazi inclusivi, di ascensori, servizi igienici, mezzi di trasporto pubblici e adattati, pensati e progettati per le Paralimpiadi ma utili per tutti.

8. «SE CADI, TI RIALZI». COSA VUOI CHE SIA UNA GARA SBAGLIATA.  L’intervista rilasciata da Ambra Sabatini caduta a meno di dieci metri dal traguardo nella finale paralimpica dei 100 metri piani rappresenta la summa dei valori aggrovigliati nella manifestazione. Nel momento in cui tutte le aspettative, il lavoro di anni, lacrime e sangue precipitano sulla pista lilla, il primo pensiero è quello del dispiacere di aver danneggiato la compagna di squadra Contrafatto. 

Poi dichiara : “Ne ho sopportate tante, sopporterò anche questa.” Una fierezza insolita, un aver imparato a danzare sotto la pioggia con in tasca quel sacchettino di sogni che nessuna tempesta mai sarà in grado di spazzare via del tutto. Come si dice: Cadere è esperienza, sapersi rialzare è carattere. Una maestra in cattedra dunque, pronta ad insegnarci che, ecco, nella vita ciò che conta è ben altro rispetto ad una gara persa. Che proprio lo sport farà in modo che questi sogni si potranno realizzare, che saranno ancora possibili. Ma non è solo Ambra a lasciarci stupiti e inebetiti, immersi in questo bagno etico a cui politica e realtà da tempo ci hanno disabituato.

Tra tutti, perché tutti questi 4.400 atleti rappresentano raffinati esempi di cultura, resistenza e volontà, la naturalezza, lo sguardo buono e incredulo di Manuel Bortuzzo dalla Défense Arena con la medaglia di bronzo dei 100 metri rana SB4 appesa al collo ( traguardo storico alla sua prima partecipazione alla competizione Paralimpica ) NON CI LASCIA IN PACE. Tutta la sua vicenda non ci lascia in pace in verità. “Tornare in acqua mi ha proprio sbattuto in faccia la realtà della mia condizione. Finché stavo sulla terraferma non me ne rendevo conto. Quando mi sono rimesso in gioco ho capito bene dove sono finito e da lì è iniziato un percorso lungo e difficile” La sua speranza progettuale non è stata vana e si è sviluppata in relazione al suo ambiente, quel complesso reticolato sistemico e multifattoriale dato dalla famiglia, le strutture socio sanitarie ed educative, la comunità ed i valori che esprime (Angela Magnanini) Un ambiente che guarda avanti e non lascia spazio a odio e rancore dunque. Ogni atleta paralimpico che polverizza un record o acciuffa una medaglia strappandola alla vita dimostra che la parola limite non è contemplata nel suo vocabolario. Al contempo  sfida anche il Medioevo dei pregiudizi, degli stereotipi, delle ipocrisie la cultura dello scarto che disintegra e quindi frammenta, l’umanità.

Smetti di definirti.
Concediti tutte le possibilità di essere, cambia strada ogni volta che lo senti necessario.

(Alejandro Jodorowsky)

9. RESPIRARE FUTURO Le Paralimpiadi 2024 di Parigi sono state un ambiente “equo ed inclusivo, consentendo a tutti gli atleti di gareggiare in base alle proprie uniche competenze, secondo il proprio livello di difficoltà, potenziando le capacità ed evidenziando, arricchendosene, le differenze» (Palumbo, Minghelli & Pallonetto, 2020). Gli atleti infatti gareggiano per categorie di disabilità sensoriali, motorie, intellettive, psichiche in base al proprio status, quello con cui convivono ogni giorno: noie e sofferenze, modificazioni della propriocezione, dell’esterocezione, sensazioni o funzionalità assenti dalla nascita o sparite ad un certo punto della vita, un sistema con dei limiti, tutte questioni di cui hanno coscienza. La vita non lascia tante alternative, allora, se non quella di guardare la realtà senza paraocchi ( speciale la battuta di Assunta Legnante ) e affrontarla con la CONSAPEVOLEZZA DI QUELLO CHE NON C’È ma VALORIZZANDO AL MASSIMO CIÒ CHE C’È, TUTTE LE RISORSE POSSIBILI per la risoluzione dei problemi, per lo sviluppo del sé e per la formazione di una propria identità.

Provare e riuscire ad allontanare il proprio modo unico di essere persona da quel margine in cui le ridotte funzioni ed una società giudicante vorrebbe relegare è il messaggio che in ogni istante le Paralimpiadi  hanno smistato, ricollocando l’ACCETTAZIONE DI QUEL CORPO-IN-SITUAZIONE AL CENTRO DEL VILLAGGIO.

Credo che questo costituisca un appunto da annotare nello sport e nella realizzazione di una  esistenza che a volte ci appare così insoddisfacente, imperfetta e limitata.  Perché tanti di noi continuano a stare nel passato, nel buio, trascurando il presente senza accorgersi del futuro. Questi atleti ci hanno invece mostrato che incendiare la propria vita e riprendersi tutto il malloppo con adeguato resto è ancora possibile. Che la fame paradossalmente ha iniziato a farsi sentire proprio quando tutto sembrava irrimediabilmente perso: e quando c’è la fame non c’è più limite che tenga.

I tesori conquistati ogni giorno con sudore e infinito impegno hanno scolpito sui loro volti la fierezza e la bellezza che solo una partita vinta, un record battuto, un bersaglio centrato possono assicurare.

 Non far caso a meIo vengo da un altro pianetaIo ancora vedo orizzonti, dove tu disegni confini 

(Frida Kahlo).

10. CREDERCI Il tedesco Markus Rehm da dodici anni è il dominatore indiscusso della pedana del lungo T64 e a Parigi ha arricchito il suo medagliere con il 4° oro paralimpico consecutivo eguagliando così il record stabilito da, Carl Lewis, da Los Angeles 1984 ad Atlanta 1996. Denominato appunto “figlio del vento”. Per dire.  Durante eventi open e meeting nazionali ha battuto atleti normodotati saltando nel 2023 8,72 metri misura che gli avrebbe consentito di vincere la medaglia d’oro anche ai Giochi olimpici 2024 vinti dal greco Tentoglouv con 8,48. World Athletics non ha ancora stabilito con certezza se la sua protesi gli garantisca vantaggi o svantaggi  quindi non può competere contro gli atleti normodotati. In una intervista rilasciata a l giornalista Mario Nicoliello dice: “Anni fa, le persone cercavano di nascondere le protesi, indossavano pantaloni lunghi e non le mostravano. Adesso è una specie di moda. I Giochi ci hanno sicuramente aiutato”. E ancora “Vedere le gare dei normodotati mi dà qualcosa a cui puntare nella preparazione per la mia gara. Se ci pensiamo sono gli stessi il gesto, la pista, l’asse di battuta, la buca di atterraggio. Mi pongo come obiettivo quello di andare oltre gli 8,48, quindi più lontano del campione a cinque cerchi, non tanto per batterlo, quanto per sensibilizzare il nostro sport, per mostrare alla gente che se vuoi vedere grandi atleti, se vuoi vedere grandi risultati e salti enormi, non solo devi andare alle Olimpiadi, ma puoi anche unirti a noi, ai Giochi paralimpici”. Un messaggio fortissimo che ci indica una mission destinata a ciascuno nella sua unicità. Appunti da meme.

Talvolta infatti siamo noi i primi artigiani non della qualità ma di ostacoli e barriere: quando manchiamo di coraggio o di sincerità e non mettiamo abbastanza cose nelle cose che facciamo. Quando “ trasformiamo il senso del finito in una percezione spaesante” ( Duccio Demetrio ).Ogni giorno ci fabbrichiamo personalissimi invisibili handicap: rinunciare a  realizzare un sogno, non saper cogliere il momento opportuno per dire o fare quella cosa, per dedicare più tempo all’ essenziale della vita: tutte questioni  forse più gravi dell’impossibilità di camminare. But, not panic. Gli stessi atleti paralimpici ci lasciano un message in a bottle nell’acqua proattiva della Défense Arena . C’è scritto: «GUARDA, È ANCORA POSSIBILE!» STAY TUNED

Le jour de glorie est arrivé.

Bio: Simonetta Venturi

Insegnante di Scienze Motorie.

Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio ( Marche )

Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.

Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica

2 risposte

  1. Complimenti Simonetta! Ha scritto un eccellente ed enciclopedico memoriale delle Paraolimpiadi del 2024 in Francia. La bravura e l’ardore agonistico sprigionato da questi atleti è pari, e a volte superiore, ai loro cugini esibitesi solo due settimane prima.
    Un sentito e corale plauso va attribuito a questi formidabili atleti esempio di vita pura.

    Massimo 48

  2. Grazie. Come lei dice le emozioni, le riflessioni i pensieri forieri di novità che le paralimpiadi hanno suscitato in me sono stati tanti che i 10 punti in realtà avrebbero potuto essere 20 o 30 almeno. Il giusto tributo a questa umanità anche quando le luci si abbassano

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