DRAGAN MANCE: PER SEMPRE NEL CUORE DEI GROBARI

E’ il 7 novembre  del 1984.

A Belgrado si sta per giocare il match di ritorno dei sedicesimi di finale della Coppa UEFA tra i padroni di casa del Partizan e i londinesi del Queens Park Rangers.

Nello stadio del Partizan non c’è un solo posto libero.

Sono quasi in 50 mila a sostenere i “Crno-beli” (i “nero-bianchi”) nel tentativo di sovvertire una qualificazione che sembra già decisa in partenza.

All’andata infatti gli “Hoops” hanno messo un’ipoteca quasi definitiva sul passaggio al turno: un sei a due netto e inappellabile.

Sono passati meno di cinque minuti quando il centravanti del Partizan Dragan Mance si fa trovare pronto in area piccola a deviare in rete una sponda di un compagno.

A ventidue anni è il bomber della squadra del quale è tifoso da sempre.

Tutto il popolo del Partizan stravede per lui.

I “Grobari”, la frangia più calda della tifoseria del Partizan, lo ha già eletto ad idolo assoluto.

Era stato proprio lui a segnare il secondo gol del Partizan nella netta sconfitta dell’andata. Il suo fu un gol stupendo. Un tiro potente e preciso da oltre 25 metri. Gol che pareva poco più che platonico ma che dopo il raddoppio di Dragan  Kaličanin prima dello scadere del primo tempo inizia ad assumere un significato diverso: con un tempo da giocare al Partizan bastano altre due reti per qualificarsi e compiere così un’impresa storica.

Sono passati due minuti dall’inizio del secondo tempo.

Il mediano Miodrag Jesic avanza verso l’area del QPR. Valuta se servire un compagno ma la difesa di Fenwick e compagni è ben schierata e coperta.

A quel punto rimane una sola opzione: il tiro in porta.

Sono trenta metri buoni e il tiro è potente ma centrale.

Il pallone rimbalza però sul terreno ad un paio di metri dal portiere inglese Hucker che si fa goffamente sorprendere.

A questo punto non c’è più nessuno che abbia un solo dubbio sull’esito finale del match.

Lo stadio è una bolgia ed è solo questione di tempo prima che arrivi il quarto e definitivo gol del Partizan.

A segnarlo è Zvonko Zivkovic con un perentorio stacco di testa su un cross dalla destra.

Non sono passati neppure venti minuti nella ripresa ma la rimonta è completata.

Il Partizan approda al turno successivo della Coppa UEFA.

Dragan Mance nasce il 26 settembre del 1962 a Zemun, una piccola cittadina nella zona nord ormai assorbita dalla città di Belgrado.

E’ da sempre un tifoso sfegatato del Partizan di cui sogna da sempre di diventarne un calciatore.

Dopo diversi provini non andati a buon fine (e qualche approccio da parte dei grandi rivali della Stella Rossa sempre rimandato al mittente) Dragan si è ormai rassegnato ad una carriera in tono minore.

A diciassette anni fa il suo esordio nel calcio professionistico con la squadra della sua cittadina, il Galenika Zemun, che milita nella serie cadetta del campionato jugoslavo.

Gioca due partite soltanto.

Poi, in un giorno di settembre del 1980, arriva la svolta.

«Alzo la cornetta del telefono. Dall’altra parte c’è un signore che dice di essere un dirigente del Partizan. La squadra di cui ero perdutamente innamorato fin da bambino e per la quale da sempre sognavo di giocare … anche quando da ragazzino mi dicevano che non ce l’avrei mai fatta.

Invece quel dirigente mi stava dicendo che mi volevano al Partizan e che avevano già stretto un accordo con il Galenika.

Ero convinto, ma davvero convinto, che fosse il padre di uno dei miei amici che si era prestato ad uno scherzo nei miei confronti.

Lo sapevano tutti a Zemun che ero “malato” per il Partizan.

Invece era tutto vero».

Dragan viene aiutato a “crescere” e a forgiarsi.

Ma le qualità sono evidenti a tutti.

E’ veloce, potente, tira con entrambi i piedi e nel gioco aereo sa farsi valere. E soprattutto non molla mai. Per lui non esistono palloni impossibili da raggiungere.

Dalla stagione 1981-82 inizia a ricavarsi il suo spazio in prima squadra. Gioca complessivamente ventuno partite e pur partendo spesso dalla panchina mette a segno cinque reti.

Il Partizan è ancora lontano dai primi posti del campionato ma il sesto posto di quella stagione sembra di buon auspicio.

Nessuno, neppure il più ottimista tra i tifosi, può immaginare quanto accade nella stagione successiva.

Il Partizan sbaraglia le concorrenti e trionfa in campionato, lasciandosi alle spalle l’Hajduk di Spalato, la Dinamo Zagabria e gli acerrimi rivali della Stella Rossa.

Un titolo che manca da cinque stagioni e l’autentico protagonista di quella strepitosa cavalcata è proprio lui, Dragan Mance, che infila la porta avversaria in quindici occasioni.

E’ già un titolare della Nazionale Under-21 e i quattro gol segnati nelle cinque partite disputate sono la conferma che la Jugoslavia ha trovato un uomo-gol di qualità assoluta ormai pronto per la Nazionale maggiore.

Proprio al termine di quella strepitosa stagione arriva l’esordio in Nazionale. Sarà in un’amichevole contro la Francia e nonostante la netta sconfitta (0 a 4) tutti sono concordi nel ritenere Dragan Mance l’uomo giusto per guidare l’attacco dei “Plavi” nell’immediato futuro.

La stagione successiva vede ancora il Partizan lottare per il titolo salvo vederselo sfuggire nelle ultime due partite di campionato, chiuse con un pareggio esterno contro lo Sloboda Tuzla e un’inopinata sconfitta interna all’ultima giornata contro lo Željezničar che di fatto consegna nelle mani della Stella Rossa il trofeo.

Poco male. Il Partizan è tornato ai vertici del calcio jugoslavo e la stagione 1984-1985 si preannuncia ricca di aspettative, con una Coppa UEFA da giocare e soprattutto un titolo da riportare nella metà bianconera di Belgrado.

Invece sarà il sorprendente Sarajevo a mettere d’accordo “le grandi” del campionato jugoslavo.

Dragan farà abbondantemente la sua parte nel garantire al suo amato Partizan un terzo posto in classifica (e davanti alla Stella Rossa!) con dodici reti in ventisette incontri.

In Nazionale non riesce a giocare con continuità.

Sulla scena si sta affacciando un altro attaccante dalle grandi qualità che gioca per i rivali cittadini della Stella Rossa: si chiama Darko Pančev e con il piccolo club del Vardar ha vinto la classifica marcatori nella stagione precedente facendo anche lui il suo esordio in Nazionale.

L’estate del 1985 sarà un periodo di incertezze e di dubbi sul futuro di Dragan Mance.

E’ in scadenza di contratto e ci sono diversi importanti club europei (in Germania e in Inghilterra soprattutto) molto interessati al suo cartellino.

L’unico che non ha incertezze o dubbi è proprio lui.

«Pochi giorni fa ho firmato il rinnovo del contratto.

Sarò del Partizan per altri 4 anni.

Come minimo.

C’erano tanti voci sul mio futuro.

Importanti club europei pronti a sborsare un sacco di soldi per il mio cartellino.

Solo che a me l’unica squadra per la quale interessa giocare ha la maglia bianconera a strisce verticali, ha i tifosi più caldi nella “Black & White KOP” e si chiama Partizan di Belgrado».

E’ il 3 settembre.

Due giorni prima il Partizan ha sconfitto tra le mura amiche il Budućnost. Due reti ad uno con la seconda e decisiva rete segnata da Mance.

A Belgrado è una splendida giornata di sole.

Dragan si prepara per uscire.

Alle 10 è previsto un allenamento.

Poco prima di uscire telefona all’amico Milan Nadoveza.

Si mettono d’accordo per pranzare insieme dopo l’allenamento.

Solo che a quell’allenamento Dragan Mance non arriverà mai.

Sale sulla sua Peugeot 205.

Ha percorso si è no un paio di chilometri quando la sua auto finisce la sua corsa contro un palo della luce a bordo strada.

Dragan muore praticamente sul colpo.

La dinamica non sarà mai chiarita in modo definitivo.

Pare che una donna abbia improvvisamente attraversato la strada e Dragan, per impedire di investirla, abbia sterzato di colpo perdendo il controllo della sua vettura.

Si dice anche che Dragan stesse viaggiando a forte velocità, ben oltre i limiti consentiti in quel tratto di strada.

Non ci sono certezze.

Quello che invece è certo è che il Partizan e i suoi milioni di tifosi hanno perso quel giorno molto di più del miglior calciatore della loro squadra.

Dragan Mance, l’idolo, l’icona assoluta dell’altra metà di Belgrado …

In grado, da solo, di infiammare con le sue giocate la celeberrima “KOP bianconera” del Partizan.

Dragan se ne va a neppure 23 anni, molto prima di raggiungere l’apice di una carriera che sarebbe potuta diventare gloriosa.

Con il Partizan e con la Nazionale Jugoslava che in quegli anni si stava forgiando per tornare a livelli eccelsi.

Mance ne avrebbe fatto parte, insieme a Boban, a Savicevic, a Mihailovic e a tutti gli altri campioni di una nazionale che da lì a pochi anni si sarebbe disgregata … insieme a tutto il Paese vittima di una guerra assurda e spietata.

In quella stessa stagione il Partizan vincerà il campionato.

Come ricorderà l’allenatore Nenad Bjekovic «Tutti i ragazzi della squadra, in quella stagione maledetta e vincente, giocarono ben al di sopra dei loro livelli abituali».

Perché senza Dragan, senza il più bravo di tutti, era davvero l’unico modo per farcela.

ANEDDOTI E CURIOSITA’

Dragan Mance come raccontato all’inizio è legato ad una delle più memorabili rimonte nella storia delle competizioni europee.

Siamo nella stagione 1984-1985.

Il Partizan, dopo aver eliminato nel primo turno di Coppa Uefa i maltesi del Rabat Ajax, vengono messi di fronte agli inglesi del QPR.

Il campo in sintetico degli “Hoops” londinesi non è omologato per giocare nelle competizioni europee. L’incontro viene giocato ad Highbury, lo stadio dell’Arsenal.

E’ un autentico massacro.

Gli inglesi vincono per 6 reti a 2, anche se i gol di Klincarski e di Dragan Mance avevano portato addirittura il Partizan in vantaggio per due reti ad una.

Ma il favoloso gol di Mance (un incredibile tiro al volo da oltre 30 metri) si rivelerà decisivo.

Si, perché nel ritorno, nella bolgia dei 45.000 che avevano riempito lo stadio del Partizan, i bianconeri, guidati da un Mance incontenibile vincono per 4 reti a 0.

Alan Mullery, il manager degli inglesi disse che “in 30 anni di calcio non ho mai visto un’atmosfera del genere. L’aria sembrava piena di elettricità”.

“Non ho da recriminare nulla. Sono stati superiori a noi. Ma la partita l’avevamo già persa un ora prima di scendere in campo quando abbiamo fatto il sopralluogo. Ho visto i volti dei nostri calciatori sbiancare di paura e io stesso non mi sono mai sentito così spaventato prima di una partita di calcio”.

E’ il 4 giugno del 1983. Nello stadio del Partizan si gioca il derby per eccellenza di Belgrado, quello tra i padroni di casa e la Stella Rossa, che da queste parti chiamano “il derby eterno”.

Mancano solo quattro partite alla fine del campionato.

La Stella Rossa è ormai tagliata fuori per la lotta al titolo della PRVA LIGA, che sembra ormai una questione a tre tra l’Hajduk di Spalato, la Dinamo Zagabria e proprio il Partizan di Belgrado.

Perdere un derby è sempre un disastro in una città che vive di calcio come Belgrado … ma perderlo con il rischio di consegnare il titolo agli acerrimi rivali concittadini non è semplicemente contemplabile.

Il Partizan parte fortissimo.

Dragan Mance colpisce con un colpo di testa la traversa. I calciatori del Partizan stanno ancora imprecando quando, sul prosieguo dell’azione, Varga, sempre di testa, trova il gol del vantaggio.

Ad inizio secondo tempo c’è un corner per i padroni di casa, tirato sul primo palo. C’è una spizzata di testa che taglia fuori tutta la difesa biancorossa. Appostato sul secondo palo, solo soletto, per Dragan Mance è un gioco da ragazzi mettere dentro dal limite dell’area piccola.

La partita sembra chiusa.

Il Partizan è padrone del campo.

“I Grobari”, la frangia più scatenata della tifoseria del Partizan, inizia a ballare, qualcuno completamente nudo, nella celeberrima “Kop bianconera”.

La Stella Rossa non ci sta. Si getta in avanti e a coronamento di una bellissima azione in verticale Durovic trova il gol con un gran tiro al volo dal limite dell’area.

Per qualche minuto il Partizan sembra stordito.

Tutte le certezze che sembravano incrollabili dopo il due a zero di Mance ora sono state sostituite da gambe molli e cuori spaventati.

La Stella Rossa capisce che è il momento di osare.

A consegnare loro stessi il titolo agli odiati rivali non ci pensano neppure.

Il Partizan riesce a mettere la testa fuori dalla propria metà campo con una classica azione di rimessa. La difesa della Stella Rossa sembra sufficientemente coperta quando però il loro terzino destro va inspiegabilmente a chiudere verso il settore opposto dove Vukotic è in possesso di palla.

A questo punto si apre un varco e Vukotic, con un cambio gioco quasi alla cieca, pesca Mance completamente smarcato sul settore destro della difesa biancorossa.

Mance controlla il pallone e avanza verso la porta di Stojanovic.

Ne attende con freddezza l’uscita prima di infilare con un sinistro rasoterra il portiere della Stella Rossa.

E’ il gol che mette al sicuro il risultato anche se nel finale una Stella Rossa mai doma accorcerà ancora le distanze con Milojevic.

Il Partizan vincerà quel campionato e il ventenne Dragan Mance segnerà 15 reti in 30 partite di campionato, finendo secondo nella classifica marcatori dietro Sulejman Halilovic … ma soprattutto entrando per sempre nella leggenda del Partizan di Belgrado e nel cuore dei suoi fantastici tifosi.

BIO: Remo Gandolfi e’ nato e vive a Parma. Ha gia’ 9 libri all’attivo. Dopo “Matti miti e meteore del calcio dell’est” che aveva fatto seguito al precedente libro di gran successo intitolato “Matti, miti e meteore del futbol sudamericano”, Remo, in collaborazione con Cristiano Prati, figlio dell’indimenticato campione, ha scritto, pubblicato da Urbone Publishing: “PIERINO PRATI – Ero Pierino la Peste” .

Ha una rubrica fissa sul popolare Calciomercato.com (“Maledetti calciatori”) e con gli amici di sempre gestisce un blog www.ilnostrocalcio.it . Quanto all’amato pallone, e’ profondamente convinto che la “bellezza” e “il percorso” contino infinitamente di piu’ del risultato finale.

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