ALLENARE “NELLA” COMPLESSITÀ.

di Fabrizio Piccareta

Che cosa si intende per complessità? Spesso, a torto, si travisa il significato e lo si attribuisce a qualcosa che ci appare difficile, complicato e, di conseguenza, anche poco comprensibile a meno che non si sia esperti in uno specifico campo. Nell’uso quotidiano del termine ognuno di noi può ritrovare molti esempi al riguardo. In realtà il termine ha a che fare con il grado di integrazione tra gli elementi che costituiscono un insieme, un sistema. Complesso e’ un sistema nel quale gli elementi non soltanto sono tanti ma sono anche talmente interdipendenti che diventa anche difficile capire quando e dove finisce la funzione di uno e l’inizio di un altro; dove se un elemento viene a mancare, la ripercussione sull’intero sistema e’ tale per cui o c’è un adattamento oppure tutto collassa inevitabilmente. Se state pensando ad un essere vivente, sappiate che si tratta della più alta forma di sistema “complesso”.

Cos’è una squadra di calcio se non un diverso tipo di sistema complesso? Pensiamo alla continua interazione tra i calciatori durante la gara: passaggi, movimenti con e senza palla, smarcamenti, raddoppi, ecc. Ogni singola azione di gioco e’ il frutto di queste interconnessioni. Ma, se vogliamo spingerci oltre, la squadra di calcio e’ un sistema complesso dentro un altro sistema, la partita, che e’ ancora più’ complesso in quanto, al suo interno, calciatori di due squadre interagiscono generando situazioni sempre mutevoli e mai uguali a loro stesse.

Se un elemento di questo sistema viene a mancare, un giocatore ad esempio, ecco che inevitabilmente si creerà un adattamento sia nella squadra che si e’ trovata in inferiorità ma anche in quella che, da quel momento in poi, potrà contare su un vantaggio numerico.

La complessità del calcio e’ pero’, soprattutto, data dalle innumerevoli ed infinite configurazioni e sviluppi che ogni gesto, movimento, corsa, passaggio fatto da ogni singolo giocatore in ogni momento della partita, crea inevitabilmente. Una ricezione orientata può’ cambiare il destino di un’intera azione perché, a

seguito di essa, giocatori di entrambe le squadre si muoveranno in un modo invece che in un altro. Un dribbling riuscito oppure no, un passaggio riuscito od intercettato, un cross a rientrare piuttosto che a uscire: ogni singola azione genera “nuovi scenari”.

La prima e forse più importante caratteristica di un sistema complesso e’, come abbiamo detto, l’interdipendenza tra gli elementi che lo compongono. Ritorniamo all’esempio della partita di calcio: la scelta effettuata dal giocatore in possesso palla ha ripercussioni su ciò che gli altri calciatori (compagni ed avversari) decideranno di fare in risposta a quella scelta. Se siamo d’accordo su questo aspetto, come può un allenatore riuscire a mantenere intatta questa peculiarità del gioco quando allena la sua squadra? Ma, soprattutto, siamo certi che, come allenatori, abbiamo realmente chiara questa necessita’ metodologica? Corrado Sinigaglia1, sostiene che: quando agisco con qualcuno che persegue il mio stesso scopo, il mio cervello non si limita a pianificare la mia sola azione ma, fin dall’inizio, la considera come la tessera di un “puzzle” del quale le azioni degli altri sono parte. In questo “puzzle” del quale Sinigaglia parla sono da considerare anche le azioni degli avversari. Non e’ forse l’essenza stessa dell’esperienza di gioco in uno sport come il calcio? Non e’ forse da questa frase che si dovrebbe avere la conferma dell’importanza di “vivere la complessità” dell’ambiente? Ecco allora che la complessità non sarà’ più’ vista come un ostacolo al processo di apprendimento ma, al contrario, una ricchezza di stimoli percettivi, variabili ed imprevedibili, attraverso (e dentro) i quali i ragazzi troveranno la loro personale interpretazione.

Osservando molti allenamenti, sia a livello giovanile che di prima squadra, si ha la sensazione che molti allenatori, nella convinzione di rendere più’ chiari i concetti ai propri calciatori, mettano in atto comportamenti e strategie di allenamento che questa complessità cercano di ridurla se non addirittura eliminarla completamente.

1 Corrado Sinigaglia e’ Professore Ordinario in Filosofia della Scienza all’Universita’ degli Studi di Milano. Collaboratore di Giacomo Rizzolatti e Ricercatore nell’ambito della Filosofia e delle Neuroscienze.

Quasi come, invece di essere un elemento imprescindibile del gioco, fosse qualcosa che impedisce ai giocatori di apprendere con chiarezza.
Ma “facilitare” non significa “impoverire” togliendo elementi dal proprio allenamento e quindi dal vero “ambiente di apprendimento”, ma invece guidare i propri giocatori all’interno di quella complessità che del calcio e’ l’essenza stessa. Qui non si tratta nemmeno più di scegliere tra l’analitico ed il situazionale. Si deve andare oltre. Bisogna riconsiderare il concetto di “allenamento della situazione”. Se una certa situazione la ricreo con espedienti didattici che la “provocano artificiosamente” in maniera da poterla poi allenare devo sapere, come allenatore, che sto togliendo quell’elemento di “imprevedibilità” che e’ fondamentale nel calcio. Ecco che, piuttosto che ricreare una situazione per allenarla, la si dovrebbe lasciar “emergere” in maniera naturale dal gioco e, a quel punto, correggerla o rinforzarla. In questo modo i calciatori potranno sperimentare anche il “momento” in cui una certa situazione si determina durante la gara.

Se, come allenatori, riusciamo a fare questo “salto” di consapevolezza, ecco che ogni seduta di allenamento non sarà più’ il tentativo di “dominare” questa complessità (cosa peraltro impossibile da fare) ma, al contrario, sapremo muoverci al suo interno e, cosa più’ importante, sapranno farlo i nostri giocatori. Ecco perché non possiamo pretendere di “allenare LA complessità” ma possiamo imparare ad “allenare NELLA complessità”

Fabrizio Piccareta e’ nato a Genova nel ’65. Ex libraio. Allena dal 2003. Dal 2011 e’ allenatore professionista con esperienze in Inghilterra, Portogallo, Finlandia e Italia. Oggi e’ “Direttore Atletico” di Rome City Institute.

17 risposte

  1. Buon giorno. Mi può dare per cortesia esempi CONCRETI SPECIFICI di ” allenamenti nella situazione” ad esempio categoria Primavera 2 Parma. Una settimana di raduno: Una settimana durante il campionato con esercizi sequenze…tempi. O una squadra si sua scelta. Entrare nello specifico lo ritengo più utile di qualunque intervento teorico. Grazie
    Luigi Nesti

    1. Buongiorno Luigi,
      le faccio un “esempio concreto specifico” su cosa intendo per “allenare nella complessita’”: supponiamo lei voglia allenare i suoi giocatori a gestire (individualmente e collettivamente) una transizione negativa. Sappiamo bene che, nella realta’ del gioco, e’ impossibile determinare il momento esatto in cui questo evento si verifichera’ (e, peraltro, nemmeno SE si verifichera’, visto che l’azione di possesso potrebbe anche andare a buon fine). Quindi come la posso allenare? Non certo ad esempio, come anch’io ho fatto (sbagliando) in passato, “strutturando” una situazione in cui questo evento (la perdita del possesso) si debba necessariamente verificare. Sarebbe artificioso e mancherebbe di un elemento fondamentale delle transizioni: la capacita’ di reagire alla situazione. Cosa posso fare quindi? Creare una realta’ di gioco “reale” ed essere pronto, come allenatore, ad intervenire se e quando la situazione (in questo caso la perdita del possesso) si verifichera’, correggendo comportamenti non corretti/coerenti oppure (ancora meglio) rafforzando quelli corretti/coerenti. Cosi’ facendo, a mio avviso, lasceremo che i nostri giocatori possano “conoscere” situazioni reali e soltanto cosi’ potranno “ri-conoscerle” al loro verificarsi in partita.
      Mi perdonera’ se in questa occasione non ho modo di soddisfare la sua richiesta di dettagliare su periodi piu’ lunghi.
      Fabrizio Piccareta

      1. Complimenti Fabrizio, ho apprezzato molto il tuo articolo, specie per ciò che non hai scritto. E mi spiego: uno degli errori più frequenti che vengono commessi da tanti che pensano di affrontare la complessità del calcio è quello di suggerire attività e proposte di campo. Chi fa questo, e lo ritengo un errore imperdonabile, ignora il fatto che approcciarsi in maniera ecologica alla complessità del gioco del calcio significa tener conto solo ed esclusivamente di quel sistema con cui sta operando. Difatti, la complessità delle interazioni determina la specificità di quel sistema ( singolo, catena, reparto, blocco, squadra) che non può essere trasferita ad altri. Ti viene chiesto di fare degli esempi concreti ( se ho capito bene, addirittura di una settimana completa).In una risposta stavi incorrendo anche tu nel medesimo errore, che hai scansato introducendo giustamente il principio della emergenza: intervenire nel qui e ora in modo contestuale ( quello che accade nello specifico) , ricorrendo ad un ulteriore principio di facilitazione, quello della riflessività sull’agito ( chi ?perché?, dove?, quando?, come?). Poi, se qualcuno è più interessato alla esercitazione piuttosto che al tipo di possesso palla, magari ci si può incontrare su qualche campo, e sicuramente anche lì potrebbe ricevere delle illuminazioni, così come già successo in passato. Chiudo con una domanda: qualora si fosse presentata una proposta di lavoro, che facciamo, la prendiamo e la facciamo con la nostra squadra?

  2. Grazie per la risposta. La considero sempre teorica . Spero che in futuro soddisferà la mia richiesta Vede quello che lei ha evidenziato nella transizione negativa…comunque si deve rapportare con esempi concreti e specifici di didattica. Ho osservato molti Mister sul campo a vari livelli….Non faccio nomi ma il tal mister affronta didatticamente sul campo la transizione negativa in un modo…. un’altro in un altro modo…a livello alto…a questo punto occorre capire e identificare la didattica più positiva…E il Mister ad alto livello è più FINE nella didattica che propone…non solo nelle transizione negative. Che è un’aspetto nella complessità del linguaggio della partita di calcio. Aspetto la risposta ai miei quesiti.

  3. Sono certo che Lei abbia avuto modo di apprendere da “Mister ad alto livello”. Loro sono certamente piu’ “FINI” nella didattica di quanto possa essere il sottoscritto. Detto questo, avendo avuto qualche riscontro positivo per il mio lavoro, continuero’ a lavorare nel rispetto dei principi in cui credo. Sperando un giorno di raggiungere quei livelli ai quali, giustamente, lei si ispira.
    Per il momento le auguro Buone Feste
    Fabrizio Piccareta

  4. Vede ci sono molti libri, dove attingere, molti webinar, internet anche molti blog di discussione e corsi. Quando ho visto gli allenamenti e la didattica sul/del campo di Mister Mourinio nel ritiro Inter ( si ricorderà per il triplete) dove gli ho preso/appresso tutti i suoi “segreti” sono molto cresciuto nelle mie riflessioni didattiche. Come pensate di far crescere i tanti Mister che partecipano al blog. Con titoli altisonanti “L’apprendimento questo sconosciuto” Rendendolo comunque sconosciuto. Questo il motivo in cui credo nella Didattica e scendere nello specifico. Poi se non vuol divulgare i suoi principi didattici. O non rispondere ad una mia semplice richiesta. E’ liberissimo. Grazie
    Buone feste a lei e ai suoi cari

  5. Eg. Sig. Nesti,
    a me invece pareva di averle risposto nel merito ma, evidentemente, a lei non basta. Ora io mi trovo di fronte ad un dilemma: risultare “presuntuoso” non replicando al suo ultimo messaggio? O risultare comunque “presuntuoso” e risponderle che, onestamente, mi riesce difficile argomentare con qualcuno che mi accusa di “non voler divulgare i suoi principi”? Opto per la prima soluzione anche in considerazione del fatto che lei, avendo “preso/appreso tutti i “segreti” di Mourinho”, non ha certo bisogno di altre informazioni.

  6. E’ risentito. Pensi avevo chiesto solamente …non lo ripeto sa benissimo che cosa avevo chiesto. Un Mister deve sempre confrontarsi e studiare…Infatti non mi sono fermato solo alle didattiche di Mister Mou ma anche di molti altri. Di tutti livelli senza preclusione. Perciò ho sempre bisogno di informazioni… didattiche esempi del/sul campo specifiche e concrete. Non mi ritengo certamente arrivato Eg. sig Piccaretta. Stia tranquillo non mi interessa un blog così impostato il mondo ne è pieno e la concorrenza è alta.

    1. Scusate se intervengo nella discussione, non sono un allenatore ( a suo tempo l’ho fatto con i ragazzi da “naif”). Ma ho trovato interessante il discorso di allenare alla complessità. Bene, lo riporto io un esempio. Napoli – Lecce. di qualche anno fa, siamo a circa il 47° del 2° tempo, mancano credo 2 minuti alla fine della partita.
      Il Lecce va in contropiede e il tiro si stampa sul palo, il rimbalzo viene preso da un calciatore del Napoli che pasa la palla a Cavani che tutto solo va a segnare dando la vittoria al Napoli.

      In questo caso i calciatori del Lecce avrebbero dovuto prevedere il contro-contropiede, presiedendo meglio il campo o intervenire con un fallo anche da espulsione.

      Quale l’insegnamento didattico: il contropiede si deve chiudere o con rete o con parata del portiere o con tiro fuori. Ma può anche darsi che questo non succeda e la palla per varie combinazioni va nei piedi degli avversari.

      Quindi, chi di dovere, centrocampisti di contenimento e difensori, debbono essere attenti allo sviluppo negativo dell’azione, oltre che a quello positivo accompagnando l’azione.

      Il concetto si può anche applicare, ad altre situazioni, due attaccanti avversari arrivano con palla al piede, se ne conosco le caratteristiche di “golosità” e la palla l’ha sul piede quello generoso, io sono pronto come portiere ad intercettare il passaggio. Se, invece, è l’egoista a tenere il pallone, stringo su di lui, sperando che colpisca me invece della porta.

      Il concetto che io ho capito dall’intervento di Piccareta, che allenare alla complessità, significa allenare la mente dei calciatori, non necessariamente simulando situazioni, a guardare in ogni momenti la propria posizione in campo in coordinazione con gli altri ed aspettarsi l’imprevisto.

      Se sono portatore di palla, significa guardare la posizione e i movimenti dei miei compagni e se ci sono spazi. In assenza di movimenti e spazi, posso tentare il dribbling o più semplicemente far girare la palla. Ma per fare questo devo conoscere i principi generali di gioco del mio allenatore.

      Non credo che allenare nella complessità sia solo un fatto teorico, ma credo, dal mio , più che modesto punto di vista, sia soprattutto un fatto di generare una “giusta mentalità”, a prevedere istintivamente ed istantaneamente sia uno sviluppo normale dell’azione , ma anche la sua imprevedibilità.

      Chiedo scusa di essermi intromesso, ma non essendo un addetto ai lavori per professione, forse ho la mente più libera da vincoli della mia formazione tecnica.

      Ma, come al solito, cambiando i punti di vista, si modificano anche i giudizi, per cui sinceramente, a parte qualche risentimento, trovo logico e giuste sia la proposta di Piccareta e sia la richiesta esemplificativa di Nesti.

  7. “quando agisco con qualcuno che persegue il mio stesso scopo, il mio cervello non si limita a pianificare la mia sola azione ma, fin dall’inizio, la considera come la tessera di un “puzzle” del quale le azioni degli altri sono parte” Non c’è molto da aggiungere, più chiaro di così. Grazie Fabrizio bel pezzo. Buon lavoro.

  8. Fabrizio, ho letto con piacere il suo articolo.
    Vorrei fare una riflessione/domanda riguardo la complessità e la fase di attivazione pre gara.

    Quanto secondo lei si dovrebbe rispettare la complessità anche nella fase di attivazione pre gara?
    Farebbe differenza tra calcio dei “grandi” e calcio prettamente di formazione?

    Le mando un saluto,
    Marco Brunetti

    1. Ciao Marco, in attesa della risposta di Fabrizio, ti esprimo il mio pensiero riguardo alle tue domande:
      Credo che l’attivazione, in qualsiasi fascia d’eta’, possa iniziare direttamente con l’utilizzo del pallone. Accompagnando i giocatori e le giocatrici nel loro percorso possiamo aiutarli a conoscere meglio, a “sentire” meglio il proprio corpo e quindi lasciare loro qualche minuto di attivazione individuale che il giocatore puo’ scegliere di fare con e senza palla. Nel calcio dei “grandi” questa consapevolezza di se’ dovrebbe essere oramai raggiunta, pertanto una parte di attivazione individuale sarebbe opportuna.

    2. Buongiorno Marco,
      Il mio articolo si riferisce soprattutto alle modalita’ con cui dovremmo costruire il nostro ambiente di apprendimento con i giovani. L’attivazione pre-gara e’ un capitolo talmente particolare che, secondo me, esula da una programmazione che riguarda un aspetto metodologico piu’ ampio. Sicuramente quei 20/25 minuti prima di una gara possono essere gestiti in modo diverso ma non credo abbiano un impatto cosi’ decisivo sulla prestazione. Io ho allenato sia gli adulti che i giovani e ho visto e fatto molte cose come attivazione pre-gara ma nessuna e’ garanzia e/o propedeutica ad una prestazione. Mi e’ capitato di rientrare negli spogliatoi arrabbiato per un’attivazione che mi e’ parsa “moscia” da parte dei ragazzi e poi vederli andara a 1.000 cosi’ come il contrario.
      La mia riflessione sul “vivere la complessita’” si riferisce esclusivamente all’aspetto della gestione settimanale, sia nella fase di formazione (fondamentale) che nel calcio “adulto”.
      Spero di aver risposto esaurientemente!
      Cordialita’

  9. Io credo che le esercitazioni possano essere svariate e che esse vadano ricavate dai principi che ciascun allenatore ritienere di prediligere nella costruzione del proprio modello di gioco. Non serve “copiare” le esercitazioni ma formarle per aiutare i giocatori ad affrontare le medesime situazioni di incertezza della partita. Il solo rischio, a mio avviso, per chi non ha le Sue eccelse competenze è quello di finire, nella conduzione di siffatte esercitazioni, con l’essere prescrittivi, pur volendo sposare convintamente, come nel mio caso, un metodo esattamente opposto (induttivo-pedagogia attiva). Leggere ed ascoltare Lei è sempre un privilegio. Grazie!

    1. Buonasera Angelo. Se per lei va bene, passerei al tu. Credo che le esercitazioni vadano ricavate dal gioco, proprio per, come dici tu, aiutare i giocatori ad affrontare le medesime situazioni di incertezza della partita. Quello che dici è vero, si diventa prescrittivi, si vuole controllare tutto e si diventa schematici, si lavora per codifiche e non più per principi.Grazie a te! Buon wend.

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