JOHANNES JAKOBUS NEESKENS: L’ALTRO JOHAN

Se siete interessati a comprendere l’evoluzione del giocatore “box to box” il percorso di formazione è quello che parte da Alfredo Di Stefano e arriva sino a Zinedine Zidane.

Nel mezzo tante figure, da Osvaldo Ardiles a Toninho Cerezo, da Zbigniew Boniek a Lothar Matthaus con sprazzi del primo Pavel Nedved sino a Robert Prosinecki e Bastian Schweinsteiger, pagando ovviamente il dovuto tributo a Bobby Charlton.

 Giocatori diversi con funzioni differenti ma con una caratteristica comune: a prescindere dalla posizione occupata, la palla finiva sempre dove stazionavano loro.

Di questo ristretta e qualificata cerchia di calciatori bifasici, JOHANNES JACOBUS NEESKENS, detto Johan, scomparso ieri all’età di 73 anni, ne è l’emblema per eccellenza.

Un sportivo nato grazie ad una capacità di apprendimento unica ed una duttilità che lo ha visto eccellere sin da ragazzo in più discipline se è vero, come è vero, che dopo aver partecipato ai campionati europei juniores di baseball, più di una franchigia statunitense si interessa a lui per farlo giocare nella MLS, la lega professionistica statunitense.

Ci andrà, da lì a qualche anno, negli States.

Ma non per giocare a baseball. Approderà negli USA da stella assoluta, ingaggiato dai Cosmos di NYC, dopo aver deliziato per un decennio gli appassionati europei del pallone.

Sarà uno dei protagonisti del “calcio totale”. Anzi, ne sarà il manifesto per eccellenza.

Arriva all’Ajax nel 1969, giovane di belle speranze, dopo la lezione impartita ai lancieri in finale di Coppa Campioni dal Milan di Rivera.

Il demiurgo Rinus Michels comprende che la squadra, di per sé brillante per modernità dei principi e per occupazione degli spazi, manca ancora di dinamismo.

Inserire un giocatore di pura “fatica” o di “rottura” finirebbe tuttavia per contraddire il percorso avviato.

Neeskens è perfetto per l’idea di calcio del proprio allenatore.

Sarà lui a dominare in mezzo al campo, in una posizione itinerante che andrà a coprire più spazio possibile senza mai sfociare nell’anarchia con una finalità precisa: creare altro spazio per i compagni.

Molto più di un regista, di un trequartista o di una mezzala.

Neeskens è un calciatore a 360 gradi. Forse per i trascorsi nel baseball sa sempre cosa succede in ogni zona del campo.

 In fase di non possesso pare guidato da un radar che gli suggerisce in anticipo cosa sta per accadere. In fase di possesso, è assolutamente imprevidibile.

E’ in grado di avanzare palla al piede, di aprire il campo con autentiche “sventagliate”, di palleggiare sul breve, di dribblare, di giocare il filtrante, di battere a rete e di colpire di testa.

Il tutto senza mai perdere (rectius, anticipando) i tempi della giocata, con una capacità aerobica di prim’ordine.

Intercetta come un 6, ribalta l’azione come un 8, rifinisce come un 10, salta l’uomo come un 7 e realizza come un 9. Cosa volere di più?

Formerà con Johan Cruijff la coppia di calciatori più efficiente mai vista in Europa, sia nei club che nelle nazionali.

Da lì il soprannome di Johan II.

“Se gli arancioni rappresentano i Beatles del pallone,

 Crujff e Neeskens sono Lennon & McCartney:

grandi da soli, inarrivabili in coppia”

(Gianni Testa)

Tra Cruijff, il visionario, e Van Hanegem, il genio, Neeskens si porrà da lì a poco come l’anima della nazionale olandese.

E’ assoluto padrone dell’evento calcistico come lo è della propria bellezza in ossequio allo stile dei primi anni 70 che pone calciatori, tennisti, piloti di formula uno ed altri sportivi all’attenzione del mondo patinato. La criniera bionda e i basettoni lo condurranno ad un altro soprannome: de leeuw (il leone)  

Quando scende in campo, tuttavia, l’edonismo lascia posto alla funzionalità e all’efficienza.

Sa essere anche cattivo Neeskens.

Nei (rari) momenti di difficoltà non esita a farsi “sentire” dagli avversari come nell’amichevole contro l’Italia di Bernardini, giocata a Rotterdam nel 1974, quando, forse irritato da mezz’ora da antologia di un giovane Giancarlo Antognoni, rifila a quest’ultimo una scarpata in faccia.

Il magistero all’Ajax gli porta in dote tre Coppe dei Campioni e la consacrazione tra i migliori calciatori del continente. A proposito della sua duttilità non perderà occasione di affermare come i trascorsi da terzino gli siano stati estremamente utili per comprendere i movimenti dei compagni schierati in zone del campo differenti dalla sua.

Il passaggio di consegne tra Michels e Kovacs alla guida dell’Ajax gli apre nuovi orizzonti  dal punto di vista estetico tant’è che durante l’esperienza con il tecnico rumeno la qualità delle sue giocate risulterà inarrivabile per combinato tra forma e funzione.

Già così ce ne sarebbe per un ritratto da grandissimo ma a tutto ciò c’è da aggiungere un ulteriore aspetto rappresentato dalla strabordante personalità.

In una nazionale, quella del 74, che schiera Cruijff, Krol, Rep e Rensenbrink, i rigori li calcia lui.

Sarà capocannoniere ai campionati del mondo del 1974 prima di trasferirsi a Barcellona, dove, sempre a fianco dell’altro Johan ed allenato ad intermittenza da Michels, disegnerà pagine indelebili nella mente dei tifosi azulgrana che si affezioneranno a lui ancor più che a Cruijff sino ad ergerlo, nonostate il passaporto olandese, a simbolo della Catalogna.

E dire che al suo arrivo avevano storto il naso in molti poiché sarebbe andato a prendere il posto dell’idolo Hugo Sotil.

A distanza dicinque anni,la stessa tifoseria costringerà alle dimissioni il Presidente del club causa mancato suo rinnovo!

Il modo migliore per salutarlo è quello di riportare la descrizione che questo blog gli dedicò in occasione della pubblicazione del racconto sull’Olanda del 74:

“Il bello, che porta lo stesso nome di battesimo del visionario (Johan) indossa con eleganza la 13 e potrebbe risultare indistintamente il protagonista di un servizio patinato, di un film di 007 o di un concerto rock. E’ stato eletto miglior giocatore ai campionati europei juniores di baseball. Sarà per quello che comprende prima degli altri ciò che accade in ogni zona del campo.

Se cercate informazioni su di lui, lo troverete descritto come centrocampista. In realtà, è molto di più. E’ l’evangelista perfetto del suo allenatore. In un complesso in cui tutti devono saper far tutto e giocare in ogni posizione del campo, è straripante. Sa essere diga, regista, rifinitore e realizzatore.

Immaginate un calciatore che possa vantare i tempi di inserimento di Tardelli, il dinamismo ad elastico a tutto campo di Toninho Cerezo, la padronanza visiva dell’evento di Falcao e l’attitudine a  saltare l’uomo con il primo controllo di Boniek.  Aggiungete a tutte queste caratteristiche la capacità realizzativa, anche di testa, di Ballack e avrete come risultato la configurazione di Neeskens

 (“Rock & Football” –La Complessità del calcio www.filippogalli.com- 23 novembre 2022) .

Nemmeno l’avvento di Happel, storico avversario dell’Ajax, sulla panchina dell’Olanda toglierà a Neeskens importanza.

Anzi, nel biennio 76-78, il nostro diventerà ancora più leader andando a supplire ai vuoti lasciati prima da Van Hanegem e poi da Cruijff sino all’epilogo in Argentina, seconda finale mondiale giocata e persa contro i padroni di casa. 

 Alla soglia dei 30 anni, come molti campioni dell’epoca proverà l’ebbrezza dell’approdo negli USA che nel suo caso non poteva trovare meta che a New York.  Un quinquennio ai Cosmos e poi nuovamente itinerante per qualche anno in Europa prima di concludere oramai quarantenne la carriera da calciatore.

Il percorso da tecnico lo vedrà impegnato più come assistente che come capo allenatore girando il mondo a fianco di Gus Hiddink e Frank Riijkaard, per poi fungere da ambasciatore del  calcio in svariati paesi e presso differenti culture tanto che la morte lo ha colto in Algeria.

Ma questo non ci deve sorprendere.

Johan Neeskens fermo non sarebbe mai stato…

BIO: Alessio Rui è nato e vive a San Donà di Piave-VE ove svolge la professione di avvocato. Dal 2005 collabora con la Rivista “Giustizia Sportiva”, pubblicando saggi e commenti inerenti al diritto dello sport. Appassionato e studioso di tutte le discipline sportive, riconosce al calcio una forza divulgativa senza eguali. Auspica che tutti coloro che frequentano gli ambienti calcistici siano posti nella condizione di apprendere principi ed idee che, fatte proprie, possano contribuire ad una formazione basata su metodo e coerenza, senza mai risultare ostili al cambiamento.

3 risposte

  1. E’ sempre un grande piacere leggere i tuoi profili dei calciatori importanti. Io, per la verità, quando giocava l’Olanda, a parte Kroll e Cruiff, non riuscivo a godere dei singoli, tanto era variopinto il gioco olandese, che si imponeva soprattutto come squadra.
    Vero che avevano fior di giocatori e una preparazione fisica che gli altri non avevano all’epoca,, ma apprezzavo soprattutto, la loro forza e potenza collettiva, in tutte e tre le fasi (difensiva, di palleggio a centrocampo e di attacco).
    In tal senso, non sono riuscito a godermi Neeskens com singolo, ma come uno degli undici olandesi volanti.
    Quindi, Alessio ti ringrazio per questo gran bel ritratto e ti saluto.

    1. Anche per me risulta complicato parlare dei singoli, il calcio è uno sport collettivo.
      Mi riesce meglio con i campioni del passato perché il tempo mi aiuta a circoscriverne le gesta ma concordo con te, Giuseppe.
      Alessio

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