THEO HERNANDEZ, L’ETERNO WANNABE DI MALDINI

Theo Hernandez, cari lettori, resterà sempre un wannabe di Paolo Maldini, e lo dico con il rispetto che si deve a chi sa dominare il campo con “gran gamba”, ottimi piedi e una progressione che pare quella di un levriero in campo aperto. Ma ci sono fattori che distinguono un ottimo calciatore da una leggenda, e purtroppo per Theo, la distanza che lo separa da Maldini è (ancora) oceanica.

Entrambi incarnano quella rara categoria di calciatori duttili, totali, capaci di coniugare qualità fisiche e tecniche in entrambe le fasi. Maldini, per genetica e disciplina, era un baluardo, padrone dell’arte del difendere con eleganza. Theo, invece, ha in sé la furia del moderno: bruciante in conduzione, capace di squarciare gli spazi dinanzi a sé con accelerazioni devastanti. Ma è proprio nell’uso di questo talento che il francese si smarrisce: se Maldini guardava avanti con l’occhio di chi già intuiva il pericolo alle spalle, Theo pare spesso smarrire il senso del retroguardia. Pioli, con un’affermazione laconica quanto veritiera, disse: «Se gioca sempre concentrato è incredibile». Ecco, il punto è proprio questo: la continuità mentale, la capacità di legare istinto e ragione, due forze in contrasto nel francese, come un cavallo di razza che, pur dotato di velocità, si perde al primo inciampo.

Paolo Maldini, signori, era una garanzia: ogni intervento, ogni marcatura, ogni corsa sul campo era come il pennello di un maestro che conosce la propria arte meglio di se stesso. E lo faceva con una tranquillità glaciale che non lasciava spazio all’errore. La sua capacità di leggere il gioco, di anticipare l’avversario, e soprattutto di essere sempre nel posto giusto al momento giusto, rendeva ogni azione difensiva una questione risolta ancor prima che nascesse. Paolo Maldini era come una sfinge calcistica, immutabile, sicuro, inscalfibile. Il suo talento difensivo era un riflesso della sua anima: pulito, elegante, eppure implacabile.

Theo Hernandez è un’altra cosa. Lo vedi avanzare come una forza della natura, lanciato sulla fascia con quella progressione che pare inarrestabile, come un cavallo di razza scatenato a campo aperto. Il piede è eccellente, non si discute, e la capacità di creare superiorità numerica, di rompere gli equilibri in attacco, è uno dei suoi tratti migliori. Ma, signori, il calcio, quello serio, non è fatto solo di avanzate gloriose e giocate spettacolari. È fatto anche di disciplina tattica, di attenzione difensiva, di interventi decisivi nei momenti critici. E qui viene il problema. Sovente, la concentrazione dell’ex Real Madrid viene meno nel momento peggiore possibile per il Milan.

Contro la Fiorentina, Theo ha vissuto una serata da dimenticare. Prima, ha steso il sipario con un rigore tanto ingenuo quanto evitabile, poi, complice Tomori, ha spalancato la porta al gol decisivo dei Viola. Il solo lampo nella nebbia è stato quel cross chirurgico, un bacio al pallone che ha trovato i piedi di Pulisic per una gemma balistica. Ma in una notte in cui avrebbe dovuto festeggiare il compleanno, Theo ha invece soffiato sulle candeline di un incubo calcistico.

Per quanto sia straordinario nel suo andare in avanti, il francese è spesso rivedibile quando si tratta di difendere. In quelle situazioni dove serve più mente che muscolo, dove la lucidità tattica è la differenza tra un gol subito e uno salvato, Theo tradisce la propria essenza. Commette errori che non ti aspetteresti da un giocatore del suo calibro. Disattenzioni difensive, posizionamenti sbagliati, e un’incapacità di leggere certe fasi delicate della partita lo rendono un pericolo per la propria squadra tanto quanto una risorsa.

Paolo Maldini, con la sua calma olimpica, non avrebbe mai permesso queste sbavature. In lui c’era un senso del dovere, una nobiltà calcistica che Theo non ha, e probabilmente non avrà mai. Il francese ha lo spirito dell’assaltatore, del cavaliere solitario, mentre Maldini incarnava l’essenza del difensore collettivo, di colui che mette la squadra sopra ogni istinto personale.

Dunque, Theo rimarrà sempre un “wannabe” di Paolo, uno che sfiora la grandezza senza mai afferrarla del tutto. Ha le qualità tecniche per far innamorare chiunque, ma manca di quel rigore, di quella lucidità mentale che separa gli ottimi calciatori dai grandissimi. Finché non troverà una disciplina difensiva degna di questo nome, resterà un giocatore ammirevole ma incompiuto, una tempesta che non diventa mai uragano, un cavallo di razza che si perde nel suo stesso galoppo, dimenticando che per arrivare al traguardo servono anche equilibrio e saggezza.

BIO: VINCENZO DI MASO

Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.

Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia. 

Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.

Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.

Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.

8 risposte

  1. La presunzione lo.limita…forse lo pone nella mediocrità assoluta…al Milan non sanno valutare insieme qualità e limiti giocatori..lo dimostrano cessioni Adli,Kalulu,Pobega e Royal ultima perla negativa di questi fasulli dirigenti…Theo non e’ grande giocatore,discreto giocatore

    1. Caro Filippo, cari tutti…
      Diciamo che non è la settimana giusta per parlare di Theo.
      Ciò detto, il confronto non si pone proprio, tanto è impari.
      Abbiamo un disperato bisogno di normalizzarci e di tornare alla “cultura del lavoro” che predicava Arrigo.
      Forza Milan e Magico Filippo

  2. Penso che siate molto severi con Theo.

    Dopo Maldini, Theo è l’unico che gli si avvicina. Anche io a volte inseguo il suo calcio, ma lui è questo tipo di calciatore. Offensivamente, ci porta molto ed è molto decisivo, un sacco di pre-assist, assist e gol. A livello difensivo è un po’ meno, ma questo è dovuto anche al fatto che spesso si propone davanti. Gli manca la freschezza mentale e la fisicità per fare tutto questo. Ma non bisogna rallentare un calciatore di questo tipo e lasciarlo fare. Sono gli altri a doverlo cogliere, ma questo accade troppo poco.

    Chi sono andati tutti dietro a Maldini per prendere quel posto? Chi ci è riuscito? Eccone alcuni di cui ricordo ancora qualcosa.

    Didac Villa
    Kevin Constant
    Urby Emanuelson
    Luca Antonini
    Luca Antonelli
    Mattia De Sciglio

    Nessuno dei giocatori sopra citati si avvicina a Maldini ma non si avvicinano nemmeno a Theo.

    Così come non avremo mai un secondo Baresi o un altro Rivera ….. Non vivete nel passato, non paragonate i giocatori perché il calcio si è evoluto ad un altro livello rispetto agli anni ’80, ’90 o addirittura agli anni ’00.

    Quindi siate contenti di avere un giocatore del genere perché ha le squadre tra cui scegliere.
    Indossa con orgoglio la nostra maglia ed è un ottimo capitano!

    Forza Theo

    Scusate se il mio italiano non è sempre chiaro Sono nato in Belgio 🙂

    1. Caro Marco, condivido quasi in toto quanto dici, qualche perplessità però mi sovviene quando affermi “non vivete nel passato”. Fai un torto a questo blog, a chi vi scrive e a chi lo legge perchè riteniamo di portare pensieri e pratiche innovative. Rispondo anche a nome di Vincenzo che, se vorrà, risponderà a sua volta: il titolo e il contenuto fanno proprio riferimento ai continui accostamenti tra i due giocatori, accostamenti improponibili proprio perchè sono giocatori appartenenti ad epoche diverse ma, qualora volessimo eludere l’aspetto temporale, ad oggi, rimangono lontani.

  3. Concordo pienamente.
    Mi permetto inserendo una riflessione/provocazione, diciamo così, sociologica: disattenzione, sbavature e approssimazione non saranno figlie dei tempi moderni, specchio delle insane abitudini di vita dei giovani?
    Maldini era figlio del dovere, della disciplina e del rigore. Umile, determinato e tronfio. Puntava l’obiettivo e lo centrava, a testa bassa.
    Non sarà mai che oggi il famoso detto “il troppo stroppia” sia calzante per indicare chi vuole tutto e subito e con capricci annessi?

    1. L’osservazione di Filippo calza a pennello. Questo blog vive, oltre che degli accadimenti attuali, anche osservando gli specchietti retrovisivi che mostrano molto spesso un calcio diverso, più sanguigno, talora meno veloce e talaltra, in virtù della mole di fuoriclasse vissuti, ma questo è ciò che determina ” La complessità del calcio!”

      Massimo 48

  4. Sebbene sia migliorato molto difensivamente non posso che condividere ogni parola di questo articolo e anche il fatto della presunzione come qualcuno ha menzionato tra i commenti. Theo si crede già il migliore ma si sbaglia di grosso, e questo inizio di stagione sta mettendo tutte le sue lacune sotto i riflettori e lui non se ne rende nemmeno conto. Io resto dell’idea che forse sarebbe meglio venderlo e cercare un degno sostituto (non come Royal).

  5. Theo Hernandez ha tutte le potenzialità (ma ha già 27 anni) per essere accostato a Maldini, anche se secondo me Paolo è inarrivabile proprio per una questione tattica e di atteggiamento. A Firenze ha mostrato di avere dei limiti comportamentali che affiorano troppo spesso, soprattutto in quei momenti dove la calma olimpica è essenziale. Sono altri tempi, di educazione e stile dimenticati, come qualcuno ha già fatto notare. Sono convinto che leadership significhi esempio e che il talento deve passare anche attraverso questo.

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