Sinceramente sono stanco, stanco di scrivere e di vedere quello che c’è in giro e scusatemi se ogni tanto vi tedio con le mie considerazioni.
Non sono ancora cadute le foglie e nei settori giovanili (nelle prime squadre non ne parliamo neppure), già saltano gli allenatori come tappi di spumante.
Comunicati ridicoli che annunciano il tutto scimmiottando perfettamente i grandi, il nulla legato con il niente.
Poi ancora, in ordine sparso:
– schemi su palla inattiva con i 2015
– “attento alla palla aperta” rivolto ai 2016
– riscaldamento “fisico” con i 2013 e tattico, con uscite e coperture, con i 2014.
– “aspettiamo i tornei che contano” rivolto ai 2013.
Esistono due categorie di tecnici nel settore giovanile (e di responsabili):
– quelli che non ne hanno proprio un’ idea.
– quelli che fanno fare cose da grandi.
Sinceramente non so quale sia il peggio e se quando, 40 anni fa, ho iniziato, alle informazioni si accedeva solo acquistando libri o andando a vedere direttamente le cose sui campi, oggi attraverso internet si può avere accesso a tutto e le cose se vuoi le trovi.
Però non si parla mai di calcio, di metodologie, di fasi sensibili, di bisogni dei bambini e del loro ascolto, non si parla mai di competenze e di moralità.
Nulla di quello che sarebbe utile.
BIO: Alessandro Zauli
Classe 1965.
Allenatore UEFA A.
Collaboro con la rivista Il Nuovo Calcio dal 1993 per il quale ho scritto anche 4 libri.
Ho allenato e alleno in settori giovanili dilettantistici/professionistici dal 1985.
Lavoro anche come istruttore sportivo presso la Casa Circondariale di Ravenna e coi ragazzi della salute mentale.
Dal 2009 inoltre svolgo l’ attività di osservatore per i campionati di C e D
18 risposte
Ti seguo da parecchio tempo, purtroppo solo sui social, mi farebbe piacere incontrarti di persona per condividere insieme quello che scrivi.
Ciao Mauro, grazie,
scrivimi in email: whitesharky63@gmail.com
A presto
Filippo
Gentilissimo Alessandro,
ho letto con piacere il tuo intervento, del quale ne condivido lo spirito. Ma come altre volte ho scritto, io divido il calcio giovanile tra mondo men che dilettantistico e mondo professionale.
Ovviamente credo che tu ti rivolga al mondo professionale, rispetto al quale, se le cose stanno come dici tu, ovviamente, unitamente al miglioramento delle condizioni sociali (paragono il settore giovanile di oggi con quello di fine anni 50 e inizi 60) e alla concorrenza di altri sport, si spiega perchè la qualità individuale dei calciatori si è notevolmente abbassata.
Quanto al settore men che dilettantistico, io personalmente ringrazio quei non allenatori, che consentono ad un gruppo di ragazzi, a prezzi modici, di giocare a calcio e di ricevere nozioni elementari sul modo di migliorare e di stare in campo. Poi, se c’è qualche campioncino, sicuramente viene osservato e preso d società di standing più elevato.
Un saluto.
Leggendo articolo e commenti rimango un po’ confuso:
– tra “quelli che non ne hanno proprio un’ idea” e “quelli che fanno fare cose da grandi” dove mettiamo quelli che lavorano bene? Oppure non esistono proprio?
– nel “mondo men che dilettantistico” (o in qualsiasi altro mondo diversamente definito) perché chi consente di “di giocare a calcio e di ricevere nozioni elementari sul modo di migliorare e di stare in campo” dovrebbe essere considerato un “non allenatore”?
Grazie per le vostre risposte.
Ciao Marco, provo, facendo sintesi a rispondere a te e a Giuseppe Squeo sostituendomi ad Alessandro Zauli che, se lo vorrà, risponderà a sua volta.
A differenza di Giuseppe non sono dell’idea che si debbano dividere i settori (prof, dilettanti…) soprattutto quando parliamo delle fasce d’età dei o delle giovani più piccole. Lì ci vorrebbero ancor più competenze, competenze multidisciplinari che tengano conto di aspetti psico-pedagogici, relazionali e via dicendo.Non è sufficiente e ahinoi può essere deleterio per i nostri giovani avere a che fare con persone che sono volontari (ne rispetto la volontà di farlo). Non ho usato il termine “non qualificate” perchè dal mio punto di vista ho seri dubbi che le qualifiche arrivino dopo percorsi di studio oltre che da pratiche di campo adeguate. Spero di esser riuscito a spiegarmi.
Grazie
Filippo
Gent.mo Marco,
per spiegarmi meglio, ti dico che io ho allenato (più correttamente intrattenuto calcisticamente), nel periodo 1983-86.
Non ho mai avuto patentino, non potevo intraprendere quella strada perchè il mio lavoro non mi concedeva tempo per i 5 giorni lavorativi. Del gruppo di ragazzi che ho allenato, ci sono stati (mi raccontano) diversi ragazzi finiti nelle carceri. Uno, che ancora piango, trovato morto a 16 anni in un anno per over dose di droga. Questo per confermare che il nostro obiettivo era soprattutto sociale: togliere i ragazzi dalla strada.
Le società come la mia (originalmente un condominio “Parco delle palme”) esistevano per consentire ai ragazzi (del Parco e di altri della città nel mio caso) di divertirsi praticando calcio con la Figc (facevamo anche pallavolo maschile e femminile e tiro con l’arco). Tutte le altre società giovanili erano allo stesso livello, sostanzialmente chi aveva il patentino aveva fatto 5 giorni di addestramento con la Figc. Salvo qualche rara eccezione eravamo intrattenitori calcistici che lavoravano gratis e, anzi, nella mia società pagavamo la retta per sostenere parte delle spese.
Questo era il livello dell’epoca. Questo per spiegarti che il mondo calcistico non è solo quello che emerge oggi, con una società civile più ricca di quella dell’epoca mia (anni cinquanta/sessanta). Giusto per chiarimento quando io giocavo, non si facevano allenamenti (non per scelta) e la tattica era: il portiere in porta, i difensori dietro, i centrocampisti in mezzo e gli attaccanti davanti, cosa che ci veniva ripetuta ad ogni partita.
Ecco, io non solo ho sperimentato il mondo degli allenatori “men che dilettanti” ma l’ho anche vissuto da giovane calciatore.
Quindi, seguo con grande interesse il blog di Filippo, ma ho vissuto una vita (ho 78 anni) che abbraccia tutto l’arco di tempo che va dalla ricostruzione industriale della seconda metà degli anni quaranta, al boom del 57-62, all’inizio del declino post shock petroliferi.
In sintesi, fornisco numeri molto approssimativi, ma dovremo essere passati dai 5 milioni di tesserati degli anni cinquanta ai forse 2 milioni di ora. Non ho potuto praticare tennis, c’era un solo campo, bisognava iscriversi al circolo e pagarsi la divisa le partite: mio padre non poteva sostenere queste spese.
Quando leggo questo blog ne sono profondamente ammirato per l’evoluzione che c’è stata nella cura degli allenatori e nell’evoluzione della cura dei calciatori.
Quindi, mi rendo conto di essere un alieno (senza patentino), ma quello era il mondo all’epoca. Poi, c’erano gli oratori e le parrocchie (anni 50-60) che organizzavano i tornei interni e il campionato CSI. Lì l’allenatore non era un ex calciatore ma una persona con qualche anno in più che, poichè non era un bravo calciatore, faceva l’allenatore, in realtà si limitava a fare la formazione che scendeva in campo.
Con grande cordialità e stima, per le giuste domande che mi poni. Voglio chiarire che il tono non è polemico, ma solo appassionato.
Giuseppe
Forse anche noi siamo un po’ stanchi di leggere che siamo degli inetti. Sono lorenzo 48 anni Uefa B . Laureato a 45 anni in scienze motorie , Master in Biomeccanica ed interferenze neurofisiologiche alla postura e si devo ammetterlo ….faccio fare riscaldamento .. perché ad 11 anni trovo bimbi di 1 ,75 con muscolature importanti e non 1 solo e non posso dividire il gruppo in tanti gruppetti perchè è dfficile seguirli . Alleno ragazze di 13 anni ed hanno anche problemi di lassità legamentosa e sono terrorizzato . Le racconto anche che si! eseguo marco , copro …perchè se capisco che i ragazzi sono abili nel recepire penso di fare il loro bene …. sbaglio ? non lo so . Alle volte sgrido … e voglio rispetto e non assecondo secondo la Montessori. In ultimo ringrazio il cielo che ci sia internet perchè nella vita sono Responsabile IT e lavoro 10 ore al giorno e in pausa preparo l’allenamento per la settimana , perchè se piove mi alleno in un capannone . La competizione c’è , ci sarà sempre ed è giusto che ci sia … Non allenerò mai i professionisti ma quando ho bisogno di “tirare una boccata di aria” aiuto nell’allenamento del calcio nella disabilità mentale . Siamo tanti cosi , e siamo anche questo … (ps. allenatori professionistici mi dicono che sono pazzo … alleno a tirare la palla contro il muro come 35 anni fa …ma per me è il mio migliore amico .. lui non sbaglia mai)
Buongiorno Lorenzo, anche con te mi permetto di rispondere prima che lo faccia l’autore, se lo vorrà fare. Mi complimento per tutti i tuoi requisiti perchè richiedono impegno,costanza, energia e quant’altro. Anch’io ritengo che per capire come agire si debba conoscere il contesto, i ragazzi o le ragazze che si hanno di fronte ed è quello che tu fai, compreso lo “sgridare”, se davvero lo ritieni funzionale a raggiungere l’obiettivo, immagino con l’accortezza di non lasciare “segni negativi” nei bambini/e. Rispetto ad Internet, tutti lo ringraziamo per la possibilità di fruire di informazioni che ci danno conoscenze, dopodichè la messa a terra, la messa in pratica (competenza) può fare la differenza. L’utilizzo del “marco e copro” e quindi degli aspetti tattici non è di per sè sbagliato perchè di fatto ci affidiamo a ciò che succede nel gioco e, accompagnare nel gioco i nostri ragazzi/e è ciò che necessita per il loro apprendimento.Alessandro evidentemente si riferisce ad eccessi, che credo anche tu convenga, si vedono sui campi.
Se mi dici che tirar il pallone contro il muro è allenante ti rispondo che facendo così si apprende e si migliora a tirare il pallone contro il muro, nulla più e con i nostri bambini/e può aver senso in termini di autostima, rispetto al gioco siamo lontani e credo non ci sia transfer di apprendimento; e non c’è differenza tra professionismo e dilettantismo.
Concordo sul tema della competizione che sappiamo essere nella natura di tutti noi poi,credo però spetti a noi adulti indirizzarla nel modo giusto. Sul riscaldamento, non so quanti ragazzi/e alleni, forse però potresti dividere in 2-3 gruppi e farlo con il pallone ma, ripeto, solo tu conosci la tua realtà. Ti ringrazio per il tuo intervento perchè è stato motivo di riflessione.
A presto
Filippo
Mister, come sempre grazie del contributo, a mio avviso e per l’esperienza personale passata si dovrebbe essere professionisti a partire dal basso per evitare tutto quanto quello citato nell’articolo, professionisti nel senso che bisognerebbe avere il privilegio e la fortuna di dedicarsi a questo come un vero lavoro, dato che tale è, un lavoro che richiede competenze, studio, ore di riunioni all’interno dello staff per analizzare e correggere, confrontarsi……come avviene nelle prime squadre dove l’obiettivo è variabile, invece nei ragazzi è uno solo, crescere e migliorarsi con gli strumenti e ambienti di apprendimento adeguati, come dovrebbe essere a scuola, per farlo però non va trattato come un dopo-lavoro o un hobby da parte di chi opera e gestisce le scuole calcio e il settore giovanile, grazie mister
Gentilissimo Luca,
se guardiamo al meglio il tuo intervento non fa una piega. Ma io non vedo un alto professionista dedicarsi ad una scuola calcio gratis . Anche lui deve vivere e possibilmente al meglio e in proporzione agli studi e al lavoro svolto.
Lo sviluppo economico purtroppo, se da un lato ha fatto crescere l’economia (parlo degli ultimi miei 73 anni di vita), dall’altro a scavato un fossato tra chi ha e chi non ha. Secondo le rilevazioni degli ultimi decenni la classe media tende sempre a ridursi.
Quindi, esiste un serio problema economico circa le attività ricreative dei propri figli. Proprio perchè vi stimo molto, voi che investite la vostra vita in questo settore, affermo la necessità che ci sia gente che, sostanzialmente gratis, per passione sociale o per hobby, si interessi dei giovani meno o per nulla abbienti. Il lavoro con i più poveri non lo può fare chi per professione fa lavora nell’area calcistica.
Rispetto a quando io ero bambino o quando sono stato nel giro calcistico (allenatore, dirigente, presidente) le cose sono cambiate di poco. Mio nipote, ha 16 anni, ha fatto scuola calcio tra i 7 e gli 11. Era una buona scuola calcio, ma non ho visto negli allenamenti nulla di nuovo di quanto vedevo negli anni 80. Ma quella scuola calcio mi colpiva positivamente per lo scarso peso che davano ai risultati e per la grande attenzione all’etica di calciatore (più in generale di sportivo), anche se molto baby. Io vivo la scuola calcio come un momento di socializzazione dei ragazzi e di lavoro comune, non vedo necessariamente il nuovo campione.
Chiaramente, comprendo il vostro pensiero, dove tutti avete tanto investito in questo settore e siete molti preparati (lo evidenzia benissimo Lorenzo).
Una società stratificata nel reddito non può offrire a tutti la stessa qualità del servizio (qualunque esso sia), per cui anche chi opera nel sociale, si occuperà di fare l’intrattenitore calcistico (non è una brutta cosa e comunque è portatore di qualche nozione di base) invece che l’allenatore professionistico o con preparazione di livello similare.
Per fare un esempio, non a caso Vagnozzi allena Sinner e non quel mio nipote di 16 anni, che ha lasciato il calcio per il tennis.
Scusate il mio terzo intervento, ma un po’ tutta la mia vita è stata dedicato al lavoro, alla famiglia e tantissimo al sociale.
Un saluto.
caro giuseppe, grazie per la risposta e il tuo punto di vista è corretto, chiaramente le attività di oratorio alle quali tu probabilmente fai riferimento potrebbero non rientrare nel mio discorso, anche se non dimenticare che noi siamo anche fanalino di coda in europa per attività motoria a scuola e il sistema scolastico penalizza fortemente chi fa sport a livello agonistico, perchè anche il sistema scuola andrebbe rivisto e rivalutata l’attività motoria considerata attività di importanza marginale, il confronto fa sempre bene e soprattutto quando è basato sull’educazione e il rispetto delle idee, così come hai fatto tu in modo cordiale ed educato, ti saluto giuseppe alla prossima
Buongiorno a tutti.
Innanzitutto grazie a chi è intervenuto.
Il problema non è COSA fai ma QUANDO lo fai e COME lo fai, poi chiaramente ognuno la pensa come vuole.
È fondamentale a mio avviso che per poter lavorare coi bambini si sappia di pedagogia e si conoscano quanto meno le loro fasi sensibili, altrimenti parliamo del nulla.
Poi ovviamente ogni allenatore deve tarare il tutto nella propria realtà, ma partendo a mio avviso dal fatto che ogni informazione di ritorno deve provenire dal bambino e non dall’ adulto, altrimenti serve a poco.
Punti di vista certo.
Però se scrivo certe cose è perché le vedo e non certo perché me le invento, oggi vedo e sento parlare di tutto fuorché di calcio.
Risultati, classifiche, esoneri e soprattutto tanta maleducazione e aggressività, in campo e fuori e le cronache ne sono spesso piene.
Per quello che riguarda la competizione pienamente d’accordo ma ritorniamo a quello che affermavo all’ inizio, se competere vuol dire solo vincere sfruttando anche “scorciatoie” allora non ci siamo.
Poi sicuramente ci saranno persone valide, ma sono poche e non decidono e dopo quarant’ anni in panchina credo di avere qualche elemento per affermarlo.
Per la cronaca io lavoro presso il carcere di Ravenna come istruttore sportivo e con lo stesso ruolo con i ragazzi della salute mentale.
Un abbraccio a tutti voi.
Buona giornata Alessandro Zauli
Buongiorno Alessandro! Ho letto con attenzione il tuo articolo con la nutrita e stuzzicante sequela di feedback a commento.
Fai un lavoro encomiabile ed hai tutta la mia solidarietà. Ho una figlia che da più di un decennio lavora in qualità di educatrice d’infanzia in un asilo della Montessori. Io da pensionato anzianotto spesso per smonitizzare le grigie giornate mi diletto a seguire gli allenamenti sportivi in un centro calcistico a poche centinaia di metri dalla mia abitazione ovvero la scuola di Calcio Spes Montesacro sita nel rione Nuovo Salario della capitale e gestito dall’ex giocatore ed attuale allenatore Alberto Aquilani. Sul bel prato verde in erba sintetica di recente costruzione decine di ragazzi tra i 6 e 14 anni si allenano in gruppi con i rispettivi trainer e ne vedo ti tutti i colori a partire da chi ha scarsa pazienza a chi urla troppo oppure, ma a mio avviso è una minoranza (e qui sorge il dubbio ma questi istruttori hanno un patentino? sono competenti? Roma è piena di Ministeri che chiudono alle 14 ma è stracolma di dopo lavoratori che si spacciano per le professioni più disparate!) Le tue idee sono giuste ed altresì dicasi per le corrette opinioni del nostro Filippo. Ma mi rifaccio e concludo volendo coniugare positivamente la tua difficoltosa professione con quella altrettanto delicata di mia figlia trovando in ambo i casi tutti e due gli istruttori sempre più protesi alla ricerca delle maggiori possibilità di successo esprimendo e trasmettendo con pazienza, dedizione ed amorevole conoscenza dell’arte maieutica tutti gli obiettivi prefissi ai rispettivi interlocutori.
Un caro saluto.
Massimo 48
Ciao Filippo e Ciao Alessandro. Sono Mario, un ex calciatore dilettante , con patentino UEFA B . Sono appassionato di calcio anche se non ho mai allenato . Sfogliando Facebook, ho incontrato per caso questo link : Cercasi calcio disperatamente. Inutile dire che mi ha incuriosito molto e stimolato al dibattito . Vedere questo calcio , il mio sport del cuore , soprattutto a livello giovanile e dilettantistico, è deprimente. Secondo il mio punto di vista , non si riesce ad uscire Dall ottica duale che separa tutto di più ,per direzionarsi verso un approccio olistico che tenga conto di conoscenze soprattutto psicologiche e di neuroscienze. Infatti fare allenamenti specifici , secondo me , stimola e sviluppa i ragazzi a riappropriarsi della consapevolezza della propria natura ,del VERO SE ,è quella del calcio ,fatte di complessità e che proietta gli individui verso le reti di relazioni, di un NOI , verso un espressione vera e naturale di se stessi . Provare gioia , divertimento, ed essere felice giocando, non solo è un diritto dei ragazzi , ma anche un dovere di chi governa , di rimuovere gli ostacoli a tali diritti.
Ciao Mario, mi sembra che siamo sulla stessa lunghezza d’onda come potrai constatare se avrai tempo e voglia di leggere alcuni articoli nella sezione METODOLOGIA del blog. Pienamente d’accordo sull’allenamento specifico che metta in relazione nel gioco i nostri ragazzi o le nostre ragazze. Grazie per il tuo intervento. A presto.
Filippo
Buongiorno a tutti mi chiamo Andrea e gestisco una scuola calcia vecchia di 70 anni nella mia città. Sono un ragazzo di 37 anni ho ereditato la scuola calcio da mio nonno che ne è stato il fondatore. Io la gestisco non faccio l allenatore e purtroppo anche se sono un grande appassionato di calcio ( ho giocato e sono arrivato a fare qualche presenza in serie d ) mi devo e ho dovuto affidarmi a ciarlatani che anche con sti famosi patentini ti fanno credere di essere Superman ma alla fine non c è un insegnamento un percorso , perché secondo me la cosa più importante per un bambino è il percorso di crescita che il ragazzo deve avere. Purtroppo nella mia piccola realtà abitativa non ci sono persone che insegnano. Mi piacerebbe avere un confronto con voi e anche organizzare un evento insieme per far capire alle altre società calcistica quali sono le linee da seguire.
Grazie mille
Andrea
Ciao Andrea,ti ringrazio per il tuo commento. Per un confronto e/o un evento ti consiglio di rivolgerti all’organizzazione della Football Club House che porta avanti questo approccio metodologico: Silvio Broli +393666819088
A presto e buona giornata.
Filippo
Buongiorno Andrea quando vuoi.
Mi puoi scrivere alla mail
alessandro.zulo65@gmail.com
Un abbraccio
Buona giornata Alessandro Zauli