2035 – MARCO E LA SCUOLA CALCIO: UN FUTURO ALTERNATIVO È POSSIBILE

Nel 2035, Marco, un ragazzo di 13 anni, cammina verso il campo di allenamento di Città Libera, un quartiere speciale ai margini di Milano, dove la tecnologia, almeno quella visibile, è stata bandita. Gli abitanti chiamano affettuosamente il quartiere ” Chill Zone “, perché qui il tempo scorre con una lentezza che il resto del mondo ha dimenticato. Non ci sono smartphone, non ci sono schermi ovunque a ricordarti notifiche o messaggi non letti, c’è solo il suono dei passi sull’asfalto, il canto degli uccelli e il sussurro del vento che passa tra i rami degli alberi.

Marco attraversa le strade del quartiere, immerso in un’atmosfera che sembra appartenere ad un’altra epoca ma che in realtà è un passo avanti, una sfida verso il futuro.

È una realtà diversa, quasi aliena per molti ma qui è la norma.

Pochi anni prima l’amministrazione locale aveva scelto di contrastare la deriva tecnologica che aveva risucchiato le generazioni precedenti, rendendo migliaia di ragazzi sempre più distanti dal mondo reale, riducendo la loro capacità di immaginare, di esplorare con curiosità e di connettersi realmente all’ambiente e alle persone.

Questa scelta fu drastica ma necessaria. L’esposizione costante agli schermi aveva alterato il modo in cui i giovani percepivano e interagivano con il mondo.

Già nel 2020 una serie di studi aveva messo in guardia dal pericolo che il cervello dei giovani, sovraccarico di stimoli digitali, avrebbe smesso di creare connessioni neurali efficaci, compromettendo la neuroplasticità e riducendo la capacità di apprendere e adattarsi.

Dieci anni dopo la decisione di liberare i luoghi pubblici dagli smartphone è stata come un atto di ribellione, un tentativo di restituire ai giovani la magia del presente, la possibilità di vivere esperienze autentiche, di essere protagonisti del proprio sviluppo e non spettatori passivi.

In questa atmosfera particolare, Marco arriva al campo, si guarda attorno, vede i suoi compagni che corrono scalzi sull’erba appena bagnata, si toglie le scarpe: “E` proprio bello sentire l’erba fresca sotto i piedi non c’è paragone con i vecchi campi in sintetico degli anni 20” pensa mentre inizia a correre assieme agli altri.

Il campo d’allenamento non è solo un luogo per migliorare la tecnica calcistica, ma è una sorta di santuario, un luogo in cui i ragazzi possono ritrovare il contatto con la natura e con sé stessi. Nel passato recente, gli allenamenti erano dominati da sensori, droni e realtà aumentata; la voce metallica di un’intelligenza artificiale incoraggiava o correggeva i loro movimenti. Ora, invece, Marco deve fare affidamento solo su ciò che sente: il peso del proprio corpo, il respiro dei suoi compagni, il suono del pallone che colpisce l’erba. Tutto è tangibile, reale.

Ogni passo diventa un’occasione per apprendere, ogni errore un’opportunità di crescita. L’assenza di tecnologia invasiva ha creato uno spazio nuovo per l’apprendimento, uno spazio in cui non esiste la perfezione ma esiste la scoperta. Marco si muove, corre, salta, calcia, e ogni volta che qualcosa va storto, non c’è un sensore a segnalarglielo, ma la sensazione del suo corpo che impara e si adatta. Le connessioni tra i suoi neuroni si fanno più forti, non perché guidate da un algoritmo ma perché nate da una necessità vera, vissuta in prima persona.

L’atmosfera al campo è viva, vibrante. Senza la distrazione degli schermi, i compagni di Marco possono davvero vedere e ascoltare l’uno l’altro. Si correggono, si danno supporto, ridono insieme. Il gioco di squadra non è più una semplice strategia per vincere la partita, è una forma di connessione, un modo per vivere il presente con gli altri, senza filtri. Il campo diventa un luogo di crescita, una comunità dove tutti si sentono parte di qualcosa di più grande di loro.

L’allenatore non è solo una guida tecnica ma un mentore, qualcuno che conosce i ragazzi e che li aiuta a capire sé stessi.

Eppure, la tecnologia non è scomparsa del tutto. È solo diventata invisibile. Piccoli sensori biometrici sono nascosti nelle divise dei giocatori, monitorando silenziosamente la loro salute. Questi dati non sono destinati agli occhi di Marco o dei suoi compagni. Vengono utilizzati dagli allenatori per garantire che ogni giocatore possa svilupparsi senza sovraccarichi, senza rischi inutili. La tecnologia è ancora lì, ma lavora in background, come un angelo custode discreto, che non intacca la purezza dell’esperienza vissuta dai ragazzi.

La comunità gioca un ruolo fondamentale in questo processo. I genitori di Marco sono coinvolti attivamente nella sua vita sportiva. Ogni settimana partecipano a incontri con allenatori e psicologi per discutere del percorso dei ragazzi, del delicato equilibrio tra vita reale e tecnologia, e del valore di un’educazione condivisa. Non ci sono più famiglie isolate dietro a uno schermo; c’è una comunità che lavora insieme per il benessere dei giovani, per garantire loro un futuro in cui possano crescere forti, resilienti e, soprattutto, felici.

Al termine dell’allenamento, Marco torna a casa attraversando le strade tranquille di Città Libera. Le persone si salutano, si fermano a parlare, vivono davvero la propria vita. Non c’è più la barriera degli schermi a separare le persone. Le relazioni umane sono tornate al centro dell’esperienza di vita e Marco si sente parte di tutto questo.

Nel 2035, Marco vive in un mondo che ha scelto di imparare dagli errori del passato. Un mondo che ha capito che la tecnologia può essere un alleato ma che non può sostituire il valore del contatto umano, della connessione con la natura e della crescita personale.

Il Marco appena rappresentato non vive un mondo differente o una città differente rispetto al Marco protagonista del racconto 2035: UN ALLENAMENTO ALLA SCUOLA CALCIO, è solo uno dei tanti che potrebbero popolare uno dei possibili futuri che ancora non esistono.

Lo scenario appena descritto tiene in considerazione quei fenomeni che nel foresight e negli studi di futuri si chiamano segnali deboli (weak signals ) ovvero quei sintomi di un cambiamento in atto di cui nessuno parla o presta attenzione perché attratti dai macro-cambiamenti ma che hanno intrinsecamente la capacità di creare futuri inaspettati.

Nel caso dello scenario appena raccontato, per descrivere  l’esperienza di allenamento e di vita nella Chill Zone sono stati presi in considerazioni due segnali deboli che il report di Accenture intitolato “life trends 2025” chiama: Parent Trap e Social Rewilding.

Di che cosa si tratta e come potrebbero influire sul nostro futuro?

  • Il Parent Trap si riferisce al dilemma dei genitori che cercano di bilanciare l’uso della tecnologia da parte dei figli nel tentativo di proteggerli dai rischi senza isolarli dai benefici digitali. Questo fenomeno riflette la tensione tra la necessità di preparare i giovani al mondo tecnologico e il desiderio di proteggerli dagli effetti negativi, come la dipendenza e l’isolamento sociale.
  • Il Social Rewilding, invece, è un movimento che mira a riportare le persone, specialmente i giovani, a un contatto più diretto con il mondo reale, incoraggiando attività fisiche, esperienze autentiche e relazioni umane genuine. Questo implica ridurre la dipendenza dai dispositivi tecnologici e ritrovare il valore del vivere nel presente.

Se questi fenomeni diventassero tendenze consolidate, potrebbero trasformare il futuro, favorendo uno stile di vita più equilibrato. I giovani potrebbero sviluppare una maggiore resilienza mentale, migliorare le loro abilità sociali e tornare a vivere esperienze reali piuttosto che virtuali. Il risultato sarebbe una società in cui la tecnologia supporta ma non domina e in cui le relazioni umane e il benessere psicologico sono prioritari.

Come si stanno manifestando questi segnali deboli?

  • In Francia, Seine-Port, una cittadina a sud di Parigi, ha approvato un’iniziativa per limitare l’uso degli smartphone negli spazi pubblici. La regolamentazione vieta l’uso degli smartphone in luoghi come parchi, negozi, ristoranti e mentre si cammina per le strade.

Il provvedimento include anche una “carta familiare” per limitare il tempo di utilizzo degli schermi da parte dei minori, con la possibilità per i genitori di ricevere un telefono base per i figli sotto i 15 anni, limitato alle sole chiamate.

  • Numerose scuole in Francia, Regno Unito, Giappone, Cina, India, Canada hanno introdotto discipline finalizzate a limitare l’invasività della tecnologia
  • Persino gli Stati Uniti, paese che favorisce la deregulation, hanno recentemente divulgato un provvedimento chiamato Children’s Online Privacy Protection Rule (C.O.P.P.A.) per vietare ai servizi Web o alle App di raccogliere dati personali dei ragazzi minori di 13 anni.

Cosa ci possono insegnare questi fenomeni e cosa possiamo imparare dalle storie di Marco?

Che il futuro non può essere previsto, che molto spesso ci facciamo scoraggiare da visioni distopiche di esso o, viceversa, da narrazioni troppo utopiche. Così come, altrettanto spesso, ci dimentichiamo che ognuno di noi, allenatori, dirigenti, famigliari ha il potere di scegliere quale futuro costruire per le scuole calcio ognuno per la parte di competenza e responsabilità.

Ad oggi non possiamo essere sicuri di quali sarà l’evoluzione della tecnologia, non conosciamo i suoi effetti sui processi di apprendimento, non sappiamo quali provvedimenti gli stati adotteranno per limitarne l’utilizzo o semplicemente per renderlo più consapevole. Non possiamo essere neppure certi che il gioco del calcio, così come lo conosciamo, esisterà ancora nel 2035.

Una cosa però sarà sempre più necessaria: informarsi, conoscere, sviluppare la capacità critica e l’abilità di comprendere la complessità, perché solo in questo modo potremmo assistere attivamente al futuro dei nostri ragazzi e delle scuole calcio anziché subirlo passivamente.

BIO: Davide Proverbio

Sono nato a Legnano nel 1973 e per passione personale alleno le giovanili di calcio a 7 di una squadra della provincia di Milano iscritta al campionato C.S.I.

Per passione professionale, invece, mi occupo di foresight e alfabetizzazione ai futuri, competenze che l’UNESCO ha dichiarato fondamentali per affrontare le sfide di un mondo complesso e incerto: nel concreto aiuto le persone e le aziende a costruire scenari di potenziali futuri e a riflettere sulle conseguenze personali, organizzative e strategiche.

Credo fermamente che la creatività e il pensiero laterale siano fondamentali per immaginare futuri che ancora non esistono; per questo motivo, nel 2012 ho ottenuto la certificazione all’utilizzo della metodologia Lego® Serious Play® e nel 2014 la certificazione in Business coaching presso la Scuola Universitaria della Svizzera Italiana.

Ho perfezionato le competenze in foresight acquisendo il master in Previsione Sociale presso l’Università di Trento.

Sono autore per Atelier des futurs rivista di foresight e studi di futuri https://atelierdesfuturs.org/ e rappresentante per la Svizzera italiana dell’associazione Futurs https://futurs.world/

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