Southampton cittadina del sud dell’Inghilterra principalmente nota per il suo porto da dove salpo’ il Titanic ha avuto calcisticamente un prima ed un dopo negli ultimi 50 anni. Il prima fu la squadra del 1976 che, a sorpresa, vinse la FA Cup militando in seconda divisione contro il Man United guidata da un meraviglioso Mick Channon. Il dopo e’ stato a metà anni 80 quando tra le file dei Saints un giocatore pazzesco si prese sulle spalle una intera città.
Al “the Dell” lo stadio del Southampton c’era scritto qualche anno fa’ “Benvenuti nella casa di Dio” il loro Dio aveva un nome e cognome Matthew LeTissier. Matt era tutto…uno dei numeri 7 più atipici della storia di questo sport, un po’ ala destra – dove ha iniziato a giocare – un po’ mezzapunta e attaccante. Ma anche un po’ centrocampista centrale. Alto, passo caracollante, aveva un modo di calciare caratteristico, il corpo e le braccia bloccate la gamba che partiva come una catapulta, era dotato di immensa visione di gioco e di una tecnica assoluta. Il suo viso era quello di un qualsiasi comune uomo inglese, il suo fisicoa il suo tallone d’Achille, tendente al sovrappeso. Se ne fregava perché aveva la classe, perché lui era un “Maverick”.
Le Tissier è stato il primo centrocampista a segnare 100 gol in Premier League ma, nonostante le sue prestazioni fenomenali a livello di club, fu misteriosamente convocato solo otto volte per la sua nazionale. Durante la stagione 1993-1994 mise a segno ben 30 gol da centrocampista per una squadra che stazionava in zona retrocessione. La stagione successiva vinse l’ambito premio “Goal of the Season” della partita del giorno per il suo pallonetto da 30 metri contro i Blackburn Rovers.
Una critica fattagli da alcuni ambienti calcistici sulla sua carriera fu che non si spinse mai oltre la sua zona di comfort di Southampton. Glenn Hoddle, il suo idolo da ragazzo, cercò di ingaggiarlo per il Chelsea nel 1996, ma Matthew rifiuto’ semplicemente perché non vedeva la necessità di lasciare la sua casa adottiva.
La sua carriera, fu spesso caratterizzata da allenatori la cui visione del gioco non sempre corrispondeva alla sua. Dave Merrington, ad esempio, era l’allenatore della squadra giovanile, un uomo che Le Tissier descrisse come un “Geordie duro e senza fronzoli”, che costringeva i giovani anche a correre per due miglia e mezzo solo per aver lasciato la biancheria sporca nello spogliatoio. Il fatto che pero’, sia lui che Shearer, lo riconoscano con grande onesta’ come la principale influenza sulle loro carriere la dice lunga sulle sue capacità motivazionali, nonostante il giovane Matt detestasse apertamente l’allenamento fisico, lo stesso proposto, in seguito, anche dal manager Chris Nicholl che gestiva il club con un pugno altrettanto fermo. Del resto, lo stereotipo del calciatore inglese doveva essere solo…sangue, sudore e lacrime. Per questo l’approccio di Matt al gioco fu visto dai tifosi dei Saints come una liberazione che trascino’ “artisticamente” la squadra fuori da più di un duello per la retrocessione.
Le Tissier è diventato un Dio di una intera città inglese…Southampton, di una tifoseria che lo ama ancora oggi anche dopo il suo ritiro, un omaggio a chi è stato capace di legarsi a una sola maglia, lui che sarebbe stato titolare in qualsiasi grande club inglese.
Matt per i Saints segnerà oltre 160 reti realizzando 48 rigori su 49..non vincendo niente..ma chi se ne frega…dirà. “Ho fatto felice tanta gente”.
L’episodio che lo racconta meglio e’ il seguente: 19 maggio 2001 “The Dell” ultima partita nel catino che da fine ‘800 e’ stato la casa delle gare interne del Southampton, match di chiusura del campionato contro l’Arsenal, e’ li che la realtà diventa leggenda. Il vecchio Matt non ha ancora segnato un gol in una stagione falcidiata dagli infortuni, la partita e’ spettacolare, vibrante, ma inchiodata sul 2-2. A un minuto dalla fine Le Tissier, entrato da poco, controlla un pallone spalle alla porta, si gira e lo fionda all’incrocio, lo stadio esplode. Matt a fine match farà il giro di campo da solo con i suoi tifosi osannanti che urlano con le lacrime agli occhi God, God, God…fu un segno del destino…il nuovo calcio emergente della Premier non era quello per cui Le Tissier era fatto.
L’obiettivo finale era diventato solo la sopravvivenza, non piu’ la purezza dell’espressione calcistica che tanto amava. Fu quindi giusto che fosse lui a segnare l’ultimo gol al vecchio “The Dell” perche’, in quello stadio, in quel terreno di gioco, Matt fu Unico, Irripetibile, Meraviglioso…proprio come un Dio.
BIO: Stefano Salerno nato a Livorno classe 1963, vivo a Firenze dal 1997 lavoro nel campo delle Telecomunicazioni, sono milanista dalla nascita appassionato di calcio inglese dai primissimi anni 70 e sostenitore della squadra dei 3 Leoni .
Una risposta
Non ha vinto niente ma ha fatto felice la gente è forse una delle cose più belle sentite da un calciatore e quando questo avviene è normale che la gente ti chiamo Le God. Uno dei miei giocatori inglesi preferiti di quegli anni.