IL GIOCO E LA SUA COMPLESSITÀ COME STRUMENTO DI APPRENDIMENTO. APPLICAZIONI PRATICHE E TEORICHE

L’opportunità di frequentare presso l’Università Cattolica di Milano alcune lezioni del Corso di “Teoria, Tecnica e Didattica degli sport individuali e di squadra”, dedicato al GIOCO DEL CALCIO, tenuto dal Prof. Antonello Bolis, coordinato da Edgardo Zanoli , assistiti da Elena Vagni, all’interno del Corso di Scienze motorie e dello sport, mi permette di proporre, in una serie di articoli, le note raccolte in aula. Saranno appunti, come mi piace definire…sparsi.

La quarta lezione a cui ho assistito è stata quella condotta da Stefano Baldini.

Viviamo in un contesto di continue contrapposizioni: nella vita, nella sport, nel calcio e, una su tutte, in riferimento a quest’ultimo contesto, quella tra esercizi analitici e situazionali porta spesso allo scontro dialettico.

Sono necessarie alcune premesse tra cui la necessità di saper leggere il contesto, riuscire cioè a capire come manipolare gli strumenti didattici (le esercitazioni) che abbiamo a disposizione e per poterlo fare dobbiamo capire qual’è o quali siano i principi che muovono l’esercitazione. Significa partire dalla conoscenza del gioco altrimenti, se partiamo dall’ esecuzione dell’esercizio senza comprensione, non sarebbe necessario frequentare l’università ma sarebbe sufficiente navigare in internet e fare copia-incolla.

FIGURA 1

Per conoscere il gioco dobbiamo sapere quali siano:

  • le grandezze che lo regolano: lo SPAZIO e il TEMPO, spazio che è influenzato dalla CONDIZIONE NUMERICA (parità, superiorità o inferiorità) e che, di conseguenza, determina il tempo.
  • gli elementi inseparabili che lo definiscono: I COMPAGNI, GLI AVVERSARI, LA PALLA, LE PORTE CON LA DIREZIONE DI GIOCO, quest’ultimi non sempre imprescindibili.

Baldini sottolinea come non consideri la tecnica analitica come priva di significato perchè ritiene che diventi un approccio motorio specifico, con gestualità motorie specifiche a condizione che venga eseguita in un certo modo: il giocatore si deve muovere come penso si muoverà durante la gara.

Quindi non le classiche esercitazioni che utilizzano attrezzature tipo “la forca” e “il muro” o tutte quelle esercitazioni in cui eravamo o, sarebbe meglio dire siamo, abituati a vedere l’allenatore che si pone davanti al calciatore e, passandogli la palla con le mani, gli fa eseguire gestualità tecniche con le diverse parti anatomiche del piede (interno, esterno, collo piede…).

FIGURA 2

Baldini entra ora nel tema dell’apprendimento mostrando la slide (FIG.2). Sulla linea del tempo, è rappresentata l’evoluzione delle teorie riguardanti il CONTROLLO e l’APPRENDIMENTO MOTORIO.

Perchè gli esiti degli studi più recenti ci dicono ben altro rispetto a quanto ci dicevano agli inizi del ‘900 (approccio comportamentista)?

Perchè è cambiato il contesto in cui ci muoviamo e perchè sono cambiati gli strumenti a disposizione con cui possiamo eseguire degli studi e comprendere meglio come avvenga l’apprendimento. Pensarsi in una DINAMICA COMPORTAMENTISTA o COGNITIVISTA o pensarsi in una DINAMICA ECOLOGICA o PSICO-SOCIALE, fa tutta la differenza del mondo!

FIGURA 3

Negli approcci comportamentisti e cognitivisti si pensa che qualsiasi cosa si faccia possa avvenire a prescindere dal contesto e dalle relazioni. In queste teorie il soggetto che apprende non ha bisogno degli altri o dell’altro. Dall’ APPROCCIO ECOLOGICO (1960-’70) in poi cambia tutta la percezione, abbiamo bisogno non solo dell’intorno ma della relazione con gli altri. Una volta capito che il contesto è decisivo nei processi di crescita e di apprendimento dobbiamo capire che anche la relazione diventa decisiva.

Facendo riferimento all’immagine qui sopra (FIG. 3) e partendo dalla ZONA DI SVILUPPO ATTUALE O ZONA COMFORT, la ZONA DI SVILUPPO PROSSIMO è quella in cui il soggetto, con l’aiuto dell’altro, (e per altro non intendiamo solo l’allenatore o l’insegnante ma anche tutti quelli che interagiscono con lui, quindi un compagno di squadra o anche un avversario perchè l’avversario di valore può sollecitarmi a portare nel contesto di competizione qualcosa in più), se riceve gli stimoli necessari e corretti può raggiungere la ZONA DI POTENZIALE.

Dal punto di vista metodologico una volta riconosciuto il contesto in cui mo trovo (zona sviluppo attuale) devo sapere che, se alzo troppo la richiesta e mi sposto subito nella zona di potenziale, è probabile che, nel soggetto, si determini uno stato d’animo di ansia, di paura, perchè il compito ha una richiesta troppo elevata rispetto alle sue capacità. La richiesta dovrà perciò essere adeguata, non troppo bassa, perchè indurrebbe a breve nel giocatore una condizione di noia, nè troppo alta, perchè, come detto, indurrebbe uno stato di frustrazione che lo bloccherà.

Se proviamo a contestualizzare un esercizio di tecnica analitica, per un giocatore di alto livello, nell’immagine delle zone di sviluppo di Vygotskij la collocheremmo nella ZONA DI COMFORT. L’immagine seguente (FIG.4) dovrebbe aiutare la comprensione:

FIGURA 4

Con i giocatori più giovani, meno evoluti, la difficoltà sarà stabilire quale sarà la zona di comfort e quindi capire se possa essere utile svolgere un esercizio di tecnica analitica applicata al gioco (tecnica analitica svolta in un certo modo) oppure rimanere nell’analitico affinchè il soggetto acquisisca fiducia, sicurezza, auto-efficacia (se si parla con un giocatore di alto livello ti dice che quel senso di auto-efficacia l’ha aiutato e l’aiuta) e propriocezione, quindi percezione del proprio corpo nello spazio, nel tempo e nella gestione di un attrezzo (palla).

Il giocatore di alto livello infatti, pensando a dove contestualizzare la tecnica all’interno dell’allenamento, ci dice che a lui bastano 5′ per trovare confidenza con la palla. Se prosegue si annoia, non pensa più neanche a ciò che sta facendo.

Per il giovane calciatore può essere diverso: non si annoia ma si stanca. Il controllo motorio a lui risulta più difficile e porta con sè un carico cognitivo (da non confondere con l’impegno cognitivo della scelta) per controllare il proprio corpo, molto alto. Questi momenti di tecnica fatti in un certo modo devono essere brevi e ben strutturati dove per ben strutturati significa anche che possa non esserci una direzione o l’avversario ma ci dovranno sicuramente essere un numero adeguato di compagni, linee di gioco, direzioni di corsa molto simili a quello che poi ritroveremo in partita.

FIGURA 5

Nella FIG.5, a sx, è rappresentato il grafico che indica come si pensava fosse il processo di apprendimento, a dx invece come avviene secondo gli studi più recenti. A sx c’è una modalità di apprendimento più analitica, in cui l’apprendimento è graduale, progressivo, aggiunge, non toglie mai. Ogni giorno imparo qualcosina, metto pezzettini di apprendimento. In realtà non funziona così, l’apprendimento è rappresentato da una scala completamente irregolare (a dx) che comprende anche dei fallimenti, degli errori poi, ad un certo punto, apprendo qualcosa in più, la faccio mia. Detto questo, se ho un approccio, riferendomi sempre alla tecnica, in cui scompongo il gioco del calcio in tanti fondamentali tecnici, continueremo a fare quello che abbiamo fatto per più di trent’anni e che in molti continuano a fare ancora oggi.

Baldini chiede agli studenti di indicare tre fondamentali tecnici: condurre la palla, calciare la palla, ricevere la palla. Se pensiamo che l’apprendimento avvenga secondo la modalità del grafico a sx allora comincerò con il costruire la base per la conduzione, lo farò ogni giorno perchè ogni giorno miglioro…ma prima della conduzione cosa devo saper fare? Correre! Prima di correre? Camminare! Quindi cosa facciamo? Inizio con il gioco di corsa libera, poi passiamo al gioco di corsa guidando la palla, poi al gioco di corsa guidando la palla con dei piccoli ostacoli, quindi gli slalom. Perchè? Perchè tutti i giorni aggiungo un pezzettino!

Questa modalità varrebbe, ammesso che valga, se il sabato e la domenica non andassimo a giocare. E invece, improvvisamente, nel fine settimana, si va a giocare. Dopo aver fatto fare la conduzione in corsa partendo dallo schema motorio di base del correre e dopo aver fatto fare gli slalom con qualche tiro perchè, uscendo dall’ultimo cono, li abbiamo fatti calciare verso una porta, nel fine settimana, dicevamo, si ritrovano con 5 avversari e 4 compagni. Pensiamo al bambino…che a sua volta penserà: adesso dove conduco la palla, come mai quello lì (l’avversario) viene a rubarmela?

Con un po’ di sarcasmo, a questo punto, il mister dopo più di un’ora e dopo essere passato dallo schema motorio del camminare, a quello del correre, a quello del guidare libero la palla, del guidare facendo lo slalom tra i coni, solo con il dx, solo con il sx, solo interno piede dx, solo interno piede sx, solo esterno piede dx, solo esterno piede sx, ecc…cosa farà? Fa giocare la partita…l’unica cosa che avrebbe dovuto fare sin dall’inizio.

Certo, qualcuno obietterà dicendo…”allora facciamoli soltanto giocare“. La difficoltà metodologica è proprio qui! È il saper costruire quel qualcosa che serva, che può partire anche dall’analitico per arrivare poi al situazionale e al globale e alla partita, dove c’è tutto: direzione, porte, avversari, compagni, palla, spazio delimitato.

Abbiamo visto, nel nostro percorso professionale, eseguire duelli di 1vs1 in cui lo spazio non esisteva, i bambini si picchiavano con il pretesto della sperimentazione.

Il regolamento fa parte del gioco, quando la palla esce dallo spazio di gioco, è uscita, è fuori, stop. Vale per tutte le categorie anche per i piccoli amici.

Anche la rimessa laterale è un altro tema: poichè vogliamo aumentare il numero dei contatti piede-palla, la rimessa laterale viene fatta con i piedi e non con le mani, con il risultato che arrivano a 12 anni senza aver mai fatto una rimessa laterale e lquando la eseguono…la sbagliano.

Vogliamo che rispettino l’arbitro e l’arbitro non c’è, facciamo l’autoarbitraggio, o arbitra un dirigente dall’esterno che difficilmente fischia e quindi i bambini vanno avanti, fanno lotte, falli. Anche questo è metodo.

Abbassare il numero di giocatori nelle partite per avere più contatti piede-palla, riproporzionare il campo, ha una logica, va benissimo ma, attenzione a non perdere l’essenza del gioco altrimenti dovremo accettare il fatto che un ragazzino arrivi a 12 anni e non sappia come si faccia, come principio di gioco non come gestualità tecnica, a fare una rimessa laterale, non sappia cioè passare la palla con le mani ad un compagno in funzione del suo movimento e della pressione ricevuta dall’avversario. Dobbiamo ragionare su quello che serve rispetto al gioco (e la sua complessità come strumento di apprendimento). Non scordiamolo: nel gioco c’è tutto quello di cui abbiamo bisogno.

Proviamo ora a definire la figura tecnica dell’allenatore in funzione di due delle teorie dell’apprendimento: il modello COGNITIVISTA e il modello PSICOSOCIALE.

FIGURA 6

Nel modello cognitivista il cervello è un elaboratore di informazioni, può essere programmato, percezione e azione sono considerati processi separati, è necessaria la ripetizione del gesto per formare il programma motorio, la presa di decisione è un processo mentale elaborato.

FIGURA 7

Cosa ci viene in mente se ci riflettiamo? La tecnica analitica. Ragioniamo: il cervello elabora informazioni, può essere programmato, possiamo dare istruzioni e correzioni. Quindi, l’allenatore ti dice come devi calciare, come devi mettere il piede d’appoggio e l’arto calciante perchè poi, in base a quel modello idealizzato, correggo rispetto alle ripetizioni che il giocatore sta facendo e, più ripetizioni si fanno, più si migliora, si impara. È una teoria che vede l’apprendimento come un processo progressivo e lineare.

Se percezione e azione sono processi separati, il contesto non mi interessa, non ho bisogno di percepire perchè agisco a prescindere da quello che ho intorno, significa che si possa fare tecnica analitica quando e dove voglio aumentando il bagaglio motorio. Di conseguenza, una volta che ho imparato a condurre, calciare e a ricevere la palla, poichè il processo della presa di decisione è stato elaborato e sono capace di fare quei gesti, vado in campo e dovrei saper giocare a calcio, perchè guardo, osservo, so fare i gesti tecnici, dovrei saper giocare! Funziona così??? Forse no. Dal punto di vista metodologico dovremmo farci delle domande e fare delle scelte.

FIGURA 8

Guardiamo ora l’altro tipo di approccio: partiamo dalla relazione tra l’individuo ed il contesto di cui non dobbiamo mai dimenticarci, non ci sono risposte predeterminate e questo ci porta all’esempio fatto precedentemente in riferimento alla partita 5vs5 – il giocatore deve condurre ma non può, cosa fa? può sbagliare? certo! È nel processo di apprendimento senza una linearità, senza una sequenza prestabilita di errori o riuscite fino a quando si verifica un effettivo miglioramento. Percezione e azione sono processi circolari, non sappiamo cosa venga prima e cosa dopo per cui è d’obbligo creare un contesto che immerga in quella dinamica in cui percezione ed azione non hanno soluzione di continuità.

Non dobbiamo dimenticare che percezione ed azione sono soggettive e a volte la differenza di categoria in cui militano i giocatori è data proprio dalla differente percezione che permette al giocatore in possesso di palla di non vivere con ansia la pressione avversaria e di utilizzare meglio tempo e spazio a disposizione. A parità di gestualità la differenza di categoria viene determinata dalle dinamiche emotive. Per fare un esempio, Ronaldinho riusciva a contestualizzare la sua tecnica da free-styler nella gara di Champions League anche quando aveva l’avversario vicinissimo.

Baldini mostra ora un video di un’esercitazione analitica (ESAGONO +2) “svolta in un certo modo” in cui si sottolinea come non si stia semplificando ma scomponendo perchè mancano elementi caratteristici del gioco, gli avversari, e non c’è direzione. Anche in questa modalità di analitico il comportamento del giocatore lo stabilisce, di fatto, l’allenatore, nell’esercitazione situazionale (tutti gli elementi del gioco) invece lo stabilisce il gioco.

L’allenatore sta vincolando: passaggio di dx o di sx, se sei sopra la sagoma apri il controllo, se sei sotto, ripassa la palla indietro. Cosa manca al giocatore che consideriamo un aspetto fondamentale? LA SCELTA Ha stabilito tutto l’allenatore, lo staff, gioco a un tempo o a due tempi quindi a un tocco o a due tocchi. Rimangono comunque determinate gestualità e traiettorie che poi porto in partita. È una tecnica analitica applicata al gioco. L’allenatore è dentro l’esercitazione.

TECNICA ANALITICA APPLICATA AL GIOCO – ESAGONO +2

È ora il momento di un video di un’esercitazione situazionale quindi con la presenza di compagni, avversari e palla. Manca la direzione per onestà intellettuale ma in questo caso non si ripete la soluzione (ripetere per ripetere) ma si ripete la situazione per cui si dovrà trovare una soluzione (ripetere senza ripetere).

VIDEO TECNICA IN SITUAZIONE – RONDOS 3 VS 3 + 3 JOLLY

Il primo appunto che si potrebbe portare riguarda il fatto che i giocatori facciano parte di un settore giovanile professionistico e siano selezionati.

Baldini mostra un altro video in cui sono impegnati giocatori U12 di una società di terza categoria, al secondo giorno di allenamento.

VIDEO TECNICA IN SITUAZIONE 4 VS 4 + 3 JOLLY IN CONTESTO GIOVANILE DILETTANTISTICO

Osservando il video si nota come ci sia minore intensità e pulizia tecnica ma, rispetto ai principi, alle scelte, ai concetti anche loro provano a giocare. Sono bravi tecnicamente? No, sono sporchi tecnicamente, non sono economici nel gesto ma stanno scegliendo, nessuno decide per loro cosa fare. Ci vorrà tempo ma miglioreranno, di sicuro. È tecnica situazionale. La tecnica che riteniamo importantissima, fondamentale andrebbe allenata così. Come allenatore il mio compito per costruire un’esercitazione di tecnica situazionale, anche per i più piccoli, consiste nel manipolare lo spazio, e di conseguenza il tempo (+spazio+tempo) e la condizione numerica (+ o – superiorità a seconda delle abilità).

Concludiamo con alcune slide che ci aiutano ad inquadrare l’APPROCCIO PSICOSOCIOLOGICO.

FIGURA 10

FIGURA 11

FIGURA 12

FIGURA 13

FIGURA 14

  • BIO: STEFANO BALDINI è nato a Chiari (BS) il 7-2-1974
  • 5 anni : Formatore e Coordinatore tecnico – AC Milan
  • 5 anni : Coordinatore tecnico e referente per l’area R&D  – FC Juventus
  • 2 anni : Collaboratore tecnico – Staff prima squadra AC Monza – LR Vicenza – Campionato italiano di serie B
  • 1 anno : Secondo allenatore – Staff primavera – Brescia Calcio
  • 4 anni : docente di teoria e metodologia sport di squadra – calcio – Università Statale di Milano
  • Dal 1993 al 2010 allenatore, formatore, coordinatore in diverse realtà dilettantistiche lombarde dove sono cresciuto e maturato.
  • Dal 2001 al 2010 Responsabile Tecnico e co-fondatore dell’associazione Sportiva Prostaff ( dove forse è iniziato il viaggio).

5 risposte

  1. È un articolo molto interessante, anche perché richiama principi che seguo nella mia professione di insegnante. Quello che più mi piace è come questi concetti teorici siano spendibili nello sport, calcio in particolare, dove forse per molto tempo si è dato tanto per scontato.

  2. ho trovato questa lezione molto interessante e sicuramente con molti temi di riflessione per chi come me allena nel settore giovanile, spero vi siano altre lezioni da seguire

  3. Contenuto molto interessante. L’idea dovrebbe essere-a mio modesto parere-quella di evitare il più possibile; non soltanto la tecnica analitica, in sé per sé; ma cercare di limitare al massimo anche le situazioni che a me piace definire “apparecchiate” e cioè, in apparenza, situazionali. Stabilito che l’apprendimento è sempre non lineare(il che non significa che non comporti una progressione di complessità graduale per i ragazzi); l’obiettivo dovrebbe sempre essere quello di mettere la complessità in ogni proposta esperienziale. Non condizionare le giocate. Creare una serie di contesti che facilitino l’assunzione dei comportamenti tecnico-tattici che ci interessa mettere in campo e poi lasciare ai giocatori, che vedono, singolarmente, il gioco nel suo svolgersi da dentro e da una prospettiva che è solo la loro propria e perciò incontestabile e data anche dal proprio stato emozionale; la giocata. Comunque davvero interessante come sempre.

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