ALLENATORI

ANCELOTTI SOTTO ACCUSA, FONSECA UN GENIO: BASTA UNA SOLA PARTITA…

Quanto tempo, quante partite sono necessarie per giudicare un allenatore? Sapete bene che – come nel calcio – non esistono parametri precisi nel mondo comune, sebbene anche in quest’ultimo spesso i licenziamenti (o le assunzioni…) vengono determinate da antipatie o simpatie, amicizie o inimicizie, dettagli all’apparenza insignificanti o secondari.
Il pianeta pallone però è frenetico, l’attesa è spasmodica: presto e bene, questo vogliono dirigenti, tifosi, qualche volta gli stessi giocatori. Le tue idee possono incontrare gradimento all’inizio, pronti via poi contano solo i risultati. Persino nel finale dell’epopea berlusconiana al Milan, 5 allenatori in 21 anni, dopo i lunghi periodi di Sacchi, Capello, Zaccheroni, Ancelotti, Allegri (con un paio di intermezzi degli stranieri Tabarez e Terim), prese il sopravvento l’ansia di risultati che non arrivavano più e iniziò la girandola con Inzaghi, Brocchi, Gattuso, Mihajlovic, Montella…E’ una legge da cui è difficile districarsi, una forma mentis che finisce con il condizionare anche i dirigenti più pacati e riflessivi. 
In questo momento storico europeo alcuni club hanno fatto scelte originali rispetto alle loro usanze: Kompany al Bayern, Maresca al Chelsea, Slot al Liverpool, Amorim allo United dopo Ten Hag, Farioli all’Ajax, Tedesco C.T. del Belgio, Postecoglu al Tottenham, Motta alla Juventus. E naturalmente Paulo Fonseca al Milan. 
Con gli anziani santoni già accasati o a riposo, andare sul sicuro non è una strada percorribile con qualche eccezione, Conte a Napoli per esempio, ma la stessa scelta di Flick al Barcellona è stata letta con scetticismo e diffidenza. Ora il cammino di quelli che ho elencato è al momento ancora sotto osservazione, nonostante il greco degli Spurs abbia iniziato la sua seconda stagione in panchina con il club londinese così come Tedesco alla guida della Nazionale belga. 
Kompany al Bayern sembrava già in rampa di lancio dopo poche settimane, adesso i tedeschi hanno preso a girare nonostante la batosta di Barcellona, dove Flick è già in fuga nella Liga e va bene in Europa. Il nostro Maresca sta facendo giocare bene una squadra giovane e non eccelsa come negli anni passati. La lente però va su Ancelotti e Fonseca dopo l’impresa dei rossoneri al Santiago Bernabeu.
Carletto solo 6 mesi fa ha riportato le merengues in vetta in Spagna e in Europa, è stato votato dal “Pallone d’oro” il miglior allenatore continentale, ma è sotto accusa per la brutta partenza in campionato, il 4-0 subito recentemente (in casa) nel “clasico” e per gli sbandamenti paurosi in Europa, 2 sconfitte in 4 partite. Carlo non è mai riuscito, manco lui, a mettere d’accordo tifoseria e stampa dei blancos nonostante i trionfi, l’empatia con la città e i giocatori, la fiducia del club. Il suo passato non conta nulla di fronte alle brusche frenate. 
Il Real Madrid era già la più forte di tutte, ha preso Mbappé e Endrick, cosa vuoi di più? In realtà il francese si sposta ora in mezzo, ora a destra per fare spazio a Vinicius e Bellingham e i meccanismi sono imperfetti, per non parlare della difesa: perso Nacho e con fuori Carvajal, è peggio di quella del Milan…
Eppure, la difesa rossonera ridisegnata da Fonseca a 5 proprio a Madrid con Musah al fianco di Emerson Royal per raddoppiare su Vinicius e Tomori vicino a Theo per complicare la vita a Mbappé, in mezzo Thiaw, è stata una delle chiavi di una notte magica per il Milan. Dopo l’iniziale spaesamento, Rjinders ha preso in mano la bacchetta della regia, Fofana si è diviso in più parti come Morata, Pulisic ha fatto il suo con la solita qualità e densità. E Leao…Leao ha fatto il Leao, continuo, determinato, decisivo 60′ su 60′. Vuoi vedere che la gestione è quella giusta.
Non lo so, io non lo so. Difficile giudicare Fonseca tra gli orrori con Torino, Parma, Lazio, Liverpool, Monza e gli splendori con Inter e Real. Forse è un po’ presto, forse il curriculum non ha tutto quel peso come dicevamo in apertura, rispetto all’aria che tira in Europa. Il discorso è lungo e a casa di Filippo Galli dovrebbe essere il suo il parere più autorevole in questo senso. Dico solo che ci vorrebbe più equilibrio, che ci vorrebbero meno pregiudizi, che bisognerebbe essere più freddi nelle valutazioni.
Sto ascoltando “La leva calcistica del ’68” di De Gregori. Canta: “Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore: non è mica da questi particolari che si giudica un giocatore. Un giocatore lo vedi dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia”. Forse vale anche per gli allenatori: non si giudica per una partita o per un mese, ma per il coraggio, la fantasia e tutto il resto, che bisognerebbe conoscere avendo la pazienza di aspettare.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

3 risposte

  1. E dici bene grandissimo Luca, non si ha la pazienza di aspettare! Come si fa a mettere in discussione un allenatore come Carlo Ancelotti? È vero che ha perso con il nostro camaleontico Fonseca ma resta e resterà un trainer tra i più grandi della storia del calcio.
    Un caro saluto.
    Massimo 48

  2. Credo che la verità sia questa: non si deve giudicare su episodi.
    come diceva Jack Warden in Oltre il giardino: La vita è uno stato mentale

  3. Non c’è’ ne’ mai ci sarà una logica nel calcio…ci puo’ essere in partita,ce’ in ogni partita una logica di atteggiamento e di lettura delle due squadre,e,vale sempre mai fare proclami,parlare poco e niente porta anche bene,x vincere devi rendere inoffensivo avversario ,limitarlo al massimo.col Real il.milan e Maignan lo han fatto

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