GLI ERRORI ARBITRALI FANNO COMODO: IL REGOLAMENTO NON È PIÙ UNA COSA SERIA

L’ultimo in ordine di tempo è stato Antonio Conte. Dopo Inter-Napoli è salito anche lui sul treno delle litanie: regolamento poco chiaro, troppa discrezionalità degli arbitri, soprattutto poca affidabilità e comprensibilità del VAR e dell’uso che se ne fa. 

Niente di personale con Conte, tutt’altro, anche se dopo il rigore che decise a suo favore la partita di Empoli non fu così caustico. Vale lo stesso per Simone Inzaghi, Gasperini, Fonseca e tutti gli altri: regolamento, arbitri e VAR in discesa solo quando le cose non girano nel tuo verso. Al momento manca all’appello Motta, che però al Bologna non si sottrasse ai lamenti.

Il piagnisteo è tipico degli allenatori italiani, esiste da decenni a prescindere dal VAR: l’errore arbitrale è sempre un buon alibi quando ti danneggia, ben venga se ti favorisce. La questione è assai poco sportiva, ma molto, molto nostrana e ne siamo affezionati tutti, perché a turno ci fa comodo imprecare o rinfacciare. 

All’estero qualche rara polemica non manca, ma rispetto a quanto accade da noi stiamo parlando davvero di inezie. È una questione di mentalità e (sotto)cultura sportiva. 

Uscendo dai confini nazionali e analizzando seriamente la situazione attuale che riguarda il “regolamento del giuoco del calcio”, non possiamo negare di attraversare l’epoca più cervellotica e complessa che si ricordi: spinte, piedi pestati, gambe tese, tocchi con la mano o col braccio, fuorigioco di un mignolo, un’unghia, un pelo, un capello… sono diventati materia processuale al dettaglio. 

L’onestà dei calciatori non aiuta: al minimo sfioramento, all’accenno di un contrasto, crollano urlanti ingannando se stessi, i compagni, gli avversari, l’arbitro e il pubblico. Eppure nessuna moralizzazione (e casomai, ancora, nessuna punizione) viene presa per queste sceneggiate. 

Torniamo al regolamento. C’era una volta l’International Board (4 membri nominati dalla FIFA e altri 4 delle federazioni britanniche) che aveva potere supremo di fare e disfare. Non la si sente più nominare. 

La mia proposta operativa è semplice, unica, precisa: se ancora esiste l’International Board, ciclicamente (a partire da subito) dovrebbe indire riunioni collettive anche da remoto, invitando rappresentanti degli arbitri, delle società, dei dirigenti, degli allenatori e i capitani dei club. 

Attorno a questo tavolo reale o virtuale, a bocce ferme e non a caldo dopo una partita che ti ha aiutato o danneggiato, si dovrebbero prendere in esame tutte le proposte, discuterle e votarle. Aggiungo, anche se mi dicono che questo sporadicamente avviene, che sarebbe fondamentale inviare delegati sui campi di allenamento delle squadre professionistiche, all’inizio di ogni stagione, a spiegare il regolamento ad allenatori e giocatori. Sembrerà strano, ma molti di loro non lo conoscono a fondo e questo mi fa che aggiungere confusione, discussioni e polemiche. 

Non è il caso, visto che a mio avviso abbiamo raggiunto il non-ritorno e che se non si interviene, le cose sono destinate soltanto a peggiorare.

 BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

5 risposte

  1. Chapeau Luca! Bellissima la tua proposta di allestire stages di aggiornamento da indire presso le società calcistiche!
    Buona giornata e sempre
    FORZA MILAN!

    Massimo Baldoni

  2. Ottima disanima. Di fatto il calcio è diventato un po’ incomprensibile e, visto che ho iniziato dai duelli Rivera Mazzola, ed ho visto Gigi Riva in azione a San Siro e pure Pelé e quelli venuti dopo, un po’ bruttino. Tanti galoppo gol con tiri a giro e peu pü!!!

  3. Lo dico sinceramente, è dal 1955 che seguo il calcio, forse perchè sono diventato vecchietto, ma non mi ci ritrovo più nelle decisioni arbitrali, che comunque rispetto.

    Non che sia rincitrullito (un po’ sì), ma vistosissime spinte e trattenute l’80% delle volte non vengono fischiate (ricordo due rigori nella stessa partita a favore dell’Inter contro la Fiorentina per cintura dell’avversario nell’area di rigore, credo fine anni cinquanta). Ovvero, il regolamento è cambiato, in nome dello spettacolo, rendendo non solo caotico il gioco ma rendendo tali anche le decisioni arbitrali.

    Pensiamo alla regola del fuorigioco, ove l’uomo in fuorigioco va valutato se partecipa all’azione. Ma tutti partecipano all’azione, anche il pubblico (solo gli steward danno le spalle al campo).

    Poi, l’assurdità di certi rigori, anche avuti a favore della mia squadra (non il MIlan ma la Fiorentina) per tocco dell’avversario dopo che l’attaccante ha calciato, ma pur essendo sulla linea di fondo campo, si dà rigore. Per non parlare dei falli di mano. Provate a chiedere ad un saltatore in alto se salta con le mani distese lungo i fianchi.

    Il problema è riportare le regole in modalità semplice, mantenere uniformità di giudizio, dare almeno tre possibilità di intervento del capitano ( o allenatore) per analisi Var.

    Sarebbe utile anche intervistare l’arbitro dopo la partita per capire le sue decisioni in campo.

    Complimenti per l’articolo.

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