E alla fine arrivò la sosta, avranno pensato sospirando i tifosi rossoneri, me per primo, sempre più disorientati da un Milan capace di andare a sbancare niente poco di meno che il Real Madrid al Bernabeu con un sonoro 3 a 1, roba che era riuscita solo un’altra volta in Champions League (2009), prima di pareggiare malamente a Cagliari, subendo tre reti in maniera alquanto superficiale e perdendo l’ennesimo treno per una svolta che non arriva mai. Deluso e sconfortato sono andato a dare un’occhiata ai risultati degli altri campionati.
Quest’anno seguo con gran piacere l’Olympique Marsiglia di De Zerbi, che mi pare in leggero calo, e l’Hajduk Spalato di Ringhio Gattuso. Mi imbatto nella Serie B dove il Pisa di Super Pippo Inzaghi viaggia a vele spiegate in testa alla classifica. A fare le spese di questo rullo compressore è stata la Sampdoria di Sottil, che ha sostituito Andrea Pirlo a fine agosto. Un pesante 0 a 3 che ha lasciato la Samp al decimo posto e che fa rumoreggiare quest’altra piazza scontenta e imbufalita che anela di tornare là dove dovrebbe essere, in Serie A, a giocare quelle sfide che hanno fatto la storia del nostro campionato e soprattutto di quelle a cavallo tra gli anni 80 e 90. Che nostalgia quel calcio lì, che si viveva tutta d’un fiato su Tutto il Calcio Minuto per Minuto, novanta minuti dove saltavi da un campo all’altro al ritmo del boato degli spettatori che esultavano o imprecavano, e che in quell’urlo speravi in un gol proveniente da San Siro.
Altro che il calcio spezzatino di oggi.
Quel calcio amava poi la narrazione per i suoi protagonisti che davano vita a sfide epocali. E allora, come non ricordare le partite che vedevano contro i grandi club d’Italia, come ad esempio avveniva negli incontri tra le succitate Milan e Sampdoria, due squadre che a fine anni 80 e inizi anni 90 si sono affrontate in incroci importanti anche per la lotta scudetto. Quelli che hanno meno di quarant’anni forse non ricorderanno, ma era la sfida tra due grandi strateghi, il profeta di Fusignano Arrigo Sacchi e l’ironico e pungente uomo della Vojvodina Vujadin Boškov, ma soprattutto Milan – Samp era Marco van Basten, il Cigno di Utrecht, contro Pietro Vierchowod, lo Zar di Calcinate. Scontri vibranti, i loro, a parole e a fatti, tra due titani che non se le mandavano a dire e che se le davano pure, ma con grande rispetto sportivo.
Il primo incrocio tra i due risale alla stagione 1987/1988. Al Ferraris Sampdoria e Milan pareggiarono 1 a 1. Buona la prova dello Zar, meno quella dell’olandese, sostituito a inizio ripresa. Nella partita di ritorno van Basten era infortunato e non si rinnovò quindi il duello con Vierchowod.
Pochi gol nelle sfide di campionato della stagione successiva dove tra Milan e Sampdoria finì per due volte in parità. Il primo gol di van Basten ai sampdoriani arrivò però nella finale di Supercoppa Italiana ma senza l’asfissiante presenza dello suo rivale che era stato sostituito da Pradella al 56’, tra l’altro su rigore. Insomma, una marcatura che non può essere considerata in questa singolar tenzone…
Il 10 dicembre 1989 avviene l’assurdo, se mai esista nel calcio l’imponderabile: ad andare a segno non è l’olandese, bensì l’arcigno difensore che portò in vantaggio la Samp al minuto 65’, prima del pareggio di Ancelotti, cinque minuti dopo. Le prese Marco van Basten al ritorno da Pietro Vierchowod che non gli risparmiò colpi proibiti, ma anche l’olandese da par suo, con il suo fisico non si fece intimidire dalla foga del doriano. Alla fine la spuntò il Milan (1a 0 Massaro), van Basten rimase ancora a secco e Vierchowod fu ammonito.
La stagione successiva rappresentò per la Sampdoria il punto più alto del ciclo Mantovani, forse della sua storia. Dopo la vittoria della Coppa delle Coppe contro l’Anderlecht arrivò lo scudetto tanto atteso per gli uomini di Boškov. In quella stagione ci furono quattro incontri tra il Milan e la Samp. Nelle sfide di Supercoppa Europea l’olandese non fu impiegato contro la Doria, mentre Vierchowod giocò solo la gara di ritorno. In campionato lo Zar non scese in campoq nella sfida del 28 ottobre 1990, nel blitz firmato da Cerezo. La partita del Marassi rappresentò per i blucerchiati uno snodo cruciale per il titolo. Vialli e Mancini affondarono un Milan alla fine di un ciclo glorioso, quello di Sacchi, che in settimana aveva pareggiato a San Siro contro l’Olympique Marsiglia in Coppa dei Campioni. La sfida tra i due colossi fu vinta da Vierchowod, per il quale van Basten fu poco più che una sinecura, e che addirittura sfiorò la gloria personale. Implacabile, spietato, energico gli aggettivi che gli furono attribuiti dalla stampa il giorno dopo. Il Cigno di Utrecht restò ancora a secco, la dimostrazione che davvero l’olandese soffriva la fisicità e la presenza del difensore italiano.
Il 1992 fu per Milan e Sampdoria un anno particolare.
I rossoneri furono un autentica macchina da guerra nella stagione di Serie A, lasciando le briciole alle avversarie; la Sampdoria soffrì molto l’impegno di Coppa dei Campioni, culminato con la sfortunata finale di Wembley contro il Barcellona, che ebbe inevitabili ripercussioni sulla lotta scudetto, abbandonata già dopo poco tempo. Il 17 novembre 1991 il Diavolo sbancò Marassi con una prova di forza e grazie ad uno straripante Ruud Gullit, autore di una doppietta. Van Basten, ancora a secco e con le polveri bagnate, che giocò per grazia ricevuta a Genova, dopo l’indulto seguito alla strana espulsione della settimana prima contro la Roma, servì al connazionale due assist, riuscendo a districarsi dalla marcatura dello Zar che ciononostante disputò una buona gara. La resa dei conti per van Basten arrivò finalmente il 5 aprile. I rossoneri vinsero 5 a 1 contro la Sampdoria a San Siro e la Gazzetta intitolò “Inno del Milan al 12° Scudetto”.
Se la sfida di andata aveva dato la sensazione che il Milan avrebbe dominato il campionato, nel ritorno le sensazioni lasciarono spazio alla certezza con un risultato che difatti scucì lo scudetto dalla maglia dei blucerchiati. Van Basten non cadde nelle trappole dello Zar che comunque provò a rendere difficile la vita dell’olandese. Questa volta a disinnescare l’italo-ucraino ci pensarono i tiri dalla distanza di un Albertini letale. Proprio da una sassata del
deviato da Pagliuca sulla traversa, arrivò van Basten come un predatore affamato che scorge la preda oltre le sterpaglie per appoggiare di testa il pallone del 3 a 0. Primo gol del Cigno di Utrecht contro lo Zar, prima gioia dopo tante partite passate a soffrire la marcatura del sampdoriano. Ma è anche l’ultima sfida tra questi grandi calciatori: nella stagione successiva van Basten uscì malconcio contro l’Ancona, proprio nella sfida precedente alla Sampdoria. Nella gara di ritorno, vinta dai rossoneri per 4 a 0, Vierchowod c’era, van Basten invece provava il suo recupero per il rush finale di campionato e per la sfortunata finale di Monaco di Baviera.
La sfida tra i due ha segnato un’epoca indimenticabile del calcio italiano, dove non contavano solo i risultati e i soldoni ma anche gli uomini che davano qualcosa in più alla contesa sportiva. Van Basten contro Vierchowod è stato proprio questo, il duello tra due uomini che hanno dato tanto al calcio e che ne hanno fatto il bel romanzo che conosciamo. L’infortunio del Cigno di Utrecht ha interrotto una delle più belle rivalità calcistiche del nostro calcio e chissà quanti altri scontri ci siamo persi: Vierchowod ha infatti giocato fino alla veneranda età di quarantuno anni.
Sintomatico della stima e del rispetto che c’era tra due è quello che ha detto lo Zar in un’intervista rilasciata tempo fa al Giornale riferendosi ad un incontro extra calcistico con Van Basten :«L’ho visto a Montecarlo. Era in piscina con la bambina e mi ha chiesto: ‘Ma tu giochi ancora?’ Era triste, è stato imbarazzante. Lui si era ritirato a 29 anni, io ne avevo 40 ed ero ancora in pista. Marco è stato il numero uno: quando era in giornata diventava devastante, immarcabile. Anche per me, lo ammetto». (Fonte https://www.ilgiornale.it/news/sport/i-60-anni-dello-zar-vierchowod-lincubo-maradona-e-van-basten-1675218.html)
BIO: VINCENZO PASTORE
Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.
Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.
Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”
Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.