Il contesto, il vero padrone del calcio
Nel grande circo del football, si usa spesso elevare l’allenatore a demiurgo assoluto, come se da lui solo dipendesse la sorte della squadra. Ma il calcio, come la vita, è figlio del contesto, di quelle circostanze che plasmano successi e fallimenti. Non si può raccontare una vittoria, tantomeno giustificare una sconfitta, senza considerare il terreno sul quale si gioca.
Prendiamo Rúben Amorim. Lo Sporting, sotto la sua guida, era un’orchestra sinfonica, perfetta in ogni movimento, dominatrice in patria. Eppure, trasferitosi al Manchester United circa un mese fa, ha trovato un quadro ben diverso. Non più giovani promettenti e un sistema collaudato, ma una squadra sfilacciata, impaziente e preda della pressione mediatica inglese. Lo stesso ten Hag, che all’Ajax sembrava un Leonardo del pallone, capace di scolpire una semifinale di Champions con un calcio spettacolare, si è trovato a Old Trafford spaesato. E perché? Perché il suo United non ha gli strumenti per suonare quella musica: niente coesione, niente continuità. E così il guru diventa un uomo comune.
E poi c’è Carlo Ancelotti. Al Napoli, veniva ritenuto un gentiluomo sul viale del tramonto, un pensionato di lusso che non trovava più le giuste alchimie. Ma ecco che al Real Madrid, con una rosa piena di campioni già forgiati, il vecchio Carletto torna giovane. Vince due Champions League, non tanto perché cambi il suo modo di allenare, ma perché il contesto gli consente di esprimere il meglio del suo talento: gestione umana, lettura delle partite, equilibrio.
Il Milan ha vissuto una vicenda particolare, liquidando Stefano Pioli dopo uno scudetto che sapeva di miracolo e una semifinale di Champions che ha esaltato un gruppo limitato, ma compatto. Si è affidato a Paulo Fonseca, brillante ma sfortunato: una serie di infortuni, poi problemi interni con due stelle come Leão e Theo Hernandez. Risultato? Si arranca. Non perché Fonseca sia meno capace, ma perché il contesto lo ha tradito.
E veniamo al Napoli. Conte è arrivato a una piazza reduce da un’annata nefasta: tre allenatori e un decimo posto. Non eredita lo scudetto di Spalletti, ma i cocci lasciati da una gestione caotica. Anche se lotta per il vertice, il suo calcio non convince e le tre sconfitte in 15 giornate pesano. Eppure, è l’allenatore che ha cambiato? O è il Napoli, squadra ormai sfibrata dalle mille trasformazioni, che non riesce più a ritrovare il filo?
Infine, Thiago Motta. Dopo aver portato il Bologna in Champions League, si trova a Torino a ereditare la Juventus di Allegri. Ma nelle prime 15 gare, il suo bilancio non migliora quello del vituperato predecessore. Come mai? Non è Thiago meno preparato, ma il contesto Juve non è il Bologna: altre ambizioni, altre pressioni, una rosa da rifondare e non da esaltare.
Il contesto, questo sottovalutato
Il calcio è fatto di uomini e situazioni, e gli allenatori sono come chef stellati: possono essere bravissimi, ma cucinano con gli ingredienti che hanno a disposizione. Se gli si dà del caviale, nascerà un piatto raffinato; se il cesto è povero, il risultato sarà diverso, per quanto grande sia il talento.
Le contingenze, poi, possono spezzare anche le migliori intenzioni: un infortunio, un litigio nello spogliatoio, un calendario sfavorevole. Si pensi al Real Madrid e al Napoli: stesso Ancelotti, contesti opposti, destini capovolti. Il football non è mai soltanto tecnica o tattica. È chimica, è equilibrio, è un’arte influenzata dal caos. Ecco perché, prima di elevare o crocifiggere un allenatore, si guardi al quadro complessivo. Perché il contesto, più del genio, governa questo gioco meravigliosamente imprevedibile.
BIO: VINCENZO DI MASO
Traduttore e interprete con una spiccata passione per la narrazione sportiva. Arabista e anglista di formazione, si avvale della conoscenza delle lingue per cercare info per i suoi contributi.
Residente a Lisbona, sposato con Ana e papà di Leonardo. Torna frequentemente in Italia.
Collaborazioni con Rivista Contrasti, Persemprecalcio, Zona Cesarini e Rispetta lo Sport.
Appassionato lettore di Galeano, Soriano, Brera e Minà. Utilizzatore (o abusatore?) di brerismi.
Sostenitore di un calcio etico e pulito, sognando utopisticamente che un giorno i componenti di due tifoserie rivali possano bere una birra insieme nel post-partita.
2 risposte
Ci vorrei far la rima Vincenzo, bel pezzo! Nel calcio il contesto vale più del già scritto testo! Dove il testo sta per tutto quello che anche un ottimo trainer avrebbe ben scritto nelle sue precedenti esperienze ma che per un algoritmo del tutto randomico non riesce a travasare nel contesto della sua nuova location. Un caro abbraccio.
Massimo 48
Io direi che Il contesto influenza l’operato del tecnico e il suo modo di allenare.Non credo un contesto più importante.