Il calcio, come ogni percorso formativo, non si limita alla tecnica e al fisico: ha un motore profondo, spesso ignorato, che risiede nella motivazione dei giovani. Se negli anni Sessanta si poteva pensare che bastasse un allenatore a “insegnare” e un giocatore a “eseguire”, oggi sappiamo che il processo di apprendimento è ben più complesso e sfaccettato.
Perché i giovani calciatori si allenano?
Perché dedicano ore a correre, provare schemi, affinare il tocco o semplicemente calciare in porta? In passato, la risposta sarebbe stata lineare: “Perché l’allenatore insegna”. Si immaginava che bastasse impartire un comando o una lezione affinché il giocatore rispondesse come una macchina programmata. Se il calciatore non migliorava, era lui a essere “difettoso”.
Oggi sappiamo che questa visione è superata. Il cervello, il corpo e la psiche umana sono tutt’altro che meccanismi prevedibili. Allo stesso modo, il calcio moderno non è più un semplice processo di insegnamento e ripetizione. È un’esperienza complessa che richiede il coinvolgimento attivo dell’atleta, il giusto contesto motivazionale e un ambiente che stimoli la crescita.
Il ruolo dell’ambiente e della motivazione
Il giovane calciatore non si allena solo perché il mister insegna. Si allena perché è ispirato da un sogno, spinto da una passione, supportato da un contesto che valorizza il suo potenziale. L’allenatore non è più soltanto una figura che impartisce ordini, ma un facilitatore che crea un ambiente sicuro e stimolante.
Un percorso che va oltre il campo
Un giovane non cresce solo con la ripetizione di gesti tecnici. Serve una metodologia che tenga conto della complessità della mente e dell’essere umano. L’allenamento deve essere visto come un dialogo tra insegnamento, esperienza e percezione personale del giocatore. Non si tratta di “riempire” il giovane di nozioni e giudicarlo in base alla loro esecuzione, ma di accompagnarlo nella scoperta delle sue potenzialità e nel superare i suoi limiti. Se il campo rappresenta il luogo dove si eseguono gli allenamenti, affinano le abilità e si combattono le partite, il vero valore del calcio è dato dall’impatto che ha sulla crescita globale del giocatore. Soprattutto nei settori giovanili, il calcio diventa uno strumento potente di educazione, sviluppo umano e sociale, un viaggio che modella non solo l’atleta, ma la persona.
In conclusione
Come nel calcio, anche nella vita, il successo non deriva da un percorso lineare. È il risultato di un ambiente positivo, di un metodo strutturato e, soprattutto, di una motivazione che nasce dal cuore. Oggi, chi guida i giovani calciatori deve ricordare che l’apprendimento non è un processo meccanico, ma una relazione umana, fatta di ascolto, stimoli e reciproca fiducia aggiungerei anche che il campo è solo il punto di partenza, il laboratorio in cui si iniziano a forgiare capacità che accompagneranno i giocatori per tutta la vita. Il vero valore del calcio non si misura solo nei trofei, ma nelle persone che si formano lungo la strada.
Bio: Paolo Lontani, allenatore qualificato CONI/Figc e UEFA B.
Con un percorso che abbraccia quasi due decenni, ha costruito la sua carriera passo dopo passo, guidato dalla volontà di formare giovani talenti e crescere professionalmente in ogni aspetto del gioco.
La sua avventura in panchina inizia 18 anni fa nella squadra del suo paese, dove si è dedicato ai Piccoli Amici, la categoria base del calcio giovanile. Da lì, con metodo e impegno, Paolo ha scelto consapevolmente di lavorare in tutte le categorie giovanili, convinto che la comprensione delle diverse tappe formative fosse essenziale per diventare un allenatore completo.
Questa filosofia gli ha permesso di acquisire un bagaglio di esperienze unico: dall’allenare bambini che muovono i primi passi nel calcio, alla guida di squadre giovanili in fase di sviluppo, fino ad arrivare alla gestione delle Prime Squadre, affrontando così le sfide della competizione e della performance ad alti livelli.
Negli ultimi anni, Paolo ha portato le sue competenze e il suo entusiasmo nel calcio professionistico femminile, dove attualmente opera come allenatore. Il suo approccio, che unisce passione, competenza tecnica e attenzione alla crescita mentale e fisica delle atlete, lo rende un punto di riferimento nel panorama calcistico femminile.
La sua filosofia si basa sulla convinzione che il calcio sia prima di tutto un percorso di crescita, non solo per gli atleti ma anche per chi li guida. Paolo si distingue per il suo approccio metodico e discreto, sempre attento a mettere al centro il valore umano, oltre a quello tecnico, in ogni contesto in cui opera.
7 risposte
Una persona preparata che parla di argomenti importanti, con cui potersi confrontare . Complimenti Paolo
Discorso diverso per le Attività di Base (sino ai 12 anni circa) e per il Settore Giovanile (dai 13-14anni circa). Ad ogni modo, la differenza è nella Conoscenza. Introdurre in modo graduale e semplice lezioni/nozioni neuro/scientifico/fisiologiche di come avvengono certe dinamiche per poi performare al meglio. Tuttavia, se non si riesce col Calcio a giungere ai massimi livelli, quanto meno saremo a conoscenza di come perdurare nel tempo con uno Status di benessere apprezzabile nelle altre Direzioni della nostra Vita. Ecco l’importanza delle trasferibilità delle motor/ability/skills in life skills e dei correlati, trasversali virtuosi circuiti circadiani (alimentari, abitudinari, neurovegetativi, ecc…) strutturati magari illo tempore e magistralmente riadattati a nuovi stili di vita.
Un saluto a tutti.
Carmine.
👍⚽️🔥☀️⚽️💪💪💪
Carmine in attesa che l’autore, se vorrà, ti risponda, francamente non ho capito l’iniziale differenziazione tra fasce d’età. Probabile che non abbia le competenze necessarie. Grazie in ogni caso per il tuo intervento.
Buongiorno e buon 2025 Carmine, grazie innanzitutto per il commento se ha letto attentamente l’articolo va più in profondità e molto prima di arrivare al campo è una filosofia costruire un ambiente che ne favorisca l’apprendimento la metodologia che si applica deve essere flessibile e adattabile ovvio che ci vuole conoscenza altrimenti non puoi formare, la vecchia idea di ripetizione del gesto o tecnico o situazioni statiche non sono molto performa ti è nemmeno stimolanti se parliamo di bimbi penso che rilegge il passaggio perché i giovani calciatori si allenano ho anche immaginato i bimbi (quando li ho allenati) loro al campo vengono con gioia e entusiasmo e volte secondo le nostre conoscenze dovrebbero solo fermarsi ad osservarli facendoli giocare liberi e magari facendo domande per avere un feedback sulla programmazione tecnica cognitiva.
Buona giornata
Utilissimo il concetto che l’apprendimento non sia lineare, bisogna tenerlo ben chiaro quando si insegna, il maestro Velasco ha sempre espresso questo concetto e ha fatto l’esempio fallisco, fallisco, fallisco, imparo e quindi aggiungo uno scalino alla mia crescita o a quella dei allievi…….complimenti per il concetto e per la chiarezza
Condivido in pieno il concetto, molti oggi mescolano le carte su questo concetto di formazione nel senso :
Fallisco, Fallisco sia collegato alla ripetitività del gesto tecnico e non alla situazione.
Mi spiego meglio il fatto a cui si riferisce Velasco è che fallire una scelta inerente a un gesto tecnico verrà migliorata solo se al verificarsi di situazioni simili l’atleta reagirà in maniera totalmente differente o leggermente differente finché troverà la soluzione, il problema si pone nella proposta formativa.
La mi esperienza da persona sconosciuta che ha lavorato in situazioni al limite mi ha generato un pensiero ben preciso su il contesto di miglioramento del fallimento.
Grazie mille per il commento Luca.
grazie per la risposta, un saluto