SQUADRA IN “RITIRO”: CHI È D’ACCORDO?

 E’ piombato a Milanello durante le Feste, ha battuto Juventus e Inter portandosi a casa la Supercoppa italiana, ha reintrodotto il ritiro pre-partita: Sergio Coinceçao non ha scelto la sordina per avviare la sua rivoluzione al Milan. Al di là delle questione mentali, dei moduli e delle tattiche, incuriosisce il ritorno al ritiro pre-partita. 

Lasciamo perdere quelli estivi di 2 o 3 settimane al fresco delle montagne o delle colline, o addirittura quelli invernali che – fino a quando esisteva la sosta natalizia – portavano invece le squadre al caldo per un richiamo di preparazione atletica. E nemmeno quelli “punitivi” che nacquero negli anni Sessanta, dopo una partita o una serie di partite negative. In quel decennio Helenio Herrera all’Inter inventò il ritiro pre-partita: durava addirittura 4 giorni, perché iniziava il giovedì.

Nacque dunque in Italia, ma in molte nazioni straniere è una consuetudine che non ha mai attecchito. Anche da noi è ormai tramontata da tempo nell’usanza di molti allenatori. Coinceçao l’ha reintrodotta e naturalmente fa discutere. Lo scopo – almeno in queste prime settimane di lavoro con i rossoneri – è quello di approfondire la conoscenza tra tecnico e giocatori. Stando attenti ai dettagli fuori dal campo, persino con sfumature ossessive, per lui si dovrebbe acquisire una predisposizione ad esserlo anche durante la partita: niente ciabatte a pranzo, niente cellulari, entra per primo l’allenatore ed esce per ultimo, altre sfumature comportamentali che sanno in effetti un po’ di scolaresca, non fosse che vengono applicate a un gruppo di professionisti di massimo livello. 

Dal 3 gennaio al 9 febbraio, 37 giorni, tra Supercoppa, campionato, Champions e Coppa Italia, il Milan ha in calendario 11 partite comprese quelle già giocate: significano 22 giorni su 37 impegnati tra ritiri e gare. L’intasamento degli impegni non è colpa dell’allenatore portoghese, è un problema serissimo che prima o poi andrà affrontato tra Fifa, Uefa, Federazioni, Leghe, società, allenatori e capitani. Arriveremo ai Mondiali e agli Europei aperti a tutte le squadre e giocati nei luoghi più disparati, come già succede tra Champions, Europa League, Conference e naturalmente il folle Mondiale per club. Non è più tollerabile.

L’aspetto che ci interessa non è quello etico, però: chi gioca al Milan ha meriti e vantaggi, privilegi e soldi. Deve considerare e accettare anche sacrifici, specie in una situazione lontana dalle ambizioni dei tifosi e dalle aspettative societarie. Coinceçao non intende punire, naturalmente, ma – come si diceva una volta – cementare la conoscenza attraverso la convivenza. In ritiro ci si concentra, si sta lontani da tentazioni e distrazioni, oltretutto ci sono momenti per poter parlare. Si sta insieme. 

Un club come il Milan che partecipa a tutte le competizioni è sottoposto a uno stress decisamente superiore a squadre di seconda o addirittura terza fascia, ha bisogno di una rosa molto ampia con i giocatori meno utilizzati che necessitano un coinvolgimento, sia in campo che fuori evidentemente. Caratterialmente c’è chi accetta senza fastidio e chi invece è insofferente: normale, umano e fisiologico che sia così. Il lavoro del tecnico è anche motivazionale, è una ricerca di equilibrio nell’umore, nella condizione mentale degli atleti. Sempre tenendo presente le fasce professionistiche di eccellenza, le più alte quindi, pensiamo a quanto tempo trascorrono in ritiro tennisti e giocatori di basket, per esempio, i quali hanno calendari fitti come quelli del pallone, sebbene possano godere di soste più lunghe per le vacanze. 

Ognuno risponda alla domanda che abbiamo voluto porre nel titolo. Magari sfogliando anche l’infinita aneddotica che arricchisce questo aspetto del nostro sport più amato: fughe di ribellione o d’amore, scappatelle, festicciole notturne, le famose partite di carte del sabato notte dei campioni d’Italia del Cagliari cui partecipava anche l’allenatore Scopigno. Ce ne sono a bizzeffe. Oppure la prima, profonda rivoluzione di Arrigo Sacchi.

Lui abolì il ritiro estivo in montagna, preferendo restare a Milanello sin dal primo giorno. Teneva tutti i giocatori giorno e notte nel centro sportivo vicino Varese per una sola settimana, poi li lasciava rientrare a casa la sera dall’ottavo giorno. Abolì le amichevoli estive contro i dilettanti volendo subito sfidare Bayern, Arsenal, Real Madrid, PSV… Accorciò le trasferte per le coppe europee, quando si giocavano solo di mercoledì: prima di lui, si partiva il lunedì mattina e si tornava il giovedì pomeriggio. Sacchi inizialmente chiese di partire il martedì mattina e rientrare il giovedì mattina, poi arrivò a partire il martedì pomeriggio per rientrare il mercoledì notte dopo le partite. Ho assistito a scene da film in aeroporti tenuti aperti fino a notte fonda per far partire il charter rossonero. Sacchi temeva più l’euforia del dopo partita, l’evasione dopo lo stress, piuttosto delle possibili distrazioni che le precedevano.

Non ne avrebbe avuto bisogno, conoscendo personalmente a fondo quel suo gruppo fantastico: i giocatori di Sacchi si erano imposti da soli il venerdì sera come prima serata di mezzo ritiro, perché andavano a letto presto e generalmente non uscivano a cena. L’allenamento del sabato era infatti il più importante della settimana e quella regola non scritta se l’erano praticamente auto-imposta tutti. Erano altri tempi: erano tempi in cui se il Milan vinceva il mercoledì in Coppa ma pareggiava la domenica successiva in campionato, i calciatori non uscivano a cena la domenica perché erano arrabbiati. Un mezzo ritiro spontaneo. Ecco perché in linea di principio sono personalmente d’accordo con Coinceçao, simpatizzando per i calciatori che recepiscono questa forzatura. 

Si gioca (o si dovrebbe giocare) di squadra anche in una redazione o in un’azienda o in una fabbrica, luoghi dove però ciascuno è responsabile di sé stesso. In un gruppo di atleti professionisti il lavoro e i principi sono diversi: l’obiettivo è la vittoria, da conseguire insieme. Da costruire insieme.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

Una risposta

  1. È chiaro ed evidente Luca che i metodi dettati dal rivoluzionario Sacchi in quegli anni non trovano oggi, nella maggior parte dei club di fascia alta, alcun riscontro, purtuttavia il neo trainer lusitano parrebbe essere un “salmone” vincente e convincente a dispetto di un mondo completamente cambiato, basti solo pensare ad oggi dove tutti abbiamo un telefonino tra le mani rispetto ad un trentennio fa quando solo i più facoltosi potevano permettersi il lusso di girare con i primi e antidiluviani palmari!
    Lo smartphone distrae fin troppo la mente, la concentrazione e financo il fisico! Concordo con il nostro Sergio, ok per i ritiri pre partita fatti di sane chiacchierate per approfondire stima e conoscenze, partite a carte, a ping-pong, a calcio balilla per finire le giornate dopo un intenso lavoro sui campi con una meritata dormita!
    Una sola raccomandazione, non vieterei l’uso del cellulare, ma il possesso del suo caricatore, di sicuro verrebbero a diminuire le distrazioni…e per le urgenze familiari ci sarebbe sempre il vecchio telefono a muro là, in fondo al corridoio!
    Buon Milan a tutti!

    Massimo 48

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