IL CASO THEO HERNANDEZ

Irriconoscibile. Molle, svagato, stralunato direi: si fa saltare dagli avversari quando difende e non li salta quando attacca. Perde palloni velenosi pochi centimetri fuori dalla sua area e qualche volta anche all’interno, sbaglia gol fatti, si accende sempre più di rado.

Cos’è successo a Theo Hernandez? Dov’è finita la sua esplosività, il suo dinamismo, dov’è l’applicazione? Nell’ultima stagione aveva giocato qualche gara da centrale con eccellenti risultati per attenzione, letture, efficacia. Quando vuole, dunque, pensa. Da agosto ne abbiamo perse le tracce e in autunno persino il C.T. francese Deschamps ne ha sottolineato l’inconsistenza. La prestazione contro il Girona in Champions, condita da due errori enormi sottoporta, ha lasciato tutti esterrefatti. Eppure, proprio a Theo il Milan deve la punizione con cui ha riaperto il derby di Riad e il gol con cui ha avviato la rimonta di Como. I numeri continuano a non mancare, ma vengono estratti sempre più di rado.

I fatti che si sono succeduti in questi mesi non sono parziali spiegazioni, ma una somma che aiuta la ricerca della verità. Partiamo dal 2023 con la vedovanza di Paolo Maldini, che lo ha scoperto imberbe e se l’è portato a Milano determinando un feeling particolare, speciale, con lui. Quando il francese ha superato Paolo nella classifica dei gol realizzati con la maglia rossonera, lo scambio social tra i due lo ha testimoniato una volta di più. Il calcio però mastica e sputa i suoi protagonisti con l’intemperanza di un neonato, sono cose cui bisogna adeguarsi con rassegnazione, sono eventi da metabolizzare come quando una stella lascia la propria squadra spezzando il cuore dei tifosi. 

C’è poi la vicenda contorta del video in un locale milanese con l’aggressione a una donna, squallidamente liberato dai basilari concetti di privacy e gettato tra le fauci social e televisive, da personaggi discutibili. Un turbamento plausibile, senza denunce ma comunque al vaglio della Procura. Finirà in una bolla di sapone, ma ha aperto ferite morali e intellettuali. Si è parlato persino di droghe leggere innovative, per non farsi mancare nulla. E’ sempre il tempo di fare chiarezza, la comunicazione sarebbe un grande viatico per liberare un po’ di zavorra morale. Vi racconto di come fu gestito un episodio di questioni private più di 30 anni fa. 

Grande, grosso, rumoroso e con una chioma leonina, Ruud Gullit era una star mondiale conosciuta e riconoscibile ovunque: fui testimone diretto dell’assedio cui era sottoposto quotidianamente per strada, al ristorante, in un negozio, in aeroporto. Ovunque. Quell’asfissia cambiò profondamente il suo modo di essere iniziale, sempre gentile, sorridente, disponibile. Fuori dal campo divenne insofferente, malmostoso, schivo. Crebbero i dissidi con la moglie Yvonne, la quale – durante un ritiro estivo della squadra – veniva avvistata sempre più spesso in altra compagnia maschile, nei locali pubblici milanesi.

Una mattina d’agosto a Milanello presi in disparte il direttore generale Paolo Taveggia e il responsabile della comunicazione Guido Susini per informarli della cosa: “Prima o poi qualcuno fa lo scoop, il gossip è materia delicata per un calciatore come lui” che nel 1987 aveva vinto il Pallone d’oro. Tutti al Milan erano a conoscenza del naufragio del matrimonio di Ruud e c’erano in ballo anche le piccole figlie Charmayne e Felicity. Suggerii che fosse lui stesso a scoprire le carte in un’intervista. Paolo e Guido erano veloci di mente: presero in disparte Gullit (se non ricordo male con Sacchi presente), lo convinsero dell’utilità della cosa, chiamarono Germano Bovolenta della “Gazzetta dello sport” e un paio di giorni dopo fu pubblicata l’intervista in cui Ruud confessava della crisi familiare, oltre al disagio per come fosse cambiata la sua vita privata in stato di assedio costante.

Ho raccontato questo episodio perché l’ho trovato molto attinente tra sfera pubblica e privata di un asso del calcio, un confine esile e friabile. I giornalisti non sono (salvo qualche rara eccezione) confessori dei personaggi pubblici, ai quali hanno però licenza di chiedere le ragioni di un’inquietudine.

Naturalmente non penso e non credo che un’intervista risolverebbe i problemi di Theo Hernandez, leggo però prima da Fonseca e oggi da Coinceçao che il dialogo con il ragazzo è fitto e costante. C’è evidentemente qualcosa che lo sta soffocando, c’è qualcosa che lo sta annebbiando. Fino a quando non se ne libererà, temo che il suo rendimento non abbia margini di crescita e che al suo posto Jimenez dà una sensazione di energia assai più potente, nonostante i limiti attuali.

Oggi Theo, nervoso e irascibile, non solo è poco costruttivo, ma persino dannoso per alcune scelte di posizione, gestione della palla, marcature a distanza dagli avversari, letture inesistenti nelle situazioni di pericolo. Deve liberarsi di un peso, quale esso sia: fino a quando non afferrerà il toro per le corna, continuerà a subirne le infilzate con conseguenze gravi per il Milan e per sé stesso. E siccome per me resta con Leao il miglior giocatore rossonero, gli auguro di fare alla svelta.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

6 risposte

  1. Perfettamente d’accordo, giocatore da alcuni mesi impalpabile e anche causa di danni (in ambito calcio) alla squadra, ma assolutamente da recuperare, è un “plus” importante per il Milan e uno dei pochi che può fare la differenza. Sicuramente, come ho scritto in altre sedi, il giocatore che più di tutti ha sofferto e soffre ancora la partenza di Paolo Maldini.

  2. È anche fuori forma, come sempre è accaduto in gennaio. E pure questo va considerato, non fosse altro che un’aggravante: comunque c’è.
    P.S. Anche per me è il il miglior giocatore che abbiamo (con Leao, Maignan e Pulisic). Ma che sia fragile di testa lo si sa da sempre, dacché Paolo Maldini andò a cercarlo a Ibiza…

  3. Una delusione così come Morata. Peccato potevamo avere qualche punto in più ed avere qualche possibilità di 4° posto invece….

  4. Mi pare evidente che un giocatore come Theo non possa smettere di essere forte all’improvviso e che ci sia qualcosa che lo sta turbando. Non e’ tanto fisicamente quanto mentalmente che stia soffrendo. Disattenzioni, nervosismo, faccia poco serena in generale. Fonseca lo aveva messo in panchina ed e’ stato attaccato da tutti, additato come fosse un mostro, accusato di non aver capito come gestire lo spogliatoio. Da quello che stiamo continuando a vedere mi sa che tanto torto Fonseca non avesse e che per il bene del milan deve giocare chi puo’ portare qulcosa di positivo invece che di negativo. Non e’ una punizione per Theo, ma se non rende non si puo’ mettere a rischio la squadra per “buonismo” verso un giocatore. Bisogna aiutarlo, ma non forzare la mano mettendolo in campo se non e’ in grado di contribuire positivamente.

  5. Buonasera, dopo i 3 gol presi col Cagliari il problema è diventato macroscopico e col Girona imbarazzante.
    Sono contento di leggere che Luca ha denunciato il problema, ho notato tutto anch’io… Non fuori forma, le sue azioni non sono lucide, Maignan lo incoraggia quando sbaglia perché è in bambola.
    E lui era il migliore di tutti, dal lato suo subivamo 1-2 azioni a partita , non di più.
    E per due volte mi sembra, non ha cercato nemmeno di raggiungere il pallone che lentamente con traiettoria prevedibile andava fuori dal campo generando calcio d’angolo per il Girona.
    E ha paura a saltare di testa (come Tomori), si accentra sempre troppo nella linea difensiva, non marca proprio l’ala larga.
    Ma poi a ogni partita deve avere un taglio di capelli nuovo?
    È stato il giocatore più ammonito per futili motivi.
    A lui Maldini servirebbe infatti come il pane … se Paolo fosse rimasto tra 2/3 anni avremmo vinto la Champion, leader vero anche fuori dal campo. ( Grande come difese Leao da Spalletti nel corridoio del Maradona). Anche nel mercato (ha preso DeKa che Pioli faceva giocare a centrocampo). Senza Paolo e con Scaroni si può anche perdere la fede.

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