MILAN LEGENDS : DANIELE MASSARO

VAI MASSARO!

Andava veloce Daniele Massaro. La velocità lui ce l’aveva nel sangue e non poteva essere diversamente, visto che è nato a Monza, a due passi dall’autodromo. Ha corso anche con le macchine, quelle del rally. Sul campo si è guadagnato il soprannome di Beep Beep, proprio per la sua velocità che metteva in mostra sulla fascia dove spesso giocava. Al Milan ha dato tanto nelle diverse stagioni sotto la guida di Capello e di Sacchi. Lo chiamavano anche “Provvidenza” per via dei gol pesanti, zampate e colpi di testa decisivi per le sorti del Diavolo.

Uomo dai mille volti, Daniele, poliedrico, utilitario, che iniziò la sua carriera nel Monza per poi andare a giocare a Firenze dove si guadagnò la convocazione per il Mundial di Spagna, vinto senza entrare mai in campo. Giocava principalmente nella linea mediana, anche se nella sua carriera occuperà diverse posizioni del campo. Terzino, centrocampista, attaccante era utile in qualunque modo alla causa ed è forse per questo che arrivò al Milan nella stagione 1986/1987.

Si potrebbe partire, se me lo consentite, non solo per ragioni cronologiche, da un gol che non valse una coppa o un campionato, ma la vittoria in un fondamentale spareggio per la partecipazione alla Coppa UEFA della stagione 1987/1988. Era la versione acerba del Milan berlusconiano che fu guidato per gran parte del campionato dal Barone Liedholm, bocciato sul rush finale di una stagione quasi fallimentare dalla dirigenza, anche a seguito delle contestazioni dei tifosi. Vox Populi, vox Dei e così a traghettare il povero Diavolo verso i lidi meno prestigiosi dell’allora terza coppa europea ci pensò Fabio Capello. Interregno breve il suo, ma importante, che consentì al Milan di riaffacciarsi all’Europa dopo la notte da incubo di qualche anno prima contro il Waregem, che comportò anche la squalifica di San Siro. I rossoneri si aggiudicarono lo spareggio di Torino proprio grazie alla rete di testa di Daniele Massaro al 102’ che fece felice Fabio Capello.

Nella stagione dell’undicesimo scudetto segnò quattro gol in campionato, tra i quali quello nel pareggio di Ascoli, partita nella quale fu espulso Gullit per una sceneggiata rimasta negli annali. Il rasoterra di Massaro valse un punto che sarebbe risultato decisivo nell’economia del campionato.

L’anno successivo il giocatore brianzolo andò alla  Roma. Fu protagonista di una buona stagione in maglia giallorossa che convinse Arrigo Sacchi a fare dietrofront dopo che egli stesso ne aveva chiesto la cessione. È stato proprio l’allenatore di Fusignano a spiegare nel suo libro le ragioni: «Ero stato io a chiederne la cessione. Non si era comportato bene durante le amichevoli europee di inizio stagione: o si scaldava male o entrava senza le giuste motivazioni. E poi ne aveva sempre una, non so se perché fosse ipocondriaco o perché avesse bisogno di sentirsi al centro dell’attenzione. A Firenze lo chiamavano Lazzaro perché stava sempre male durante la settimana, resuscitava al sabato e giocava alla domenica. Una volta, prima di un’amichevole, si sdraiò sul lettino dei massaggi con una borsa del ghiaccio su un ginocchio, una seconda sull’altro e una terza su una caviglia. Passò Gullit prese una delle borse e gliela posò sulla testa: «È qui che bisogna raffreddare».

Il primo anno, alla vigilia di una partita importante, parte della squadra stava ascoltando lo psicologo del Milan che insegnava tecniche di concentrazione. Sentimmo degli spari. Era Massaro che si stava concentrando a modo suo: aveva messo un bersaglio nel bosco di Milanello e giocava al tiro a segno. Naturalmente lo tenni fuori dalla partita: «Tu hai già giocato abbastanza». Dopo un po’ di tempo, Daniele mi chiamò da Roma pregandomi di poter tornare: «Sarò il primo ad arrivare e l’ultimo a lasciare gli allenamenti. Non si dovrà mai più lamentare di me».

Siccome io sono uno che dà fiducia alle persone, l’ho riportato al Milan. Massaro mantenne la promessa. L’ho chiamato in Nazionale e gli ho fatto disputare la finale di un Campionato del Mondo, nel ’94”.»

E la fiducia se la guadagnò con le prestazioni e a suon di gol.

L’inizio della stagione 1989/1990 fu fulminante con quattro marcature nel giro di poco meno di un mese, tra le quali quella all’Helsinki, il suo primo gol in Coppa dei Campioni. Segnò nel 3 a 0 all’Inter, nel 4 a 0 del Flaminio alla Roma e nella vittoria della 32ma giornata contro la Sampdoria, partita che precedette il secondo atto della Fatal Verona, la fine del sogno del Grande Slam che Berlusconi sperava di raggiungere a fine stagione. Al Milan riuscì soltanto, si fa per dire, di bissare il successo in Coppa dei Campioni. All’inizio di ogni stagione Massaro non figurava mai tra i possibili titolari, ma riusciva sempre a ritagliarsi uno spazio importante, grazie alla sua duttilità. Nella stagione 1990/1991, che coincise con l’addio di Sacchi, segnò 8 reti e disputò 31 partite.

È forse con Capello che Daniele divenne Provvidenza, ose volete San Daniele.

I suoi gol furono spesso decisivi, come quello segnato in un derby di Pasqua all’Inter che giocò decisamente meglio, da leoni come scrisse la Gazzetta il giorno dopo, ma che dovette ancora inchinarsi alla supremazia rossonera. Il cross di Diego Fuser e il colpo di testa di San Daniele dissero che sul campo il Milan era imbattibile. A fine stagione ci fu l’apoteosi, il dodicesimo scudetto, naturale epilogo di una stagione nella quale anche Massaro era stato protagonista, spesso al fianco di Van Basten, capocannoniere della stagione. Nel 1992 arrivarono a Milano Eranio, Lentini, Savičević e soprattutto Jean Pierre Papin.

Tanta concorrenza non lo spaventò.

Fu suo il gol nella finale di Supercoppa Italiana contro il Parma che portò nella bacheca rossonera il secondo successo nella manifestazione. Massaro si ritagliò  il suo spazio, come sempre, e all’occorrenza in posizioni del campo diverse, come accadde nella partita contro il Goteborg, quella del famoso poker di Van Basten, dove fu impiegato come terzino al posto di Maldini. Un tuttofare, una sorta di coltellino svizzero che giocò ben 46 partite, tra cui la finale di Monaco di Baviera persa contro l’Olympique Marsiglia.

Ma fu il 1994 quello del coronamento di una carriera già straordinaria.

Primo gol di quella stagione sul neutro di Napoli al Genoa (partita che ho visto con il mio papà e di cui ricordo gli scontri del post partita) poi un crescendo con gol decisivi e pesanti, anzi pesantissimi visto l’anemico attacco rossonero, come quello alla Lazio e alla Sampdoria. Provvidenza colpì ancora un’Inter coraggiosa ma in disgrazia il 20 marzo, entrando al posto di Boban in giornata no. Il suo tiro deviato da Battistini regalò al Milan la doppia vittoria in campionato sui cugini e l’ultima affermazione prima del 1999 quando il Diavolo tornò alla vittoria grazie al colpo di testa di George Weah (ne avevamo parlato qualche mese fa). La partita che fece entrare di diritto Daniele Massaro nella storia del nostro glorioso club fu la finale di Atene contro il Barcellona di Johannes Cruijff. Le velleità e l’arroganza dell’allenatore olandese furono spazzate via da una prova di squadra straordinaria e dalle quattro reti rossonere. Massaro realizzò una doppietta, incontenibile sul primo gol in tap-in, chirurgico nel tiro che trafisse Zubizarreta. Doppietta ad Atene, così come sarà  tredici anni dopo per un’altra leggenda rossonera contro il Liverpool: Filippo Inzaghi. La vittoria contro il Barça riscattò la delusione di un anno prima contro il Marsiglia dove lo stesso Massaro ebbe delle buone occasioni per segnare, come ebbe a dire al termine della partita.

L’ultima stagione in rossonero vide Massaro giocare 31 partite con sole 5 reti. È curioso notare che l’ultima rete di Provvidenza fu realizzata in un’altra finale, a San Siro contro l’Arsenal nel ritorno della Supercoppa Europea, con un colpo di testa che mise al sicuro il risultato.

A fine stagione scelse l’avventura nella J-League con il Shimizu S-Pulse dove chiuse la carriera.

Si diceva del successo al Mundial spagnolo con la maglia azzurra. In Nazionale esordì il 14 aprile 1982 contro la Germania Est e prese parte alla spedizione spagnola dove ci furono delle incomprensioni con Bearzot. Dodici anni dopo Sacchi lo portò in America dove giocò il suo secondo mondiale, riuscendo a ritagliarsi come sempre il suo spazio da protagonista e segnando il gol al Messico nella terza giornata del girone eliminatorio. Fu titolare nella sfortunata finale di Pasadena contro il Brasile, la sua ultima partita, dove ebbe un’occasione e sbagliò uno dei penalty degli Azzurri durante la lotteria dei rigori.

Con il Milan Daniele Massaro ha giocato 306 partite con 71 reti all’attivo.

Ha vinto 4 scudetti (1987/1988;1991/1992;1992/1993;1993/1994), 3 Supercoppe Italiane (1992, 1993,1994), 2 Coppe dei Campioni/Champions League (1989/1990;1993/1994), 3 Supercoppe Europee (1989;1990; 1994), 2 Coppe Intercontinentali (1989,1990).

BIO: VINCENZO PASTORE

Pugliese di nascita, belgradese d’adozione, mi sento cittadino di un’Europa senza confini e senza trattati.

Ho due grandi passioni: il Milan, da quando ero bambino, e la scrittura, che ho scoperto da pochi anni.

Seguire lo sport in generale mi ha insegnato tante cose e ho sperimentato ciò che Nick Hornby riferisce in Febbre a 90°: ”Ho imparato alcune cose dal calcio. Buona parte delle mie conoscenze dei luoghi in Gran Bretagna e in Europa non deriva dalla scuola, ma dalle partite fuori casa o dalle pagine sportive[…]”

Insegno nella scuola primaria, nel tempo libero leggo e scrivo.

2 risposte

  1. Bellissima e completa panoramica su un grande campione che fuori da quel contesto Milan probabilmente nessuno avrebbe riconosciuto. Sinergia tea squadra e atleta spesso fanno la differenza x entrambi…il più Titolare tra i non Titolari è aggiungo, a suo onore, uno dei più odiati dai cari cugini….

  2. Gran bell’articolo Vincenzo!
    Ad averne di giocatori come il nostro “Provvidenza” Daniele!
    Estremamente duttile e dai gol pesantissimi!
    Un caro abbraccio e forza Milan!

    Massimo 48

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