“SOLO PER LA MAGLIA”: E IL MILAN L’HA CAMBIATA…

È suonato un po’ beffardo, in quello scenario surreale di San Siro prima deserto, poi ferocemente arrabbiato, che nella Curva vuota apparisse lo striscione “Solo per la maglia” e che poi il Milan si sia presentato – per la partita contro la Lazio – con una divisa lontana, avulsa dai suoi colori sociali. Dalla sua tradizione. 

Poco da ridere e da sorridere, in un momento così complicato, burrascoso. Certo affrontare un impegno così vitale pitturati allegoricamente, ha suscitato aspre critiche e ironie di variabile spessore.

Un completo tendente all’arancione, con una fascia verde sullo stomaco e spruzzate di giallo sui numeri, sui nomi, a bande sui calzettoni con il colletto e i bordi delle maniche gialloneri. Si sono scatenati i social, dove tutti sono improvvisamente assurti a stilisti, esperti di bandiere, pittori accostando quell’arlecchino al Portogallo, al Mali, allo Sri Lanka, alla Bolivia, la Guinea… 

Non è importante questo, come non è corretto soffermarsi sulle scelte del club rossonero (rossonero fino a prova contraria): tutti i grandi club europei stanno facendo da anni scelte stilistiche un po’ azzardate, comunque prendendo in mano pennello e tavolozza senza giocare sui colori sociali, ma cedendo all’estro, alla fantasia, a riferimenti svariati. Pensate che negli anni ’60 il Manchester City fece diventare la sua terza maglia rossonera, in onore proprio al Milan che aveva eliminato lo United dalla Coppa dei Campioni. Non è importante, ripeto. La cosa essenziale sarebbe la comunicazione, per far capire l’ispirazione di una variante psichedelica così sconcertante. Senza nessuna certezza che, spiegata, la scelta si farebbe accettare.

Non sono un esperto di marketing, non so onestamente quantificare quali volumi di vendite e quale appeal suscitino stravolgimenti così radicali rispetto ai colori tradizionali di una squadra di calcio. La mia semplice, banale equazione è che vendi le maglie originali se la squadra va bene, così come vendi quella del campione più amato. Non è difficile immaginare che queste scelte abbiano eccome un senso commerciale. Non si spiegherebbe altrimenti la virata fashion che ignora, cancella la storia: e però, le bandiere che vengono esposte nei chioschi e nelle bancarelle hanno i colori sociali. Bandiere nerazzurre per l’Inter e l’Atalanta, bianconere per la Juventus, azzurre per il Napoli, viola per la Fiorentina, bianche per il Real Madrid… Eccetera.

Lo stadio resta un catino pitturato con le tonalità della squadra che vi gioca: non esisterebbero altrimenti il muro giallo di Dortmund, la sciarpata (bianco)rossa da brividi a Liverpool e (bianco)verde di Glasgow per il Celtic. O quella cascata biblica gialloblù a Buenos Aires, per il Boca Junior.

A Milano c’è il detto “Ofelè fael to mesté”, panettiere (pasticciere) fai il tuo mestiere. Si dice a qualcuno che si improvvisa senza esperienza. Quindi, come milioni di tifosi di calcio, sono solo un appassionato e come tale legato al senso di appartenenza, alla storia, alla tradizione, ai colori sociali. Alla bandiera e, appunto, alla maglia. Non so niente di moda, di colori, di marketing, di commerciale. So tutto invece degli umori della gente appassionata di calcio e posso dire – senza timore di smentita – che vorrebbe la sua squadra vestita come la conosce. Come la ama.

BIO: Luca Serafini è nato a Milano il 12 agosto 1961. Cresciuto nella cronaca nera, si è dedicato per il resto della carriera al calcio grazie a Maurizio Mosca che lo portò prima a “Supergol” poi a SportMediaset dove ha lavorato per 26 anni come autore e inviato. E’ stato caporedattore a Tele+2 (oggi SkySport). Oggi è opinionista di MilanTv e collabora con Sportitalia e 7GoldSport. Ha pubblicato numerosi libri biografici e romanzi.

7 risposte

  1. Il marketing e la comunicazione sono ormai scienze esatte. Ma non possono prescindere da esami sociologici . Leggessero “intelligenza emotiva” questi dilettanti.

  2. Nulla da aggiungere: a ognuno i suoi (colori). Tutto il resto è business e nulla ci azzecca con la passione sportiva!

  3. Tra maglie irriconoscibili e regolamenti astrusi e utilizzo VAR ridicolo questo calcio fa disamorare chi come me del 1962l1 ha visto la prima partita del Milan nel 1966 ed è stato abbonato per oltre 30 anni e adesso parte da Perugia per vederlo. Intanto ho disdetto DAZN

  4. Condivido quanto scritto e aggiungo, per il lato commerciale, che sugli spalti non si è visto nessuno ( nemmeno i tifosi stranieri ) con quella ( orrenda) maglia…….. Un fiasco anche su questo punto!

    1. Buongiorno Danila e grazie per il commento. In realtà pare che la maglia abbia fatto record di vendite. Resta il fatto che vorremmo una spiegazione rispetto alle scelte per avere più strumenti per valutare/giudicare.

  5. Nell’incidentale “rossonero fino a prova contraria” c’è tutto il valore di questo pezzo ben scritto
    Grazie Luca Serafini

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