TRASFERIRE L’ALLENAMENTO ALLA PARTITA 2B/3

Coloro cui sfugge completamente l’idea che è possibile aver torto non possono imparare nulla, tranne la tecnica. (Gregory Bateson)

Mentre stavo terminando di assemblare le proposte pratiche relative alla terza parte dell’articolo sul transfer, tanto per far perdere definitivamente la pazienza al nostro beneamato blogger in tempo pasquale, mi sono imbattuta in due o tre pezzi che avrei voluto ignorare ma che mi hanno acciuffato e non mi hanno mollato fino a quest’ora, sabato santo 2025 ore 5. Quindi la colpa non è del tutto mia se aggiungo questa stringata riflessione oltre il già detto. Cose su cui soffermarsi e riflettere un po’ di più ma beatamente  in questi giorni di festa tra pizze uova asparagi e mentuccia.

Come la maggior parte degli allenatori avrà avuto modo di leggere in questi tempi apparentemente asfittici sia di idee che di risultati, il web sportivo in generale e calcistico in particolare è diventato un mare magnum di riassunti delle puntate precedenti. Come Biancaneve baciata del principe, si sono svegliati dal letargo alcuni allenatori modello Indiana Jones da ultima crociata che hanno iniziato a condividere riassunti di riassunti di articoli del 2020, (tanto chi se li ricorda più, c’è stata anche una pandemia di mezzo), riassunti fotocopie di articoli neuroscientifici colti al volo e già sintetizzati da testate scientifiche autorevoli, Bignami di Gardner, Morin, Vigotskij, Gunster, Le Boulch, Gibson e compagnia cantando come se avessero scoperto all’improvviso nell’arca perduta frammenti di verità scollegate tra loro da riproporre a colpi di parole ascoltate per caso ma riproposte a piena bocca  come affordances, caos, complessità, tanto rumore poco rumore, conoscenza incarnata, vincoli, plasticità neuronale e compagnia cantando, DL, CLA, LSGAS.

Ciascuno deduca da solo cosa può nascondersi dietro tutta questa premura demodè. Intanto con tutto questo passaparola scopiazzato si stanno contraddicendo i più esperti cultori del differential che già 30 anni fa tentavano di spiegarci che in realtà siamo in grado di imparare solo dalle differenze.

Solo se hai informazioni aggiuntive o nuove puoi imparare. Perché per imparare si ha bisogno di variazioni o di varietà: esegui un movimento una volta e poi esegui un movimento due volte: e’ la differenza tra quei due movimenti che fornira’ le informazioni da imparare dalle cose. (Già Bernstein sufficientemente abilmente fotocopiato e svaligiato). Solo se da allenatore o da giocatore sarai in grado di percepire queste differenze, valorizzarle e utilizzarle come rumore da aggiungere alla pratica senza esagerare grazie all’esperienza potrai percorrere successivi step sulla scala del miglioramento individuale liquefatto poi nel miglioramento di un reparto, di una squadra.

Si, certo, le informazioni sono importanti ma debbono essere rimasticate per arrivare alla consapevolezza. Per questo hanno parlato in tanti da Damasio fino a Gallese passando per Palmiero e Borsellino sorvolando infiniti altri per non lasciare indizi in tema di Embodied cognition. Ma quando si parla di Embodied cognition bisognerebbe sapere che NON SI PARLA DI UN CERVELLO CHE È NEL CORPO ma di un’interazione del sé in tutte le componenti, cervello, corpo, fegato, cristallino e coratella.

Di più, del sé con l’ambiente che in maniera indissolubile e consapevole insieme plasmano il modo in cui percepiamo, pensiamo il mondo, avvertiamo gli impercettibili spostamenti dell’anima e l’ambiente in cui siamo immersi. Complici sistema sensoriale e allenatore, uno SHADOW COACH che non giudica e adeguatamente interviene utilizzando non tanto il feedback quanto il feedforward rilevando criticità e potenzialità in tempo reale attraverso le informazioni da lui stesso percepite grazie ad uno zaino colmo di competenze ed esperienze ( volutamente non uso il termine cassetta degli attrezzi )non utilizzate come risposte ma come domande. “Utili come substrato del “processo creativo” attraverso il quale sostiene il giocatore o gli altri giocatori ad acquisire consapevolezza di sé e del percorso funzionale a raggiungere l’obiettivo desiderato.”( Marina Osnaghi).

Un allenatore come già spesso ribadito creatore di contesti utili per accompagnare nella comprensione di una visione d’insieme puntuale e oggettiva e nella ricerca di strategie adatte per affrontarla e gestirla. Quello che difficilmente si trova in giro, guarda caso, è il COME tutte queste belle filosofie si traducano in pratica, anche se alcuni modelli che personalmente caldeggio con passione sono stati pensati almeno una ventina di anni fa. Modelli non statici ma che pensano al giocatore e alla squadra come sistemi autorganizzati all’interno di sistemi autorganizzati. Come l’allenatore creatore di contesti potrà sostenere la sua squadra in un buon riconoscimento di PATTERN ORIENTATI AL PROCESSO utile nel calcio, come saprà modulare il rumore e stabilire livello ottimale di differenza nella pratica, le moltissime variazioni nel sistema che non sono inciampi ma cose da risolvere attraverso cui imparare.

“Anche il timing ha molte variazioni e utilizzando la tecnica senza variazioni con infinite ripetute di uno stesso elemento tecnico non prepariamo il nostro sistema a percepire le differenze. già, le differenze….ecco perché molto spesso hai bisogno di un coach specialmente nei primi anni della scuola calcio dove non si ha generalmente un occhio molto sensibile che sappia individuare le differenze e queste ti sono fatte notare dall’allenatore ma quando ti alleni in una realtà varia  allora tu puoi sentirlo da solo e questo è dimostrato da una ricerca più recente: quando hai abbastanza variazione allora non hai bisogno di elementi di feedback o feedforward esterni”(tradotto liberamente da W. Schöllhorn).

Lo scorso weekend oltre che in Lazio-Bodø, partita generativa di svariati pensieri,ho avuto la fortuna di imbattermi in un insieme di menti davvero felici che mi hanno fatto riflettere molto sul futuro in generale e sul futuro delle scuole calcio, questi fenomenali incubatori e sviluppatori di intelligenze non artificiali e di talento. In particolare sulla velocità di cambiamento nel tempo di ogni sistema, sia nel senso di piccoli calciatori che intanto crescono mentre noi siamo impegnati a misurare l’esatta distanza tra due cinesini, sia in termini di riconoscimento di quegli stessi pattern orientati ad un processo con vincoli spazio-temporali rigidi ma allo stesso tempo non rigidi, mutevoli in contesti di allenamento o di competizione.

Riflettevo sul termine SPECIFICITA’, suggestionata da un bell’ articolo di un allenatore del Torino e su quanto anche la specificità stessa in termini di direzionalità, avversari, tempo e spazio di gioco possa essere considerata in chiave di variabile a cui far fronte nelle varie fasi che si succedono e specialmente nel momento in sui si riconosce il pericolo, si valuta la distanza di un avversario che si avvicina troppo o di un compagno che troppo si allontana, si individuano movimenti interattivi. Per cogliere l’essenza di quel che serve per  
efficacemente riconoscere i pattern, leggere le fasi di un’azione, percepire adeguato timing di un passaggio, un tiro, un goal, sarà indispensabile creare contesti di allenamento efficaci tali da sostenere il transfer nella competizione. Gli scenari rappresentativi potrebbero anche non essere calcio-specifici ma coinvolgere forme varie sebbene sempre contenenti quei gate control indispensabili per gli sport di invasione.

Alla terza parte quindi e intanto BUONA PASQUA.

STAY TUNED

Bio: Simonetta Venturi

Insegnante di Scienze Motorie.

Tecnico condi-coordinativo in diverse scuole calcio e prime squadre del proprio territorio ( Marche )

Ha collaborato con il periodico AIAC L’Allenatore, con le riviste telematiche Alleniamo.com, ALLFOOTBALL.

Tematiche: Neuroscienze, Neurodidattica

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