PILLOLE DI METODOLOGIA-4- FARE FORMAZIONE: QUALE FORMAZIONE?

Come detto all’apertura del blog, i vari articoli, in particolare quelli sulla metodologia, non seguiranno un percorso lineare. Dopo aver aperto delle piccole finestre per poter discutere di metodo, apprendimento, esercitazioni situazionali, lungi dall’idea di aver esaurito le questioni, proviamo a parlare di Formazione rivolta alle figure adulte.

Tra le molteplici definizioni del termine Formazione che si trovano nella rete, quella che ritengo piu’ adatta al nostro contesto e’ la seguente : Produrre dei cambiamenti nei comportamenti (le definirei competenze relazionali), nelle conoscenze e nelle competenze di una persona al fine di migliorarne la performance sul posto di lavoro e contribuire cosi’ al raggiungimento dell’obiettivo dell’Organizzazione.

Fare Formazione significa accrescere il valore del CAPITALE UMANO.

EDGARDO ZANOLI

Ma come possiamo fare affinche’ in un’Organizzazione di lavoro, qual e’, ad esempio, un Settore Giovanile,  tutti lavorino andando nella stessa direzione, restando dentro a quella che definiamo “una cornice di pensiero comune”?

Precisiamo subito, a scanso di equivoci, che: Stare in una cornice di pensiero, non significa uniformare il pensiero!

Ad esempio potremmo provare a sviluppare tutte le aree societarie in maniera partecipata e con comune denominatore il gioco (non il gioco in generale, ma il nostro modo di intendere il gioco).

Il gioco (sottende la formazione del giocatore) è l’obiettivo comune che lega il gruppo.

Non possiamo pensare di imporre le nostre idee, di forzare l’allenatore ad agire, in campo e fuori dal campo, nel modo da noi voluto .

Quando utilizzo il termine allenatore intendo tutte le figure professionali , coinvolte nel processo di formazione di ragazzi o ragazze.

Dal nostro punto di vista, anche le famiglie dei nostri atleti o atlete, tutti coloro che a diverso titolo si occupano di comunicazione, gli agenti ecc…, dovrebbero essere a conoscenza della cornice di pensiero entro cui la società’ svolge la propria attività’.

Uno strumento , che puo’ aiutare a raggiungere il nostro obiettivo, certamente non a breve termine, ma che puo’ portare risultati concreti e duraturi nel tempo, e’ appunto quello della Formazione.

Quando parlo di Formazione, ma piu’ in generale di tutti i temi che abbiamo affrontato e affronteremo in questa sezione del blog, dovrei citare ogni volta i miei compagni di viaggio, Caterina Gozzoli , Edgardo Zanoli, Domenico Gualtieri e, ricordare i primi passi mossi con, tra gli altri, Fulvio Fiorin, Stefano Baldini, Aldo Dolcetti, Chiara d’Angelo, Silvia Pasolini, Marta Corbetta e Antonello Bolis.

DOMENICO GUALTIERI

 Di fatto sono appunti, memorie, spunti presi dalle loro lezioni e dal nostro lavoro in comune.

Lo faccio solo ora per non risultare ridondante assumendomene, mi rivolgo a loro, tutta la responsabilità’.

Dicevamo : Fare Formazione.

Quando facciamo Formazione dobbiamo avere ben chiaro che : “Non esiste formazione valida senza partecipazione e adesione interiore al progetto che la riguarda”. (tratto da enc. Treccani),

 e che…

“Puoi portare un cammello alla fonte non puoi obbligarlo a bere”.  (Proverbio Arabo)

E allora quali devono essere le modalità’ per fare Formazione?

La Formazione puo’ essere, direttiva, unidirezionale: Il docente/formatore, colui che, diciamo, detiene il sapere, si rivolge ai discenti, nel nostro caso gli allenatori, parlando senza soluzione di continuità. In altre parole, impartisce una serie di istruzioni, di fatto, potrebbe consegnarti un libretto, di istruzioni, appunto (!), e dirti : “vai e segui le indicazioni!”.

Cio’ che ne consegue e’ che l’allenatore esegue il compito senza alcuna comprensione e, probabilmente, appena possibile, non appena potra’ evitare il controllo (altro bel tema!), tornera’ al conosciuto, all’abituale : “Faccio cosi’ perche’ si e’ sempre fatto cosi'”.

STEFANO BALDINI

Un altro tipo di formazione e’ quella tipica dell’insegnamento, di un certo tipo di insegnamento sia chiaro, in cui il docente apre ad un minimo di interazione con i discenti ma, in sostanza, questi ultimi sono soggetti passivi e la formazione avviene unicamente in base alla loro capacita’ di far proprie le nozioni ascoltate (il vaso che si riempie ).

La Formazione a cui ci riferiamo e’ una Formazione differente che definiamo dialogica, partecipata, in cui anche gli allenatori sono protagonisti, co-costruiscono l’ambiente di apprendimento attraverso una continua interazione. Ne avrete certamente gia’ sentito parlare ma mi permetto di dire che, spesso, il dichiarato non corrisponde all’agito!

Nella Formazione dialogica c’e’ un continuo confronto che puo’ sfociare anche nel conflitto tra formatore e formandi (coloro che si devono formare).

Il problema non e’ il confliggere ma e’ la gestione successiva al conflitto a fare la differenza. Di questo parleremo in un altro articolo.

E’ chiaro che per chi opera nel settore dilettantistico e quindi verosimilmente allena dopo il consueto orario di lavoro ha poco tempo per formarsi e formare, ha poco tempo per il confronto con i colleghi e con i vari componenti dello staff.

L’esperienza vissuta durante il lockdown, per quanto sia stata devastante per tutti, ci ha portato ad approfondire la conoscenza delle videocall, uno strumento che puo’ aiutarci nel nostro intento. Certo non e’ come fare Formazione in presenza ma puo’ risultare molto utile.

E’ pertanto una questione di programmazione, di organizzazione, di volontà, avente come obiettivo l’ottimizzazione del tempo e la qualità del servizio che andremo poi ad offrire ai nostri giovani calciatori o calciatrici.

Non dimenticate pero’ il gioco, il vostro modo di intendere il gioco, come elemento comune!

14 risposte

  1. Parlo per mia esperienza personale . Non avendo la possibilità di seguire alcuni formatori, anche perché nella mia regione non si verificano eventi importanti, ho strutturato la mia formazione attraverso la lettura di libri che non solo parlavano di metodo e degli allenatori a cui mi ispiro, ma anche di come sono arrivati a ciò . Ho usato i canali Tv dei club esteri e non solo, per vedere gli allenamenti, le loro sedute di confronto , il loro progetto di come formano i giovani calciatori ed anche sopratutto i loro allenatori. Ma anche scrivendo sui social ed avere confronti con chi (sempre se ti rispondono) si trova a certi livelli . Purtroppo in alcune regioni non si organizzano certi eventi e quindi formarsi diventa una strada da percorrere attraverso la propria passione . altrimenti , come molti hanno l’abitudine a fare , ci resta nella propria isola dimenticando di esplorare le altre .

    1. Ciao Filippo
      Provo a sintetizzare le difficoltà che provo nel far stare gli Istruttori/allenatori nella cornice, che come Responsabile tecnico ho concordato con la società. Difficoltà che sono dettate da un retaggio al quale sono ancorati molti nostri tesserati. Ho provato con il confronto ma porta, sempre ad uno scontro non costruttivo, in fondo non si tratta di imporre niente di più che il metodo di allenamento che fovrebbe essere induttivo e basato sul situationale, ma non ti nego che sono prossimo a gettare la spugna.
      Scusa lo sfogo.
      Leandro

      1. Mi spiace Alessandro e mi auguro troverai le motivazioni per non mollare. Hai provato a coinvolgere le persone che rappresentano la societa’ oppure a spiegare ai genitori il perche’ di un approccio metodologico differente? Forza!

  2. Buongiorno Sig. Galli,

    Vengo da un contesto sportivo completamente slegato al calcio, pratico ed insegno arti Marziali, e concordo con lei che la grande differenza nel lavoro di insegnante stabproprio nella formazione e nel metodo didattico proposto. La Federazione (Fijlkam) e la nostra scuola di appartenenza (Tribe Jiu Jitsu) spendono molto tempo ed energie per formare istruttori ed insegnanti in un’ottica di crescita complessiva e qualitativa del movimento “sport” e del “team building”.
    Sono molto grato a Lei e al Sig. Rui per i vostri interventi e spero di leggerli anche in altri ambiti sportivi. Cordialmente

    1. Grazie Simone del suo commento, ci fa piacere sollecitare l’intervento di chi si cimenta in altri sport.Il confronto con le altre discipline deve essere da stimolo per una crescita comune. Spesso vi sono similitudini metodologiche inesplorate. A presto

  3. Parliamo di formazione degli allenatori. Anche qui è fondamentale fissare i paletti del livello al quale ci si riferisce.

    Per mia comodità distinguo tra amatore, dilettante e professionista. Ma, qualunque sia il livello, per chi voglia intraprendere per lavoro o passione questa attività, credo debba esserci un momento teorico anche individuale da attuare con delle buoni testi; poi il momento formativo di livello superiore e pratico con eventualmente un corso o analizzando, con qualunque mezzo, il comportamento degli allenatori specialisti del settore giovanile.

    In tal senso, mi complimento con Vincenzo D’Aniello (cognome salernitano?); credo manchino strutture adeguate a livello regionale. La Federazione dovrebbe organizzarsi in tal senso su base regionale o, utilizzando i nuovi strumenti di comunicazione, sulla diffusione di massa di queste problematiche e lezioni.

    Come detto da diversi interventi in altri Thread, quando parliamo di scuola calcio, in particolare quella amatoriale, forse più che un grande allenatore, serve uno psicologo che sappia comprendere tutti i ragazzi (i dotati e non dotati calcisticamente) e li faccia crescere, per quanto possibile nella tecnica, ma molto nell’esecuzione del compito da svolgere in campo in collaborazione con gli altrui compagni. Quindi, quasi d’obbligo, c’è il minutaggio per tutti, l’attenzione per tutti: non può essere diversamente.

    Quando mio figlio aveva nove anni, mia moglie lo accompagnò per una partita di calcio e aspettando che finissero la doccia, sentì l’allenatore della squadra avversaria che apostrofava in modo maleducato e cattivo i suoi mini calciatori. Nonostante io fossi un dirigente ed un socio della società dove militava mio figlio, mia moglie impose ed ottenne che il ragazzo passasse dal calcio al tennis.

    Voglio solo ancora una volta ribadire che le regole del calcio amatoriale e, quindi, delle scuole calcio per tutti, sono alquanto diverse da quelle del calcio di èlite (ovviamente giovanile), sia se fatto da società dilettantistiche, sia fatte da professionistiche, o quelle scuole calcio dove c’è pre-selezione dei ragazzi.

    Mi piace la piega che sta prendendo questo argomento in questo blog. Anche se mi sento molto imbarazzato, per l’alto livello di tanti interventi, rispetto ai quali, calcisticamente io non ho sul piano tecnico, una formazione strutturata.

    Ma nel finire della mia attività lavorativa ho fatto il formatore (campo bancario), sia scolastico (a contratto all’università) e sia di approfondimento per i bancari (per lo più gestori fidi). Quindi, ho imparato a gestire un’aula e a comunicare sia con i non esperti che con gente espertissima.

    Ciò detto Filippo ho apprezzato molto questo tuo intervento.

    1. Ciao Giuseppe, mi permetto solo di dirti che anche nelle scuole amatoriali abbiamo bisogno di allenatori. Allenatori preparati anche dal punto di vista pedagogico. Se una societa’ puo’ permettersi di avere uno psicologo-pedagogista che supporti gli allenatori nel loro compito ben venga.
      Non devi sentirti imbarazzato, tutt’altro! I tuoi interventi stimolano sempre la discussione. Grazie!

      1. Non posso che concordare con il tuo commento. MI sfuggiva il termine pedagogista, che era quello che volevo usare nel definire forse la caratteristica dell’allenatore delle società amatoriali.

        Ma ho anche detto che tutti gli allenatori devono essere tecnicamente preparati nei vari aspetti: tecnica individuale, coordinamento nella squadra, parte atletica e mentale.
        Ai miei tempi non era possibile, per carenza di strumenti (non c’era internet), ma oggi è più facile e bisogna costruirsi una buona base teorica.

        Vedi, per farti un esempio del mio settore di attività passata, prima – in un ambiente di mercato oligopolistico -le banche non sollecitavano nè i depositi e nè gli impieghi. Quelli arrivavano da soli e si dettavano le condizioni ai clienti che le dovevano subire (il famoso ex cartello interbancario). Dopo la liberalizzazione degli sportelli (grosso modo 1990) le banche hanno dovuto iniziato a fare marketing specifico per la raccolta e gli impieghi. Per il calcio sta avvenendo la stessa cosa, prima dello sviluppo economico il calcio era sostanzialmente il solo sport praticabile gratis.

        Ora, le famiglie possono permettersi di mandare i figli oltre che a una scuola calcio, anche a tantissime scuole di altri sport.

        Quindi, concludo dicendo che oggi, come detto da te e dagli altri interventi, la qualità della scuola calcio e degli allenatori deve essere molto più professionale di prima, anche nelle scuole calcio amatoriali. Cosa che richiede, ovviamente, grande organizzazione interna alla società e più attenzione della Federazione alla “cultura del calcio” e meno alla “burocrazia del calcio”.

  4. Buon Giorno , articolo molto interessante e formativo , io penso che la soluzione sia nel formatore, e un ruolo che necessita di importanti qualità ed abilità personali , intelligenza emotiva e sociale ma soprattutto empatia!! Io sceglierei un formatore per queste ragioni oltre ad avere delle competenze della materia ovviamente
    L’approccio dovrebbe essere sistemico dove tutti sono parte del sistema Settore Giovanile contribuendo e portando valore al tutto! come i giocatori non sono tutti uguali nemmeno gli allenatori lo sono quindi la formazione dovrebbe essere quasi personalizzata dove il formatore interagisce non impartisce
    Alla base di tutto ci dovrebbe essere una forte e chiara visone delle società PRO o dilettantistica che sia che traccia le linee guida metodologiche e definisca bene i ruoli di chi fa cosa e come lo deve fare ma soprattutto che le faccia rispettare, troppo spesso si assiste a responsabili che fanno gli allenatori e viceversa creando solo confusione ! Riguardo ai conflitti bisogna accettare che fanno parte di qualsiasi relazione sociale e sono d’accordo che come vengono gestiti che fa la differenza, da formatore ho adottato un metodo di gestione dei conflitti cercando di dire anche e soprattutto le piccole cose per evitare di dover poi intervenire quando poi è troppo tardi , se al tuo allenatore non dici mai nulla ma ti lamenti sempre con altri arriverà un giorno che sarà troppo tardi e il conflitto assumerà toni difficilmente gestibili che inevitabilmente porteranno alla rottura
    Chiudo dicendo che dove ci sono rapporti umani e sistemi complessi quali le società di calcio bisognerebbe accettare le diversità e le imperfezioni altrui ,essere fluidi abbassare il proprio ego ed aprirsi al nuovo sempre !!

    1. Buongiorno Domenio, il formatore che interagisce e non impartisce e’ cio’ che si definisce formazione dialogica, a cio’ si deve aggiungere una grande capacita’ relazionale, competenza molto importante.Sono d’accordo nel non lasciare latenti per troppo tempo le situazioni conflittuali per evitare “esplosioni” dannose e irrimediabili. Anche rispetto alle diversita’concordo purche’ vadano nella direzione tracciata dalle linee metodologiche cui lei accennava. Grazie per il contributo.A presto.

  5. Hello Mr Galli
    although this question is not related to the topic , I would like to ask :

    what is your favorite Milan jersey number ? As you had wear many numbers in your Milan career

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